domenica 14 luglio 2024

Le domeniche di una volta

Che tempi quelli degli anni '80! 
La domenica pomeriggio era un rito sacro per noi appassionati di calcio. Alle 15 in punto, come un'orchestra che si accorda, ci sintonizzavamo tutti sulla radio per seguire le radiocronache. Niente immagini, solo voci, ma che voci! Sandro Ciotti, Enrico Ameri, e Alfredo Provenzali, solo per citarne alcuni, erano i nostri narratori, le nostre guide in quei 90 minuti di pura passione.

La radio era il nostro finestrino aperto su ogni stadio d'Italia. Con le loro descrizioni vivide, ci facevano sentire come se fossimo lì, sugli spalti, a respirare l'odore dell'erba tagliata e il sudore dei giocatori. La magia stava tutta nell'immaginazione: il dribbling di Maradona, il tiro al volo di Platini, la parata spettacolare di Zenga. Eravamo lì, accanto a loro, con il cuore che batteva all'unisono con quello dei tifosi sugli spalti.

E poi, la sera, la Domenica Sportiva. Finalmente le immagini! Ma era un'attesa che contribuiva a rendere tutto più speciale. Un appuntamento irrinunciabile, in cui ci riunivamo con amici e familiari per vedere i gol, discutere le azioni, litigare bonariamente su un rigore non dato o un fuorigioco millimetrico. Era un momento di condivisione, di discussione accesa ma genuina.

Ora, il calcio è diventato un'altra cosa. Le partite spalmate su tutta la settimana, la pay-per-view, gli abbonamenti a Sky e DAZN. Certo, ora possiamo vedere tutto, e subito. Ogni singolo secondo, ogni singolo angolo di campo. Ma c'è un prezzo da pagare. Non parlo solo del costo economico, ma del prezzo della perdita della magia, dell'attesa, della condivisione. Oggi il calcio è più accessibile, ma forse anche più solitario. Guardiamo le partite da soli, sui nostri schermi, spesso in silenzio, senza quella comunità di amici e parenti che si creava attorno alla radio o al televisore.

È un po' come se avessimo perso la poesia del calcio. La bellezza dell'immaginare, dell'attendere, del vivere insieme un'emozione. Forse è solo nostalgia, ma c'è qualcosa di unico in quei pomeriggi d'infanzia, in quelle voci che ci portavano per mano attraverso i campi di Serie A. Qualcosa che, nonostante tutte le comodità moderne, rimpiangiamo un po'.

E poi ... avevamo anche la mitica schedina del Totocalcio.
Altro che nostalgia, qui si parla di un vero e proprio rituale settimanale. Negli anni '80, le schedine erano una parte fondamentale del weekend calcistico, un appuntamento fisso che coinvolgeva tutta la famiglia.

Immagina la scena: è sabato pomeriggio, magari verso sera. Si prende la schedina e si comincia a studiare le partite. Undici gare di Serie A, e le altre di Serie B, C o perfino D. Ogni riga rappresentava una partita, con tre possibilità di scelta: "1" per la vittoria della squadra di casa, "X" per il pareggio, e "2" per la vittoria della squadra ospite. Si studiavano le classifiche, le ultime prestazioni, le condizioni dei giocatori, magari con qualche superstizione o consiglio da parte del nonno, che di calcio ne sapeva a pacchi. 

Si discuteva, si litigava, si rideva. Ognuno aveva il suo metodo, la sua filosofia. Chi puntava sempre sull'intuito, chi invece faceva calcoli maniacali. E alla fine, con la penna in mano, si decideva: "Qui mettiamo un bel 2, questa è una X fissa, e questa… mmm… facciamo doppia chance 1X". E poi giù, a controllare e ricontrollare, per evitare errori. 

Domenica pomeriggio arrivava il momento clou. La radio accesa, i risultati che arrivavano in diretta, e la schedina stretta tra le mani. Ogni gol era un colpo al cuore: esultanza se confermava la previsione, disperazione se la mandava all'aria. E quando si avvicinava il novantesimo, la tensione cresceva. Bastava un gol all'ultimo secondo per trasformare una schedina da sogno in un ammasso di carta straccia.

E poi, ovviamente, c'era il mito della "colonna vincente", il famigerato "13". Fare 13 significava vincere una somma di denaro spesso incredibile. C'erano storie di gente che aveva cambiato vita grazie a un 13 azzeccato, e questo alimentava sogni e speranze. Anche se in realtà, spesso ci si doveva accontentare di premi minori, il sogno di fare il "13" era sempre lì, vivo.

Le schedine erano un collante sociale. I bar, le piazze, gli uffici: ovunque si parlava di quelle dannate colonne. Era un modo per sentirsi parte di qualcosa, per condividere una passione. Oggi, con le scommesse online e le app, tutto è più veloce, più freddo. Manca quel rituale, quella magia. Anche qui, la modernità ha portato comodità, ma ha sottratto un pezzo di quell'umanità, di quel calore che accompagnava ogni singola schedina compilata a mano.

#calcio #schedina #domenicasportiva #anni80

sabato 13 luglio 2024

Anni '70: Adolescenza, politica e Guccini

Gli anni '70 in Italia sono stati un periodo di grandi cambiamenti e tensioni politiche. Per molti adolescenti, specialmente quelli di sinistra, la musica di Francesco Guccini ha rappresentato una colonna sonora fondamentale. Questo articolo esplora il contesto storico di quegli anni, collegando gli eventi politici alle canzoni di Guccini, che hanno accompagnato una generazione di giovani in fermento.

▫️La Scena politica degli anni '70
Negli anni '70, l'Italia era caratterizzata da una forte instabilità politica e sociale. La fine degli anni '60 aveva lasciato un'eredità di contestazioni e cambiamenti culturali, che si erano trasformati in movimenti più radicali e talvolta violenti negli anni successivi. Questo decennio è stato segnato da una serie di eventi chiave che hanno avuto un profondo impatto sulla società italiana.

▫️ Eventi chiave

1. 1969: Strage di Piazza Fontana
   - Il 12 dicembre 1969, una bomba esplose alla Banca Nazionale dell'Agricoltura a Milano, uccidendo 17 persone e ferendone 88. Questo evento segnò l'inizio di quello che sarebbe stato conosciuto come gli Anni di Piombo.

2. 1970: Fondazione delle Brigate Rosse
   - Le Brigate Rosse, un'organizzazione terroristica di estrema sinistra, furono fondate nel 1970. Questo gruppo sarebbe diventato uno dei protagonisti principali della violenza politica degli anni '70.

3. 1974: Strage di Piazza della Loggia e dell'Italicus
   - Il 28 maggio 1974, una bomba esplose durante una manifestazione antifascista a Brescia, uccidendo 8 persone e ferendone 102. Il 4 agosto dello stesso anno, un'altra bomba esplose su un treno Italicus, causando 12 morti e 48 feriti.

4. 1978: Rapimento e assassinio di Aldo Moro
   - Il 16 marzo 1978, Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, fu rapito dalle Brigate Rosse. Dopo 55 giorni di prigionia, il suo corpo fu trovato il 9 maggio 1978. Questo evento segnò un punto di svolta nella storia italiana, evidenziando la gravità della situazione politica.

▫️ La Musica di Francesco Guccini
Francesco Guccini, nato nel 1940 a Modena, è diventato una delle voci più influenti della musica italiana. Le sue canzoni, spesso caratterizzate da testi poetici e riflessivi, affrontano temi come la politica, la società e l'esperienza umana. Per molti giovani degli anni '70, Guccini rappresentava un punto di riferimento culturale e politico.

▫️ Canzoni simbolo

1. "La locomotiva" (1972)
   - Questa canzone racconta la storia di un macchinista anarchico che sacrifica la propria vita per lanciare un treno contro un ostacolo, in un gesto simbolico di ribellione contro le ingiustizie sociali. "La locomotiva" è diventata un inno per i giovani militanti di sinistra, rappresentando il desiderio di cambiamento e la lotta contro l'oppressione.

2. "Eskimo" (1978)
   - "Eskimo" è una canzone che riflette sulla vita di un giovane negli anni '70, tra impegno politico e riflessioni personali. Il titolo fa riferimento al cappotto Eskimo, simbolo di riconoscimento tra i giovani di sinistra. La canzone esplora temi come l'amicizia, l'amore e la delusione, offrendo uno spaccato della vita quotidiana di un giovane in quel periodo.

