"La mia Coppa Cobram (tra sudate e tasse)."
Ho deciso di rimettermi in forma. Ce la farò?
Non parlo di forma atletica, eh, quella ormai è una roba che neanche nei film di fantascienza. Ma almeno rimettermi in modalità “essere umano”, quello sì, quello è ancora alla mia portata.
E oggi, udite udite, ho fatto quello che avevo promesso l’altro ieri: sono tornato alle mie camminate salutari. Quelle che facevo quando il mio corpo ancora non ospitava l’inquilino abusivo che mi porto dietro.
La giornata era perfetta, niente sole che ti scioglie come un ghiacciolo, giusto un’aria di settembre che ti invita ad allacciare le scarpe e uscire.
Così, con lo spirito di Fantozzi alla “Coppa Cobram”, ho indossato i pantaloni della tuta (che sembravano usciti direttamente da un mercatino sovietico anni ’80) e sono uscito di casa. Giuro, mancava solo il megafono di Villaggio che urlava: “Tutti pronti alla partenzaaaa!”.
Due giri di isolato. Due, non venti. Ma che soddisfazione, ragazzi. Mi sentivo un maratoneta, un novello Abebe Bikila in versione casalinga, senza Olimpiadi ma con lo sguardo dei vicini che già si chiedevano: “Ma questo dove va così conciato?”.
Durante il percorso, mi sono imbattuto in una non-notizia sparata dal Corriere della Sera. In pratica, ci hanno ricordato che il 57% degli italiani paga l’Irpef, e il resto no. Che l’11,6 milioni di contribuenti mantengono il 76,87% dell’intera baracca, mentre gli altri 31 milioni partecipano con le briciole.
Tradotto: pochi fessi tengono in piedi la baracca, e i tanti furbi si fanno gli gnorri.
E lì mi è venuto spontaneo pensare: ma allora siamo proprio dei poveri cristi con la scritta “FESSI” tatuata in fronte. Perché mentre noi paghiamo fino all’ultimo centesimo, arriva il solito Salvini di turno, quello che un giorno sì e l’altro pure promette condoni, e noi che paghiamo regolarmente… indovinate un po’? Ce lo prendiamo sempre nello stesso posto.
E allora la mia riflessione finale è questa: forse in Italia abbiamo accettato con troppa rassegnazione che esista un’Italia dei furbi e un’Italia dei fessi. I primi vincono sempre, i secondi pagano sempre. Ma non è una legge divina, non è scritto da nessuna parte. È solo la conseguenza di una politica che ha smesso di premiare l’onestà e che invece coccola chi evade, chi trucca le carte, chi campa di slogan.
Ecco perché, alla fine, il mio piccolo giro dell’isolato non è stato solo ginnastica. È stata anche una presa di coscienza: se vogliamo un Paese che cammini, dobbiamo smettere di correre solo noi, i soliti fessi. Devono cominciare a camminare anche i furbi. E devono farlo pagando quello che devono.
Perché alla fine, la vera Coppa Cobram non è quella dei muscoli… è quella della giustizia sociale.