“Tra trolley, schede elettorali e ansia sottovuoto: il pre-operatorio all’italiana”
Mancano pochissime ore, e mi sembra di preparare la valigia per un weekend romantico… solo che al posto delle candele profumate ci sono i blister dei medicinali, e invece di un vino rosso pregiato porto dietro il caricabatteria, perché in clinica senza telefono è come stare su un’isola deserta senza cibo e acqua.
Il trolley è quasi pronto, anche se ogni volta che lo guardo ho l’impressione che si stia preparando lui psicologicamente più di me.
I medicinali sono allineati come piccoli soldatini in parata, pronti a scandire il mio tempo meglio di un maestro d’orchestra ipocondriaco.
Gli auricolari, i cavetti, le buste… tutto messo con la sacralità di chi sa che un filo USB dimenticato può generare più panico di un plot twist di Hitchcock.
C’è anche lei: l’ansia. Che, ovviamente, ho riposto in valigia. Piegata male, che spunta sempre fuori, come quella maglietta che non vuoi portare ma che finisce dentro comunque.
Gli ultimi controlli in casa sembravano la checklist di un astronauta prima del lancio: bollette pagate? Ok. Carburante auto? Ok. Piante? Rassegnate a cavarsela da sole.
E alla fine mi ritrovo a guardare l’orologio: sono già le 14.
È il momento: devo andare a votare.
Perché sì, posso avere metà corpo in modalità manutenzione straordinaria, ma il mio spirito democratico è ancora perfettamente funzionante.
Ore 14:30: voto espresso.
Missione compiuta.
Con la solennità di chi sa che, anche con il ricovero alle porte, rinunciare al voto… mai.
Ora non resta che aspettare i risultati.
Non quelli elettorali, quelli me li godrò in un letto di clinica, freschissimo di intervento, ma i miei.
Quelli della vita reale, che contano davvero.
Incrociamo le dita, tutte, pure quelle dei piedi. E andiamo.
“La paura passa, il coraggio resta. E il voto, quello, è sempre la nostra firma sulla speranza.” 😉