3. "Il vecchio e il bambino" (1972)
   - Questa canzone è una metafora delle differenze generazionali e della speranza in un futuro migliore. Racconta la storia di un vecchio e di un bambino che camminano insieme, osservando i cambiamenti nel paesaggio circostante. Il vecchio rappresenta la saggezza e l'esperienza, mentre il bambino simboleggia l'innocenza e la speranza. Il contrasto tra i due personaggi riflette le tensioni tra passato e futuro, tra tradizione e cambiamento.

▫️ Guccini e la periferia romana
Nella periferia romana, le canzoni di Guccini erano particolarmente popolari tra i giovani. Questi ragazzi, spesso appartenenti a famiglie della classe operaia, trovavano nelle parole di Guccini un modo per esprimere i loro sentimenti e le loro aspirazioni. Le sue ballate erano un modo per condividere esperienze comuni e creare un senso di comunità.

▫️ Racconti di vita
Molti giovani della periferia romana passavano le serate estive riuniti nei parchi o nei cortili, suonando la chitarra e cantando le canzoni di Guccini. Questi momenti non erano solo un modo per passare il tempo, ma anche un'opportunità per discutere di politica, di ingiustizie sociali e di speranze per il futuro. Le parole di Guccini fornivano un contesto per queste discussioni, offrendo un punto di partenza per riflessioni più profonde.

▫️ Il Ruolo delle canzoni di Guccini nella formazione politica
Le canzoni di Guccini non erano solo un passatempo, ma una parte integrante della formazione politica e culturale dei giovani di sinistra. Attraverso la musica, essi trovavano un modo per esprimere il loro dissenso e le loro speranze per il futuro.

▫️ Educazione e impegno
Le canzoni di Guccini erano spesso utilizzate come strumenti educativi nei circoli giovanili e nelle sezioni di partito. I testi delle sue canzoni venivano analizzati e discussi, offrendo spunti per approfondire temi politici e sociali. La musica diventava così un mezzo per educare i giovani alla partecipazione politica e all'impegno sociale.

▫️ Unione e solidarietà
Le serate passate a cantare insieme creavano un forte senso di unione e solidarietà tra i giovani. La musica di Guccini aiutava a rafforzare i legami all'interno dei gruppi, offrendo un linguaggio comune attraverso il quale esprimere valori e ideali condivisi. Questo senso di comunità era fondamentale in un periodo di grande incertezza e cambiamento.

Gli anni '70 furono un periodo di grandi trasformazioni in Italia, e la musica di Francesco Guccini ne fu il riflesso. Per i giovani della periferia romana e di tutta Italia, le sue canzoni rappresentavano un legame tra l'esperienza personale e il contesto storico, offrendo una colonna sonora indimenticabile per una generazione in lotta per un mondo migliore. Le parole di Guccini non solo accompagnavano le loro vite quotidiane, ma contribuivano a formare la loro coscienza politica e sociale, lasciando un'impronta duratura nella loro memoria collettiva.

Rino Gaetano

 


Rino Gaetano è stato una figura di riferimento durante la mia adolescenza, un vero mito che ha lasciato un'impronta indelebile nella mia vita e in quella di tanti giovani come me. La sua musica non era solo un insieme di melodie e parole, ma un grido di ribellione, una critica acuta e ironica al sistema politico e sociale dell'epoca. Era un cantautore di rottura, capace di sfidare il potere con la sua ironia tagliente e il suo stile inconfondibile.

Per me, Rino Gaetano rappresentava una voce fuori dal coro, un simbolo di resistenza contro le ingiustizie e le ipocrisie della società. Le sue canzoni erano ricche di messaggi nascosti, metafore pungenti e critiche velate che solo chi prestava attenzione poteva cogliere appieno. Ogni suo brano era una scoperta, una rivelazione che ci spingeva a riflettere e a non accettare passivamente ciò che ci veniva imposto.
Noi giovani eravamo attratti dalla sua autenticità e dal suo coraggio. Rino non aveva paura di dire ciò che pensava, anche se questo significava andare controcorrente. Le sue parole erano per noi un invito a essere critici, a non conformarci e a lottare per le nostre idee. I concerti di Rino erano eventi imperdibili, momenti di aggregazione in cui ci sentivamo parte di qualcosa di più grande, uniti dalla stessa passione e dalla voglia di cambiare il mondo.
Durante gli anni della mia adolescenza, le canzoni di Rino Gaetano erano la colonna sonora della mia vita. Ricordo le serate passate con gli amici, chitarra in mano, a cantare "Ma il cielo è sempre più blu" e "Gianna" a squarciagola. Quei momenti erano carichi di energia e speranza, un antidoto alla monotonia e alle delusioni quotidiane.
Rino Gaetano era più di un semplice cantautore; era un simbolo di speranza e libertà. La sua musica ci insegnava a non perdere mai la nostra autenticità e a credere che, nonostante tutto, il cielo poteva essere davvero sempre più blu. Era un esempio di come l'arte potesse essere uno strumento potentissimo per esprimere il proprio dissenso e per costruire un futuro migliore.
In quegli anni, Rino Gaetano era il nostro faro, la guida che ci mostrava la strada verso un modo diverso di vivere e di pensare. Oggi, a distanza di anni, il suo ricordo rimane vivo e le sue canzoni continuano a ispirare nuove generazioni, mantenendo intatto il suo spirito ribelle e la sua voglia di cambiamento.

domenica 7 luglio 2024

La sindrome della piccola fiammiferaia social

📝 La sindrome della "Piccola Fiammiferaia Social" è proprio il massimo del melodramma contemporaneo, una vera e propria opera d'arte del vittimismo digitale. 
C’è sempre quell’amico/a su Facebook o Instagram che sembra essere uscito da una telenovela sudamericana degli anni '90, con una vita che è un’infinita catena di tragedie o sofferenze personali da condividere con il mondo. Ogni post, ogni storia, ogni selfie con l'aria afflitta è un fiammifero acceso, un SOS lanciato nell'etere per ottenere quei tanto agognati like e commenti di consolazione.

Immagina la scena: la nostra Piccola Fiammiferaia Social si sveglia al mattino presto per andare a lavorare e, con la stessa dedizione di un attore premio Oscar, si prepara per il suo ruolo quotidiano. Il feed si riempie di foto in bianco e nero, perché il colore è troppo mainstream per chi vive in un perenne stato di sofferenza. “Nessuno capisce il mio dolore, la mia sofferenza...”, scrive con la stessa intensità di un filosofo esistenzialista, accompagnato da una foto in cui è perfettamente truccata e con una posa da copertina di Vogue.

La sindrome della Piccola Fiammiferaia Social è un’arte di recitazione degna del teatro greco, con drammi sempre più esagerati. “Oggi il mio cuore è in frantumi”, lamenta, mentre il viso appare incorniciato da lacrime di coccodrillo digitali. “Mi sento sola in mezzo a tutti”, proclama, con un video in slow motion che sembra il trailer di un film d'autore. Il tutto condito con la colonna sonora più strappalacrime che si possa immaginare.

Ma dietro questo spettacolo da baraccone c’è la disperata ricerca di approvazione e consensi. Ogni like, ogni commento di supporto è un piccolo fiammifero che illumina, per un istante, il buio della loro esistenza socialmente costruita. E così, tra post lamentosi e storie drammatiche, la Piccola Fiammiferaia Social si alimenta di attenzioni temporanee, bisognosa di conferme come un naufrago è bisognoso di terra.

Noi, spettatori di questo teatro dell’assurdo, a volte ci lasciamo prendere dalla compassione, altre volte ci viene da ridere per la palese mancanza di autenticità. Ma mentre scorriamo i loro post, un mix di scherno e curiosità, dobbiamo ricordare che dietro ogni fiammifero c’è una persona che, forse, sta cercando qualcosa di più di un semplice like. 

Alla fine, la Piccola Fiammiferaia Social è il prodotto di un mondo ossessionato dalle apparenze, dove la connessione virtuale ha sostituito quella reale. E mentre noi ci godiamo lo spettacolo, con il nostro sarcasmo ben affilato e il popcorn in mano, non possiamo fare a meno di pensare che forse, in questo grande circo dei social, siamo tutti un po’ fiammiferaie in cerca di un briciolo di calore digitale.
Forse ... 🤔🙄

#facebookviral #piccolafiammiferaia #social

sabato 6 luglio 2024

Analfabeta funzionale dei social

Ah, l'analfabetismo funzionale, quella gemma rara che fiorisce su Facebook e altrove. Una razza particolare, una specie in continua evoluzione, sempre pronta a stupirci con nuove perle di saggezza.

