“Quando il carnefice ti diventa quasi simpatico”
Questa mattina, armato di coraggio, fede e una buona dose di autolesionismo psicologico, ho deciso di chiamare il mio carnefice.
Sì, proprio lui: quello che già una volta mi ha “aperto come una cozza” per tirare fuori un pezzettino di me da mandare in giro per laboratori. E adesso, indovinate? Vuole rifarlo. Evidentemente gli è piaciuto.
Prima di comporre il numero ho fatto il classico esercizio di respirazione alla “yoga del poveraccio”: inspira… espira… inspira… espira… poi, giusto per sicurezza, un fugace segno della croce (che non guasta mai, anzi, in certi casi diventa parte integrante della terapia).
Click sul tasto verde. Uno, due, tre squilli.
Ed ecco, la voce dall’altra parte:
“Buongiorno Pugliese, dimmi pure.”
😳
Per un attimo ho pensato di aver sbagliato numero e di aver chiamato un amico. Ma no, era lui. Proprio il dottore. Educato, perfino gentile. Oddio, sarà guarito anche lui da qualcosa? O forse sto sviluppando la sindrome di Stoccolma: alla fine il boia diventa quasi simpatico.
“Buongiorno dottore, la chiamo perché ho terminato i cicli di terapia e…”
“Si Pugliese, ci vediamo sabato mattina. Non questo, ma il prossimo.”
“Perfetto dottore, grazie. A presto.”
Click. Fine della comunicazione.
E io resto lì, con il cellulare in mano e un pensiero in testa: ma non è che questa notte ha dormito bene, ha fatto colazione con le fette biscottate integrali e adesso gli gira tutto per il verso giusto? 🤔
Vabbè. Appuntamento preso. Aspettiamo il prossimo episodio della saga “Giovanni vs bisturi – la vendetta”. Nel frattempo, io mi dedico a sistemare le mille carte sparse ovunque: referti, ricette, prescrizioni, cartellini, fotocopie… insomma, la sceneggiatura completa della mia personale telenovela sanitaria. Tutto bello in ordine, pronto per la cartellina ufficiale “da sottoporre agli specialisti”. Altro che archivio storico del Comune: io sì che ho un patrimonio documentale!
Ma mentre metto in ordine penso anche a Statte.
Penso al lavoro dell'associazione Statte Ecoattiva, a quelle persone che – anche col sole a picco, col caldo africano e con gli ostacoli messi lì apposta da qualcuno – non mollano. Uomini e donne che non aspettano promesse politiche ma agiscono, piantano, puliscono, si rimboccano le maniche e portano un beneficio concreto al nostro paese.
Ecco, il vero senso sta qui. In quelle mani che curano, in quei gesti semplici che cambiano davvero le cose.
Perché, che sia una chemio o un’aiuola ripulita, la differenza la fa la caparbietà di chi non si arrende.
Alla fine, la vera medicina è questa: continuare a crederci, insieme. 🌱💪
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