"Domani... un altro giorno (ma poteva pure aspettare, eh!)"
Ed eccoci qui, cari amici e lettori di questo diario tragicomico in pillole (che però le pillole vere, mannaggia, son tutte per nausea e vomito), alla vigilia della seconda seduta.
Domani è il 31 luglio, e mentre la maggior parte delle persone si prepara per la partenza al mare, io mi preparo per la partenza... verso il lettino deluxe della chemio room, quella con vista flebo e sottofondo musicale "tic tic" delle gocce che scendono come la pazienza in un ufficio postale a fine mese.
Se mi chiedete come sto, vi rispondo come i vecchi saggi di paese:
> "Meglio che se stessi peggio, peggio di come stessi prima."
Eh sì, l’apprensione c’è. Non è che vado lì con il sorriso di chi ha prenotato un lettino a Porto Cesareo. Però ci vado. Con la testa alta, lo sguardo fiero e l’ombelico contratto dalla nausea.
La guerra è guerra. E io ho già indossato l’elmetto.
Nel frattempo, fuori dalla mia piccola grande battaglia personale, Taranto bolle più del termometro che in questi giorni segnava 41°. E non solo per il caldo.
C'è chi lotta per chiudere o ridimensionare l’ex ILVA, e c'è chi, da Roma, continua a offrire tumori con il 2x1, aria irrespirabile in omaggio e lividi politici sotto la maschera dell’industria strategica.
Come se non bastasse, sul lungomare ci vogliono ormeggiare anche una nave rigassificatrice, così per gradire.
Pare sia un omaggio a qualche amico d'oltreoceano, giusto per far capire che l’aria buona è sopravvalutata e che la sicurezza energetica può benissimo coincidere con un’esplosione in slow motion.
E mentre si gioca a Risiko sulla pelle dei tarantini, io aspetto il mio turno, con la cartella clinica sotto braccio, il deodorante fresco di giornata e il classico sacchetto per l’eventuale malessere, che non è fashion ma è sempre di tendenza.
E così domani si va. Seconda seduta. Seconda puntata. Secondo round.
Quasi quasi mi porto i popcorn, che tanto lo stomaco è già in subbuglio.
Domani mattina, puntuale come sempre, varcherò le porte della clinica per la mia seconda infusione di superpoteri sintetici.
Arriverò in anticipo, come al solito, con la maglietta buona e il deodorante steso come una benedizione sotto le ascelle. Farò le scale dove mi aspetta, sempre lei, la Madonnina al secondo piano, che pare ormai mi saluti con un cenno del capo tipo:
> “Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?”
Entrerò nel reparto con il sorriso sdrucito da soldato di ritorno e troverò l’infermiera, la stessa della prima volta, che da sola fa più turni di un call center e più mansioni di un robot giapponese, eppure trova pure il tempo per regalarti una parola buona.
Poi mi sdraierò sul lettino, guardando il soffitto come se fosse il cielo della Cappella Sistina, e sentirò scendere lentamente quella pozione magica che sa di zolfo, battaglie e rinascita.
E lì, proprio in quel momento, penserò che anche questa seconda tappa è iniziata, e che comunque vada, uscirò da quella stanza come un Fantozzi moderno, sudato, confuso, e con la testa che gira, pronto a dire:
> “E anche stavolta ce la siamo cavata. Ora però, se nessuno si offende, vado a svenire con dignità sul sedile della macchina... lato passeggero!”
Perché in questa vita, anche quando la sceneggiatura fa schifo, l'importante è restare protagonisti, ridere quando si può e lottare sempre.
E domani, statene certi, ci sarà un altro capitolo da scrivere, una nuova scena da vivere e, magari, un’altra battuta da inventare per alleggerire tutto questo.