Immagina questa scena: scorri tranquillo il tuo feed di Facebook, cercando un po' di normalità in mezzo al caos quotidiano. Ed ecco che appare lui, l'analfabeta funzionale, pronto a sciorinare le sue teorie senza capo né coda. Ogni volta ti chiedi se è uno scherzo, ma no, è tutto vero.

Scrive un post pieno di bufale e complotti, convinto di aver scoperto il segreto dell'universo. Sotto, una marea di commenti di altri illustri esemplari della stessa specie, che condividono e applaudono, come se fossero alla scoperta dell'acqua calda. "Lo sapevo! È tutto un complotto delle elite!" – dicono. Ah, il profumo della competenza.

Poi c'è il classico commentatore che non legge mai oltre il titolo, ma si sente comunque in dovere di esprimere la propria illuminata opinione. "Vergogna! Questo è inaccettabile!" – scrive, ignorando completamente il contenuto dell'articolo. Dettagli, chi ha tempo per leggere quando si può giudicare in un secondo?

E non parliamo di quelli che condividono le fake news senza nemmeno verificarle. "Ho trovato questo link su un sito sconosciuto e non verificabile, ma sicuramente è vero perché conferma i miei pregiudizi!" Questi sono i veri eroi del nostro tempo, sempre pronti a diffondere disinformazione con una sicurezza invidiabile.

Ma la vera perla arriva quando provi a interagire. "Scusa, ma sai che questa notizia è falsa, vero?" E lì parte il delirio. "Tu sei un ignorante! Io ho fatto le mie ricerche!" – dice mentre copia-incolla un testo senza senso trovato chissà dove. Perché loro hanno fatto "ricerche", ovviamente. Google e Wikipedia sono le loro Bibbie, ma senza saper distinguere una fonte affidabile da una farsa.

È uno spettacolo triste, ma allo stesso tempo comico. Questa razza di analfabeti funzionali prospera e si moltiplica, alimentata da un'infinità di informazioni superficiali e male interpretate. E mentre loro si pavoneggiano nella loro ignoranza, noi ci chiediamo: ma davvero il genere umano è arrivato a questo?

Ecco quindi un consiglio spassionato: se vuoi sopravvivere in questo mondo di folli, sviluppa il tuo senso critico, verifica le fonti e, soprattutto, fai un bel respiro profondo prima di tuffarti nei commenti. Perché là fuori, nella giungla di Facebook e quant'altro, l'analfabetismo funzionale è sempre in agguato, pronto a colpire.

giovedì 4 luglio 2024

Quella volta che assistetti al concerto di RON

Era il 1980, un anno in cui la voglia di vivere e divertirsi pulsava forte nei cuori dei giovani italiani. L'aria di quegli anni era un mix di ribellione, creatività e speranza. La provincia romana, spesso dimenticata dalle grandi tournée, quella sera ospitava un evento speciale: il concerto di RON, in un piccolo stadio di calcio. Io e i miei amici, come molti altri, eravamo sul prato, pronti a lasciarci trasportare dalle note di uno dei cantautori più promettenti del panorama musicale italiano.

RON, al secolo Rosalino Cellamare, era già una figura di spicco nella scena musicale. Nato a Dorno nel 1953, aveva esordito giovanissimo nel mondo della musica e, a metà degli anni '70, era ormai un artista affermato. La sua voce calda e il suo talento nel comporre melodie accattivanti lo avevano reso un beniamino di molti. La sua discografia, all'epoca, includeva già brani che sarebbero diventati classici della musica italiana.

Il suo legame con Lucio Dalla era ben noto: i due non solo condividevano una profonda amicizia, ma avevano anche collaborato su diverse canzoni, creando un sodalizio musicale che avrebbe influenzato profondamente entrambi. Canzoni come "Piazza Grande" e "Anna e Marco" portano il marchio inconfondibile del loro talento congiunto.

Quella sera del 1980, lo stadio era gremito di giovani, famiglie e curiosi. L'atmosfera era elettrizzante, e mentre il sole tramontava, le luci del palco si accendevano, creando un'aura quasi magica. La gente era lì per divertirsi, per dimenticare per qualche ora le preoccupazioni quotidiane e immergersi nella musica.

Quando RON salì sul palco, il pubblico esplose in un boato di applausi. Iniziò a suonare i suoi pezzi più famosi, e ogni nota sembrava parlare direttamente al cuore di ciascuno di noi. Brani come "Il gigante e la bambina" e "Una città per cantare" risuonavano nell'aria, accompagnati dai cori del pubblico che non smetteva mai di cantare.

Io e i miei amici eravamo seduti sull'erba, sentivamo la musica vibrare attraverso di noi. Ogni canzone era un tuffo nelle emozioni, un viaggio attraverso le storie che RON sapeva raccontare così bene. La sua voce, calda e avvolgente, creava un'atmosfera intima, nonostante la folla intorno a noi.

C'era qualcosa di speciale in quel concerto, un'energia palpabile che univa tutti i presenti. Forse era la semplicità della location, forse era l'autenticità di RON, ma quella sera rimase impressa nella mia memoria come una delle esperienze più belle della mia giovinezza.

Il rapporto musicale con Lucio Dalla era evidente nelle interpretazioni che RON dava ai pezzi scritti insieme. Ogni nota, ogni parola, era intrisa di quella complicità artistica che li rendeva unici. Si percepiva l'influenza di Dalla nelle melodie, ma anche l'originalità di RON, capace di portare ogni brano a una dimensione personale e autentica.

La serata volò via troppo in fretta, e quando le ultime note risuonarono nello stadio, un applauso lungo e caloroso salutò l'artista. Lasciammo il prato con un sorriso, con le canzoni di RON ancora nelle orecchie e nei cuori.

Riflettendo su quella sera, mi rendo conto di quanto fosse speciale la musica di RON. Le sue canzoni avevano (e hanno ancora) la capacità di toccare corde profonde, di raccontare storie universali con una semplicità disarmante. La sua voce, le sue melodie, erano e sono un balsamo per l'anima, un rifugio sicuro dove trovare conforto e ispirazione.

Quella notte del 1980, in un piccolo stadio di calcio della provincia romana, ho vissuto la magia della musica di RON. Una magia che continua a vivere nelle sue canzoni, che ancora oggi ci parlano con la stessa intensità di allora. E ogni volta che le ascolto, ritorno a quel prato, con gli amici di una vita, immerso in un mare di note e emozioni.

#ron #musica #Roma #concerto #luciodalla

L'ipocrisia politica: il dilemma del politico senza bandiera

Viviamo in un'epoca dove la trasparenza e l'onestà sono merce rara in politica. Sempre più spesso, ci imbattiamo in personaggi che, con grande disinvoltura, affermano di non appartenere a nessun partito, dichiarandosi "indipendenti". Ma quanto c'è di autentico in queste dichiarazioni? La realtà, come spesso accade, è ben diversa.

▪️La maschera dell'indipendenza

Molti politici si professano indipendenti, evitando di dichiarare apertamente le proprie affiliazioni partitiche. Questo stratagemma, apparentemente astuto, serve a raccogliere voti da un pubblico più ampio e meno schierato. La figura del "politico senza bandiera" sembra attrarre chi è stanco delle vecchie logiche partitiche, chi si sente tradito e deluso da promesse non mantenute. Ma dietro questa facciata di indipendenza si nasconde spesso una cruda verità: l'appartenenza a un partito c'è, ma viene nascosta per convenienza.

▪️L'arte della dissimulazione

C'è chi mente deliberatamente per evitare di alienarsi una parte dell'elettorato, e chi, forse peggio, si vergogna delle proprie convinzioni politiche. Mentire sull'appartenenza politica non è solo un atto di vigliaccheria, ma un vero e proprio tradimento nei confronti degli elettori. Ogni votante ha il diritto di sapere chi sta votando e quali ideali quella persona rappresenta. Non dichiarare la propria affiliazione politica, o peggio ancora mentire, significa privare l'elettore della possibilità di fare una scelta consapevole.

▪️Le conseguenze della menzogna

Chi mente sull'appartenenza politica può ottenere un vantaggio momentaneo, ma come recita il proverbio, "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino". La verità, prima o poi, viene a galla. E quando accade, le conseguenze possono essere devastanti. La fiducia, una volta persa, è difficilmente recuperabile. Un elettore tradito non dimentica facilmente e, anzi, diventa ancora più scettico e diffidente nei confronti della classe politica.

