domenica 28 settembre 2025

Diario di bordo n°43 – Settembre 2025

Diario di bordo n°43 – Settembre 2025
"In attesa di uno squillo (no, non quello amoroso)"

Sono sempre in attesa. Non dell’amore, non di un colpo di fortuna, ma della famigerata chiamata in clinica. 
Quel trillo che ormai ha preso il posto del suono dell’ambulanza nei miei incubi. 
Una voce dall’altro capo mi dirà la data del pre-ricovero, un giro di giostra fatto di accertamenti clinici prima del grande bis: tornare in sala operatoria.

Nel frattempo, le giornate scorrono lente, tra attese e sospiri. Alcuni giorni, come quello di oggi, il nulla cosmico prende possesso di me. Non faccio niente. Zero. Nada. E questa cosa comincia a preoccuparmi. 
Preoccupa non solo me, a quanto pare. Pensate che oggi pomeriggio il mio contapassi sul cellulare mi ha inviato una notifica, quasi allarmata, chiedendomi: “Ehi, sei ancora vivo?”. Ormai siamo a questo: pure un algoritmo si preoccupa per la mia vitalità, e inizia a farmi da badante digitale.

Comunque, bando alle chiacchiere: da domani ho deciso di muovermi di più. Il fisico reclama un po’ di movimento, e non posso permettermi di arrugginire come una bici lasciata al vento in riva al mare. Il corpo, si sa, è una macchina strana: appena lo lasci in stand-by, protesta.

Intanto qui a Taranto l’estate ha salutato tutti e se n’è andata. Ha chiuso la porta piano piano e ci ha lasciato con la solita malinconia di settembre. Si riaprono gli armadi, tornano i vestiti meno estivi, e l’aria porta con sé quell’odore di cambiamento che è sempre un po’ dolce e un po’ amaro.

Dal mondo invece arrivano notizie che hanno ben poco di poetico. L’escalation di violenza non accenna a fermarsi. Sembra che i grandi leader mondiali si siano ubriacati di potere e violenza, e adesso ballano questa danza macabra che rischia di trascinare tutti con sé. Non parlano più di pace, non sanno più cosa significhi costruire. E l’umanità, già stanca e ferita, continua a subire.

E allora sì, mi sento preoccupato. Ma non voglio fermarmi a questo. Perché la verità, nuda e cruda, è che la storia la scriviamo anche noi, con la nostra determinazione, con la nostra volontà di dire “basta” a chi vive di conflitti e di odio. Non possiamo lasciare il mondo in mano ai bulli globali.

E così, mentre attendo quel benedetto squillo dal telefono, mi ripeto una cosa semplice: la vita, anche quando sembra sospesa, pretende di essere vissuta. E noi, nel nostro piccolo, abbiamo il dovere di difenderla.

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