▪️Un quadro più ampio

Questo fenomeno non è isolato, ma parte di un quadro più ampio di disillusione e sfiducia nei confronti della politica. La crescente disaffezione verso i partiti tradizionali ha portato molti politici a cercare rifugio nell'ambiguità. Ma questa strategia a lungo termine si rivela controproducente. La politica deve tornare a essere un luogo di confronto aperto e onesto, dove le idee e le convinzioni vengono espresse chiaramente e senza paura.

▪️La responsabilità degli elettori

Anche gli elettori hanno una responsabilità in questo gioco delle parti. È fondamentale essere informati, fare domande, pretendere chiarezza e trasparenza da chi si candida a rappresentarci. Non possiamo accontentarci di risposte vaghe o di dichiarazioni di indipendenza senza verificare i fatti. La politica è fatta di scelte e compromessi, e chi si nasconde dietro la maschera dell'indipendenza spesso lo fa per non dover rispondere delle proprie scelte.

L'onestà e la trasparenza dovrebbero essere i pilastri della politica. Un politico che mente sulla propria appartenenza partitica tradisce la fiducia degli elettori e danneggia l'intero sistema democratico. È compito di ciascuno di noi, come cittadini e votanti, vigilare e pretendere chiarezza, affinché la politica possa tornare a essere un luogo di confronto genuino e leale. Solo così potremo ricostruire la fiducia nei nostri rappresentanti e nelle istituzioni che li sostengono.

giovedì 27 giugno 2024

1984, io e il Komandante.

La notte del 12 agosto 1984, a Taranto, lo stadio di calcio della città jonica è un calderone di emozioni e attesa febbrile.
Da giorni avevo acquistato quei biglietti per assistere all'esibizione della rockstar italiana più chiacchierata del momento e contavo i giorni, poi le ore, all'inizio di quel mio primo e storico concerto del Blasco.
Ma c'è un altro lato della storia che rende questo concerto ancora più straordinario: solo pochi mesi prima, Vasco Rossi  era stato al centro di uno scandalo che avrebbe potuto distruggere la sua carriera. Arrestato con l'accusa di spaccio di droga, Vasco aveva visto la sua vita privata e pubblica messe a soqquadro. Le voci su di lui circolavano insistenti, dipingendolo come una figura caduta in disgrazia, quasi come un artista ormai finito.

Ma quella sera a Taranto, Vasco è lì, vivo e pulsante come non mai, pronto a dimostrare che il rock non conosce barriere né catene. Dopo essere stato assolto per possesso di "modica quantità", Vasco è tornato più forte, più determinato, con una voglia di ricominciare da capo che vibra in ogni sua canzone.

La folla è consapevole di questa storia, di questo percorso accidentato. E proprio questo rende l'atmosfera ancora più elettrica, carica di una solidarietà e un'ammirazione che travalicano la semplice idolatria musicale. È come se ogni spettatore fosse lì non solo per la musica, ma per testimoniare la rinascita di un uomo che non si è lasciato abbattere dalle difficoltà.

Quando le luci del palco si accendono e Vasco inizia a cantare "Sono ancora in coma", c'è una scintilla nei suoi occhi che parla di redenzione e sfida. Ogni nota è un grido di libertà, ogni parola un affronto a chi lo aveva dato per spacciato. La sua presenza sul palco è una dichiarazione di guerra alle avversità, una celebrazione della resilienza umana.

La Steve Rogers Band accompagna questa rinascita musicale con un'energia che sembra alimentarsi direttamente dalla passione di Vasco. Canzoni come "Bollicine" e "Siamo solo noi" risuonano potenti, non solo come hit ma come manifesti di una generazione che rifiuta di arrendersi. E quando arriva "Vita Spericolata", il pubblico esplode in un coro unanime, unendo le proprie voci in un inno alla vita vissuta al massimo, senza rimpianti.

La serata scorre con momenti di pura magia, come "Ogni volta" e "Brava", che toccano le corde più intime del cuore. Ma il culmine emotivo arriva con "Albachiara", una canzone che, proprio come Vasco, è sopravvissuta a tutte le tempeste, diventando un simbolo di speranza e continuità.

In quel momento, con le luci degli accendini che ondeggiano nel buio dello stadio di Taranto e Vasco che canta con l'anima in mano, è chiaro che quella notte non è solo un concerto. È un rito di passaggio, un'affermazione di identità e forza, una serata che incarna la vera essenza del rock: la capacità di rialzarsi, di lottare, di vivere ogni istante come se fosse l'ultimo.

Quando tutto finisce e le luci si spengono, il pubblico lascia lo stadio con la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di unico. 
Per me, quella notte è un ricordo indelebile, una testimonianza del potere redentore della musica e della straordinaria capacità di un uomo di trasformare le avversità in trionfo. 
Vasco Rossi non è solo tornato: è rinato, e con lui, il sogno di un rock che può cambiare il mondo, una canzone alla volta.

p.s. Il Komandante in questi giorni è in concerto a Bari, oggi è un altro Vasco, più maturo ma sempre brillante.
In seguito ho assistito a molti altri concerti della nostra rockstar italiana da record, ma non vi nascondo che il primo Vasco ... non si scorda mai ... perchè, quelli erano anni "speciali".

mercoledì 26 giugno 2024

Ivan Graziani e la sua magica chitarra.

Ricordo con nostalgia la fine degli anni '70, quando partecipai alla festa patronale di Monterotondo Scalo, in provincia di Roma. Era una serata speciale, un'occasione per assaporare le delizie locali: le fave fresche con il pecorino romano, la porchetta di Ariccia e il vino dei Castelli Romani. La piazza, animata da mille bancarelle colorate, si riempiva di giovani e famiglie, tutti curiosi di assistere al concerto che ogni anno veniva organizzato di fronte alla chiesa.

Quell'anno, l'artista che ci veniva proposto era Ivan Graziani. Non era solo un cantante, ma un vero maestro della chitarra, un eminente chitarrista che riusciva a trasmettere emozioni con ogni nota. Avevo solo 16 anni e non avevo mai assistito a una performance dal vivo di tale intensità.

Il concerto iniziò, e fin dai primi accordi, Ivan Graziani riuscì a catturare l'attenzione di tutti i presenti. La sua chitarra sembrava avere una voce propria, raccontando storie di vita, amore e ribellione. Ogni brano era una scoperta, una porta aperta su un mondo fatto di melodie struggenti e ritmi travolgenti. Ricordo ancora l'emozione che provai ascoltando "Lugano Addio", con la sua melodia malinconica e il testo evocativo, che ci trasportò tutti in un altro tempo e luogo.

La folla era ipnotizzata, e io con loro. Ogni assolo di chitarra era un viaggio, ogni canzone un ricordo indelebile che si fissava nella mia mente giovane e impressionabile. La maestria di Ivan Graziani con la chitarra era tale da farci dimenticare il tempo che passava, immersi in un'atmosfera quasi magica.

La serata si concluse tra gli applausi scroscianti e le richieste di bis da parte del pubblico entusiasta. Ivan Graziani salutò e ringraziò, promettendo di tornare presto. Per me, quella serata fu una rivelazione. Avevo scoperto un artista straordinario, capace di comunicare con la musica in modo unico e coinvolgente.

Tornai a casa con il cuore colmo di emozioni e la mente affollata di note. Avevo conosciuto musicalmente un grande artista, e quella performance stratosferica sarebbe rimasta impressa nei miei ricordi per sempre. Da quel momento, Ivan Graziani diventò uno dei miei musicisti preferiti, e ogni volta che ascolto una sua canzone, rivivo la magia di quella sera d'estate a Monterotondo Scalo.

Ma di quel periodo, dei svariati concerti di grande intensità ed eccelsa maestria non finiscono qui. 
Nei miei prossimi post vi racconterò quello di tanti altri artisti e anche la mia prima conoscenza con la musica dei mitici "Police" quando in Italia ancora non si conoscevano.
Stay tuned! 👍
Alla prossima. 😜

#ivangraziani #rock #festapatronale #monterotondo #concerto

martedì 25 giugno 2024

Riflessione politica

Nella #politica contemporanea, spesso vediamo figure che sembrano più interessate alla propria immagine pubblica e al mantenimento del potere che al bene comune. La politica, in questo senso, diventa una sorta di mercato dove i politici "vendono" idee, promesse e programmi in cambio di voti e consenso. Questa mercificazione della politica è supportata da campagne elettorali costose, marketing politico aggressivo e una #comunicazione sempre più superficiale e populista.

Il vero politico, è qualcuno che agisce non per il proprio tornaconto ma per il bene della collettività. Questo politico non ha bisogno di gridare i suoi meriti ai quattro venti, ma lavora in silenzio, con dedizione e competenza. Donare il proprio sapere in silenzio significa agire con umiltà e discrezione, mettendo le proprie capacità al servizio degli altri senza cercare gloria personale.

Il silenzio, in questo contesto, non è passività ma una forma di saggezza. È il segno di chi sa che le azioni parlano più forte delle parole. Questo politico ideale non si lascia tentare dalla vana gloria o dall'applauso facile. Invece, concentra i suoi sforzi sul creare cambiamenti reali e duraturi, spesso lontano dai riflettori. Pensa a figure come Aldo Moro o Sandro Pertini, che hanno lavorato instancabilmente per il bene del Paese senza mai cercare la ribalta.

Donare il proprio sapere è un atto di generosità intellettuale. Significa formare nuove generazioni di cittadini consapevoli, capaci di pensare criticamente e di agire con responsabilità. Questo politico non teme di condividere le proprie conoscenze, anzi, lo fa con lo scopo di elevare la comunità. La formazione, l'educazione civica e il dialogo diventano strumenti fondamentali del suo operato.

Nella storia italiana, abbiamo avuto esempi di politici che hanno incarnato questi ideali. Pensiamo a Enrico Berlinguer, che con il suo rigore morale e la sua visione etica della politica ha rappresentato un faro per molti. Anche figure come Giuseppe Dossetti, che ha lasciato la politica attiva per dedicarsi alla vita religiosa e alla riflessione, mostrano come il sapere possa essere donato in modi silenziosi ma profondi.

In un'epoca dominata dai social media e dall'informazione istantanea, il silenzio può essere visto come una debolezza. Tuttavia, proprio per questo è più prezioso che mai. Il vero politico di oggi deve saper navigare tra le onde del consenso immediato e mantenere saldo il timone verso gli ideali più alti. Deve trovare il giusto equilibrio tra visibilità e sostanza, tra comunicazione e azione.

Il vero politico, è una figura rara ma necessaria. È qualcuno che vede la politica non come un mezzo per arricchirsi o farsi un nome, ma come un servizio alla comunità. In un mondo in cui la politica spesso si riduce a spettacolo, il vero politico è colui che, in silenzio, lavora per un domani migliore, mettendo il sapere e l'#etica al centro del suo operato. Questa è la sfida per chi crede davvero nella politica come arte nobile del governare.

Intelligenza Artificiale in medicina: Rivoluzione silenziosa con vantaggi enormi

L'intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente trasformando vari settori della nostra società, e la medicina non fa eccezione. Giovanni, vediamo come l'IA sta rivoluzionando il campo medico e quali sono i suoi principali vantaggi.

Diagnosi più accurate e veloci

Uno dei benefici più evidenti dell'IA in medicina è la capacità di migliorare la precisione diagnostica. Gli algoritmi di apprendimento automatico possono analizzare enormi quantità di dati medici, come immagini radiografiche, TAC e risonanze magnetiche, identificando pattern che potrebbero sfuggire anche agli occhi dei radiologi più esperti. Ad esempio, sistemi come quelli sviluppati da Google Health hanno dimostrato una precisione nel rilevare tumori al seno pari o superiore a quella dei medici umani.

Personalizzazione delle cure

L'IA permette una medicina più personalizzata. Analizzando i dati genetici di un paziente insieme alla sua storia clinica, gli algoritmi possono suggerire trattamenti su misura. Questo è particolarmente rilevante in oncologia, dove terapie personalizzate basate sul profilo genetico del tumore possono migliorare significativamente i tassi di successo. Inoltre, l'IA può aiutare a prevedere come un paziente risponderà a determinati farmaci, riducendo così gli effetti collaterali e aumentando l'efficacia delle cure.

Gestione efficiente delle risorse

Negli ospedali, l'IA può ottimizzare la gestione delle risorse. Algoritmi avanzati possono prevedere il flusso di pazienti, ottimizzare la gestione dei letti e delle sale operatorie, e migliorare la programmazione del personale. Questo non solo aumenta l'efficienza operativa ma riduce anche i tempi di attesa per i pazienti, migliorando l'esperienza complessiva del paziente.

Supporto ai medici

L'IA non sostituisce i medici, ma li supporta. Attraverso sistemi di supporto decisionale, l'IA può fornire ai medici informazioni cruciali in tempo reale, aiutandoli a prendere decisioni più informate. Ad esempio, sistemi di allerta precoce possono identificare segni di deterioramento clinico nei pazienti ricoverati, permettendo interventi tempestivi e prevenendo complicazioni.

Ricerca medica accelerata

L'IA accelera anche la ricerca medica. Gli algoritmi di machine learning possono analizzare enormi set di dati clinici e genomici in tempi molto più brevi rispetto agli esseri umani, identificando nuove correlazioni e potenziali trattamenti. Questo è fondamentale nella scoperta di nuovi farmaci e nella comprensione delle malattie complesse.

Miglioramento della telemedicina

In un'epoca in cui la telemedicina sta diventando sempre più diffusa, l'IA gioca un ruolo cruciale. Chatbot avanzati e assistenti virtuali possono effettuare una prima valutazione dei sintomi dei pazienti, fornire consigli medici di base e indirizzare i pazienti verso il giusto livello di assistenza. Questo non solo migliora l'accesso alle cure ma riduce anche il carico di lavoro per i medici.

Riduzione degli errori medici

Gli errori medici rappresentano una delle principali cause di morte e disabilità nel mondo. L'IA può aiutare a ridurre questi errori attraverso sistemi di controllo automatico delle prescrizioni, che verificano interazioni potenzialmente pericolose tra farmaci, dosaggi errati e altre criticità. Inoltre, algoritmi di monitoraggio continuo possono rilevare anomalie nei parametri vitali dei pazienti, avvisando il personale medico in caso di necessità.

Sfide e considerazioni etiche

Nonostante i numerosi vantaggi, l'integrazione dell'IA in medicina non è priva di sfide. Le questioni etiche, come la privacy dei dati, la trasparenza degli algoritmi e il rischio di bias, devono essere attentamente gestite. Inoltre, è fondamentale garantire che l'IA venga utilizzata come strumento di supporto e non come sostituto del giudizio umano.

L'intelligenza artificiale sta trasformando la medicina, offrendo vantaggi significativi in termini di accuratezza diagnostica, personalizzazione delle cure, gestione delle risorse e supporto ai medici. Tuttavia, è essenziale affrontare le sfide etiche e garantire che l'IA venga utilizzata in modo responsabile. Con l'avanzare della tecnologia, possiamo aspettarci che l'IA diventi un alleato sempre più prezioso nella nostra lotta contro le malattie, migliorando la qualità della vita di milioni di persone.

lunedì 24 giugno 2024

L’impatto del CO2 dell’Intelligenza Artificiale: Un peso invisibile sul clima

L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo in modi che fino a pochi anni fa erano impensabili. Dalla medicina alla logistica, dalle comunicazioni alla produzione industriale, l’IA sta rendendo più efficienti e innovativi molti settori. Tuttavia, dietro questa facciata di progresso si cela un costo nascosto: l’impatto ambientale. In particolare, l’impronta di carbonio associata all'IA è una questione che merita attenzione.

L’energia che alimenta l’IA

Le reti neurali artificiali, che sono alla base di molte applicazioni di IA, richiedono una quantità enorme di potenza di calcolo. Questa potenza di calcolo viene fornita da grandi data center che consumano quantità significative di energia. Molto spesso, questa energia proviene da fonti non rinnovabili, contribuendo così alle emissioni di CO2. 

Ad esempio, addestrare un singolo modello di IA può richiedere una quantità di energia equivalente a quella consumata da un’automobile nel corso della sua vita, comprese le emissioni di produzione. Un recente studio ha rilevato che l’addestramento di un grande modello di linguaggio naturale, come GPT-3, può emettere fino a 284 tonnellate di CO2, che è circa cinque volte l'impronta di carbonio annuale di una persona media.

L’AI e l’efficienza energetica

Sebbene l’IA possa essere energivora, ci sono anche iniziative volte a ridurne l’impatto ambientale. Alcuni sviluppatori stanno lavorando su algoritmi più efficienti dal punto di vista energetico e sull’uso di hardware specializzato che consuma meno energia. Inoltre, l’adozione di fonti di energia rinnovabile da parte dei data center può contribuire a ridurre l’impronta di carbonio dell’IA. Tuttavia, queste soluzioni non sono ancora ampiamente diffuse e rappresentano una piccola parte del panorama complessivo.

L’etica dell’impatto ambientale

La questione dell’impatto ambientale dell’IA non è solo una questione tecnica, ma anche etica. Come possiamo giustificare l’uso massiccio di risorse energetiche per sviluppare tecnologie che, sebbene innovative, potrebbero non essere essenziali per il benessere umano? Questa domanda diventa ancora più pressante alla luce della crisi climatica globale. Gli sviluppatori e le aziende che operano nel settore dell’IA devono considerare l’impatto ambientale delle loro attività e cercare modi per minimizzarlo.

Il ruolo delle politiche pubbliche

Anche i governi e le istituzioni internazionali hanno un ruolo cruciale da svolgere. La regolamentazione può incentivare le pratiche sostenibili nel settore tecnologico, promuovendo l’uso di energie rinnovabili e imponendo standard di efficienza energetica. Inoltre, la ricerca e lo sviluppo di tecnologie verdi possono essere finanziate per ridurre l’impatto ambientale delle nuove tecnologie emergenti.

L’intelligenza artificiale ha il potenziale per trasformare radicalmente il nostro mondo, ma questa trasformazione ha un costo ambientale significativo. È essenziale che i benefici dell’IA non siano ottenuti a scapito del nostro pianeta. Bilanciare l’innovazione tecnologica con la sostenibilità ambientale è una sfida complessa ma necessaria. Solo attraverso un impegno collettivo da parte di sviluppatori, aziende, governi e consumatori possiamo sperare di ridurre l’impatto di CO2 dell’IA e costruire un futuro più sostenibile.

La consapevolezza è il primo passo. Sapere che dietro ogni algoritmo c’è un costo energetico può guidarci verso scelte più responsabili e sostenibili. L’intelligenza artificiale è una potente risorsa, ma come tutte le risorse potenti, deve essere gestita con attenzione e rispetto per l’ambiente.

domenica 23 giugno 2024

Il mio primo concerto di Renato Zero (parte 2)

Quel giorno, sotto il tendone a stelle e strisce, l'aria era elettrica. L'eccitazione serpeggiava tra la folla come un vento caldo, portando con sé frammenti di cori entusiastici e risate impazienti. 
Ero lì, tra migliaia di volti, tutti in attesa dell'inizio dello spettacolo di Renato Zero. 
Era il mio primo concerto, e l'emozione era palpabile, un misto di trepidazione e gioia.

Le luci si abbassarono, immergendo il tendone in un crepuscolo irreale. 
In quel momento, il tempo sembrò fermarsi. Poi, dal buio, emersero due fari che tagliavano l'oscurità, svelando due altalene sospese, una a sinistra e l'altra a destra del palcoscenico che dondolavano. 
Su quelle altalene, due figure contrastanti: una vestita di bianco, l'altra di nero. Erano angeli, incarnazioni del bene e del male, che sussurravano frasi enigmatiche, quasi impercettibili, mentre una musica eterea cominciava a riempire l'aria. Il dialogo tra i due angeli ci trascinò in un mondo di ambiguità e sogno, dove la linea tra giusto e sbagliato, il bene e il male, il vero e il falso, era sfocata come un miraggio.

L'atmosfera era fiabesca, con luci stroboscopiche e colori vivaci che danzavano sulle figure degli angeli, creando un caleidoscopio di emozioni e significati. Improvvisamente, un'ombra scintillante si mosse sul palco. Era lui, era Renato, avvolto in un abito di paillettes che rifletteva ogni raggio di luce come un mosaico vivente. Il pubblico esplose in un grido unanime di entusiasmo e adorazione.

La prima nota di "No mamma no" risuonò nell'aria, e fu come se una corrente elettrica attraversasse la folla. 
Le canzoni si susseguivano, ciascuna con la sua storia, il suo ritmo, il suo mondo. "Paleobarattolo", "Sergente no", "Inventi", "Mi vendo", "Vivo" – ognuna era un tassello di un mosaico emotivo, un viaggio attraverso l'anima e l'immaginazione di Renato. I costumi cambiavano con ogni brano, ciascuno più appariscente e colorato del precedente, trasformando il palco in una sfilata di meraviglie visive.

Lo spettacolo raggiunse il suo apice con le note di "Il cielo". Fu un momento di pura magia. La melodia avvolse il tendone, e ogni nota sembrava penetrare l'anima, portando con sé un senso di infinito. 
Brividi scorrevano sulla schiena di ognuno di noi, uniti in un'armonia di emozioni e sogni. 
Era come vivere un sogno, un sogno condiviso, fatto di luci, lustrini e tanta fantasia.

Poi, improvvisamente, tutto finì. Le luci si riaccesero e la realtà fece il suo ritorno. Renato era già andato via, lasciandoci con i cuori pieni e la mente colma di ricordi. 
Mentre ci avviavamo verso l'uscita, cantavamo a squarciagola le canzoni del mitico Renato Zero, ancora immersi nell'oblio di quei momenti straordinari.

La zerofollia aveva colpito anche noi, e da bravi sorcini, sapevamo che, in quel momento, la nostra missione era appena iniziata. 
Tornando a casa, con il cuore leggero e la mente piena di visioni, sapevo che quel concerto era solo l'inizio di una lunga storia d'amore con la musica e l'arte di Renato Zero. Era un sogno che non avrei mai dimenticato, un sogno che avrebbe continuato a brillare nella mia memoria come le paillettes del suo abito sotto le luci del tendone a strisce.

#renatozero #zerofollia #sorcini #musica

L'energia dell'Intelligenza Artificiale: Un costo necessario

L'intelligenza artificiale (IA) è senza dubbio una delle tecnologie più rivoluzionarie del nostro tempo, ma questa rivoluzione ha un prezzo, e non parlo solo di quello economico. Uno degli aspetti più critici e discussi riguarda il consumo energetico. Ma perché l'IA richiede così tanta energia? Cerchiamo di fare chiarezza su questo argomento complesso.

Il cuore dell'IA: Il calcolo intenso

La base dell'IA moderna sono le reti neurali profonde (Deep Neural Networks, DNN) e gli algoritmi di machine learning. Questi modelli sono straordinariamente complessi e richiedono un'enorme quantità di potenza computazionale per essere addestrati. Ad esempio, il famoso modello GPT-3 di OpenAI ha 175 miliardi di parametri. Per addestrare un modello di tale portata, i computer devono eseguire trilioni di operazioni matematiche, spesso su enormi dataset. Questo richiede settimane o mesi di calcolo continuo su centinaia o migliaia di unità di elaborazione grafica (GPU) o unità di elaborazione tensoriale (TPU), che sono molto più potenti delle normali CPU ma anche molto più affamate di energia.

Data Centers: I giganti affamati di energia

L'addestramento e l'implementazione di modelli IA richiedono infrastrutture immense, spesso centralizzate in grandi data center. Questi data center consumano energia non solo per alimentare i server, ma anche per il raffreddamento, necessario per mantenere le temperature operative dei dispositivi a livelli sicuri. Secondo alcune stime, i data center possono consumare fino a 200 terawattora (TWh) di elettricità all'anno, una cifra comparabile al consumo energetico di interi paesi di medie dimensioni.

L'impronta di carbonio dell'IA

Il consumo energetico ha un impatto diretto sull'ambiente. Molta dell'energia utilizzata dai data center proviene ancora da fonti non rinnovabili, contribuendo alle emissioni di carbonio. Ad esempio, uno studio del 2019 ha stimato che l'addestramento di un singolo modello di IA può produrre emissioni di CO2 equivalenti a quelle di cinque automobili per tutta la loro vita utile. Questo solleva preoccupazioni significative riguardo alla sostenibilità ambientale della crescita dell'IA.

Efficienza energetica: Una priorità necessaria

Per mitigare l'impatto ambientale, è fondamentale rendere l'IA più efficiente dal punto di vista energetico. Ci sono vari approcci per raggiungere questo obiettivo. Uno è l'ottimizzazione degli algoritmi e delle architetture di rete neurale per ridurre il numero di operazioni necessarie. Un altro è l'uso di hardware più efficiente, come le nuove generazioni di GPU e TPU progettate per avere un miglior rapporto prestazioni/consumo energetico.

Inoltre, si stanno esplorando tecniche come il "pruning", che consiste nell'eliminare i pesi meno significativi di una rete neurale dopo l'addestramento, e il "quantization", che riduce la precisione numerica delle operazioni senza compromettere significativamente le prestazioni. Questi metodi possono ridurre drasticamente l'energia necessaria per l'addestramento e l'implementazione dei modelli.

Energia rinnovabile e IA

Un'altra strategia cruciale è il passaggio a fonti di energia rinnovabile. Alcuni dei più grandi operatori di data center, come Google, Microsoft e Amazon, stanno investendo pesantemente in energie rinnovabili per alimentare le loro infrastrutture. Questo non solo aiuta a ridurre l'impronta di carbonio dell'IA, ma può anche stabilizzare i costi energetici a lungo termine, dato che le fonti rinnovabili stanno diventando sempre più economiche.

L'intelligenza artificiale ha un appetito energetico insaziabile, ma questo non significa che dobbiamo accettare passivamente l'impatto ambientale che ne deriva. Con l'ottimizzazione degli algoritmi, l'adozione di hardware più efficiente e l'uso crescente di energie rinnovabili, possiamo lavorare per un'IA sostenibile. Il futuro dell'IA non deve essere in contrasto con la sostenibilità ambientale; anzi, con le giuste politiche e innovazioni tecnologiche, possiamo far sì che queste due forze si rafforzino a vicenda.

In conclusione, l'IA richiede molta energia perché opera su scala e complessità senza precedenti. Tuttavia, attraverso l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, possiamo mitigare questo impatto e costruire un futuro in cui l'intelligenza artificiale non solo rivoluziona le nostre vite, ma lo fa in modo sostenibile.

Riflessione politica domenicale

Nella politica contemporanea, spesso vediamo figure che sembrano più interessate alla propria immagine pubblica e al mantenimento del potere che al bene comune. La politica, in questo senso, diventa una sorta di mercato dove i politici "vendono" idee, promesse e programmi in cambio di voti e consenso. Questa mercificazione della politica è supportata da campagne elettorali costose, marketing politico aggressivo e una comunicazione sempre più superficiale e populista.

Il vero politico, è qualcuno che agisce non per il proprio tornaconto ma per il bene della collettività. Questo politico non ha bisogno di gridare i suoi meriti ai quattro venti, ma lavora in silenzio, con dedizione e competenza. Donare il proprio sapere in silenzio significa agire con umiltà e discrezione, mettendo le proprie capacità al servizio degli altri senza cercare gloria personale.

Il silenzio, in questo contesto, non è passività ma una forma di saggezza. È il segno di chi sa che le azioni parlano più forte delle parole. Questo politico ideale non si lascia tentare dalla vana gloria o dall'applauso facile. Invece, concentra i suoi sforzi sul creare cambiamenti reali e duraturi, spesso lontano dai riflettori. Pensa a figure come Aldo Moro o Sandro Pertini, che hanno lavorato instancabilmente per il bene del Paese senza mai cercare la ribalta.

Donare il proprio sapere è un atto di generosità intellettuale. Significa formare nuove generazioni di cittadini consapevoli, capaci di pensare criticamente e di agire con responsabilità. Questo politico non teme di condividere le proprie conoscenze, anzi, lo fa con lo scopo di elevare la comunità. La formazione, l'educazione civica e il dialogo diventano strumenti fondamentali del suo operato.

Nella storia italiana, abbiamo avuto esempi di politici che hanno incarnato questi ideali. Pensiamo a Enrico Berlinguer, che con il suo rigore morale e la sua visione etica della politica ha rappresentato un faro per molti. Anche figure come Giuseppe Dossetti, che ha lasciato la politica attiva per dedicarsi alla vita religiosa e alla riflessione, mostrano come il sapere possa essere donato in modi silenziosi ma profondi.

In un'epoca dominata dai social media e dall'informazione istantanea, il silenzio può essere visto come una debolezza. Tuttavia, proprio per questo è più prezioso che mai. Il vero politico di oggi deve saper navigare tra le onde del consenso immediato e mantenere saldo il timone verso gli ideali più alti. Deve trovare il giusto equilibrio tra visibilità e sostanza, tra comunicazione e azione.

Il vero politico, è una figura rara ma necessaria. È qualcuno che vede la politica non come un mezzo per arricchirsi o farsi un nome, ma come un servizio alla comunità. In un mondo in cui la politica spesso si riduce a spettacolo, il vero politico è colui che, in silenzio, lavora per un domani migliore, mettendo il sapere e l'etica al centro del suo operato. Questa è la sfida per chi crede davvero nella politica come arte nobile del governare.

L'Algoritmo di Facebook: come funziona, come evitarlo e come sfruttarlo

L'algoritmo di Facebook è una delle componenti più discusse e misteriose del famoso social network. Questo sistema determina quali contenuti vediamo nel nostro feed e quali no, influenzando così enormemente la nostra esperienza online. Ma come funziona esattamente? E come possiamo evitarlo o sfruttarlo a nostro vantaggio? Scopriamolo insieme.

📌Come funziona l'lgoritmo di Facebook

L'algoritmo di Facebook non è statico; è in continua evoluzione. Tuttavia, possiamo delineare alcuni principi fondamentali su cui si basa:

1. Interazioni recenti: Facebook dà priorità ai post con cui abbiamo interagito di recente. Se spesso metti "mi piace" ai post di un amico o commenti su di essi, vedrai più frequentemente i suoi contenuti.
   
2. Tipo di contenuto: L'algoritmo riconosce che ci sono tipi di contenuti che preferiamo rispetto ad altri. Ad esempio, se guardi molti video, è probabile che nel tuo feed appaiano più video rispetto ai post di testo o alle immagini.

3. Coinvolgimento generale: I post che ricevono molte reazioni, commenti e condivisioni tendono a essere mostrati a un pubblico più ampio. Facebook interpreta questo come un segno che il contenuto è interessante e rilevante.

4. Relazioni personali: I contenuti di amici e familiari hanno spesso la precedenza rispetto a quelli delle pagine pubbliche o degli inserzionisti. Facebook vuole che le interazioni significative tra persone siano al centro della sua piattaforma.

5. Tempo di permanenza: Quanto tempo trascorri su un post può indicare quanto ti interessa. Se passi molto tempo a leggere un articolo o guardare un video, l'algoritmo lo terrà in considerazione per mostrarti contenuti simili in futuro.

📌Come evitare l'algoritmo

Evitare completamente l'algoritmo di Facebook è quasi impossibile, ma ci sono alcune strategie che possiamo adottare per ridurre la sua influenza:

1. Usare le liste di amici: Creare liste di amici ti permette di vedere i contenuti di specifici gruppi di persone, evitando che l'algoritmo scelga per te.

2. Modificare le umpostazioni del feed: Puoi scegliere di vedere i post più recenti anziché i post più popolari, riducendo così l'influenza dell'algoritmo.

3. Interagire consapevolmente: Essere consapevoli di come le tue interazioni influenzano ciò che vedi. Meno interazioni superflue possono significare un feed meno "contaminato" dall'algoritmo.

4. Utilizzare il segnalibro: Puoi salvare i post che ti interessano e accedervi direttamente senza dover scorrere il feed, bypassando parzialmente l'algoritmo.

📌Come sfruttare l'qlgoritmo

Se vuoi sfruttare l'algoritmo di Facebook per aumentare la visibilità dei tuoi post, ci sono alcune tattiche efficaci:

1. Creare contenuti coinvolgenti: Posta contenuti che stimolino interazioni (mi piace, commenti, condivisioni). Domande aperte, sondaggi e call-to-action possono essere molto utili.

2. Utilizzare video e immagini: I contenuti visivi tendono a ottenere più interazioni rispetto ai post di solo testo. Video, in particolare, possono aumentare significativamente il tempo di permanenza degli utenti sul tuo post.

3. Postare regolarmente: La costanza è fondamentale. Postare con regolarità può aiutarti a mantenere l'attenzione dei tuoi follower e a mantenere una presenza costante nel loro feed.

4. Interagire con i follower: Rispondere ai commenti e interagire con i tuoi follower aumenta la probabilità che i tuoi post futuri vengano mostrati nel loro feed.

5. Usare le storie: Le storie hanno un posizionamento privilegiato e possono essere un ottimo modo per mantenere alta l'attenzione senza dover competere direttamente nel feed principale.

L'algoritmo di Facebook è una parte inevitabile dell'esperienza sulla piattaforma. Capire come funziona è il primo passo per gestirlo consapevolmente. Che tu voglia evitare la sua influenza o sfruttarla a tuo vantaggio, le strategie discusse possono aiutarti a navigare meglio nel mondo di Facebook. Ricorda, alla fine, che la chiave è la qualità dei contenuti e l'interazione autentica con la tua comunità.

#facebookviral #algoritmo  #facebookpost

Il prezzo dell'ignoranza tecnologica: cosa succede se ignoriamo l'Intelligenza Artificiale?

Viviamo in un'epoca in cui l'innovazione tecnologica corre alla velocità della luce, e tra queste innovazioni, l'Intelligenza Artificiale (IA) emerge come una delle più trasformative. Ma cosa succede se decidiamo di chiudere gli occhi di fronte a questa rivoluzione? Cosa accade se ci rifiutiamo di adottare e imparare l'uso dell'IA? Ecco un'analisi di ciò che potremmo perdere.

📌  L'IA e il suo diffondersi

Prima di tutto, è importante capire quanto l'IA sia ormai integrata in molteplici aspetti della nostra vita quotidiana. Dalle raccomandazioni personalizzate sui social media e le piattaforme di streaming, ai sistemi di assistenza vocale come Siri e Alexa, fino alle applicazioni più complesse come la diagnostica medica e la guida autonoma, l'IA è ovunque. Ignorare questa realtà significa ignorare una parte significativa del nostro presente e, soprattutto, del nostro futuro.

📌 Conseguenze economiche

Un rifiuto dell'IA comporta inevitabilmente delle conseguenze economiche rilevanti. Le aziende che adottano l'IA possono ottimizzare i processi produttivi, migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi, e offrire esperienze più personalizzate ai clienti. Se un'azienda decide di non abbracciare l'IA, rischia di essere superata dai concorrenti più innovativi. Questo può portare a una perdita di competitività sul mercato, riduzione dei profitti e, in casi estremi, al fallimento.

Anche a livello individuale, chi non acquisisce competenze nell'uso dell'IA potrebbe trovarsi in una posizione svantaggiata nel mondo del lavoro. Le competenze digitali e la capacità di interagire con sistemi intelligenti sono sempre più richieste. Non essere preparati significa limitare le proprie opportunità di carriera e, di conseguenza, il proprio potenziale economico.

📌 Impatti sociali

L'IA non è solo una questione economica, ma ha anche profonde implicazioni sociali. Può migliorare la qualità della vita in vari modi: dall'assistenza sanitaria personalizzata alla gestione delle città intelligenti, che rendono gli spazi urbani più sicuri ed efficienti. Rifiutare l'IA può significare perdere l'opportunità di migliorare il benessere collettivo.

Inoltre, c'è il rischio di creare un divario digitale ancora più profondo tra chi ha accesso alle tecnologie avanzate e chi no. Questo può portare a una maggiore disuguaglianza sociale, con una parte della popolazione che beneficia dei progressi tecnologici e un'altra che rimane indietro, incapace di accedere ai benefici dell'IA.

📌 Problemi etici e di sicurezza

Una delle ragioni per cui qualcuno potrebbe essere riluttante ad adottare l'IA riguarda le preoccupazioni etiche e di sicurezza. Tuttavia, ignorare l'IA non è la soluzione. È essenziale che ci sia una comprensione diffusa di come funziona l'IA e delle sue implicazioni per poter partecipare attivamente al dibattito su come regolamentarla. Se lasciamo queste decisioni nelle mani di pochi esperti senza una comprensione pubblica, rischiamo di non avere voce in capitolo sulle questioni che ci riguardano da vicino, come la privacy, la sicurezza e l'etica.

📌 L'IA come strumento di emancipazione

Non dobbiamo dimenticare che l'IA può anche essere uno strumento di emancipazione. Può democratizzare l'accesso alle informazioni, rendere l'istruzione più inclusiva e personalizzata, e fornire nuove opportunità a chi altrimenti sarebbe escluso dai circuiti tradizionali. Rifiutare l'IA è, in un certo senso, rifiutare queste possibilità di progresso e inclusione.

Ignorare l'Intelligenza Artificiale non è un'opzione praticabile se vogliamo prosperare in un mondo sempre più digitale. Le conseguenze di un rifiuto dell'IA sono ampie e profonde, toccando aspetti economici, sociali, etici e individuali. 
Per sfruttare al meglio le potenzialità dell'IA, è necessario un impegno collettivo per comprendere e adattarsi a questa tecnologia, garantendo che sia utilizzata in modo responsabile e inclusivo. 
Solo così potremo assicurare che l'IA lavori per tutti noi, migliorando la nostra qualità della vita e creando un futuro più equo e prospero.

martedì 18 giugno 2024

Il mio primo concerto di Renato Zero (parte 1)

Permettimi di trasportarti indietro nel tempo, a un'epoca magica e rivoluzionaria, quando la mia vita prese una svolta inaspettata grazie a un incontro che avrebbe segnato per sempre la mia esistenza. Era la notte di Capodanno del 1978, una notte che si sarebbe impressa nella mia memoria come il momento in cui conobbi uno dei miei idoli più grandi: Renato Zero. Da quel momento, le pareti della mia cameretta si riempirono dei suoi poster, ogni angolo decorato con immagini che raccontavano la sua stravaganza e il suo genio. Le sue canzoni divennero la colonna sonora dei miei giorni e delle mie notti, incantandomi con le loro storie e le loro melodie. Ma mancava ancora qualcosa di fondamentale: vederlo dal vivo, respirare la sua energia, immergermi nella sua magia.

L'occasione perfetta si presentò inaspettatamente. Renato Zero, con la sua genialità e il suo spirito ribelle, aveva acquistato un tendone da circo e lo aveva piazzato a Roma Eur. Quel tendone non era un semplice rifugio temporaneo; era un'icona di speranza e di rivoluzione, colorato come la bandiera americana, con stelle e strisce che promettevano avventure e sogni. Diventò il palcoscenico di una favola che sarebbe durata nel tempo, una favola che avrebbe catturato il cuore e l'anima di migliaia di persone.

Ricordo come se fosse ieri la mattina in cui partimmo. Io e alcuni amici ci alzammo molto presto, colmi di eccitazione e anticipazione. 
Le nostre abitazioni si trovavano dall'altra parte della città, e Roma, con la sua vastità e la sua complessità, ci sfidava ad ogni passo. Ma niente avrebbe potuto fermare il nostro entusiasmo. Renato Zero teneva due concerti al giorno nel suo tendone: uno il pomeriggio e uno la sera. Era un'impresa arrivare lì, ma la promessa di quel momento magico ci dava la forza di andare avanti. Dopo un viaggio che sembrò eterno, fatto di chiacchiere e risate, di sogni e aspettative, finalmente arrivammo.

L'atmosfera che ci accolse era un sogno ad occhi aperti. Nei pressi del tendone si aggiravano personaggi fiabeschi, vestiti di mascherine e lustrini, che aggiungevano un tocco di mistero e meraviglia a quella sera già speciale. Ragazzi e ragazze, con occhi pieni di curiosità e trepidazione, si preparavano ad assistere a uno spettacolo unico, offerto da un artista eccentrico ma profondamente umano. Le sue canzoni, già così amate, erano per noi fonte di sogno e riflessione, spingendoci a rompere gli schemi preconcetti di quella società che ci stava stretta. Ci sentivamo parte di un movimento, di una rivoluzione gentile che avrebbe cambiato il mondo con la musica e l'arte.

Con i biglietti in mano, il cuore che batteva forte, entrammo nel tendone. Era un vero circo, un luogo di magia e aspettativa, dove ogni dettaglio sembrava urlare che stava per accadere qualcosa di straordinario. Tutti noi attendevamo con ansia l'entrata in scena dell'uomo che, con la sua arte e la sua personalità unica, avrebbe incendiato i nostri cuori e ci avrebbe fatto volare: Renato Fiacchini, in arte Zero.

Questo era solo l'inizio di una notte indimenticabile. Nel mio prossimo scritto ti racconterò il concerto, le sensazioni, le emozioni travolgenti che provai quella sera, quando la musica di Renato Zero si fuse con i nostri sogni e le nostre speranze, creando un'esperienza che avrei portato con me per tutta la vita.

Preparati a un viaggio indimenticabile nel mondo di Renato Zero, un mondo fatto di musica, magia, e sogni che prendono vita sotto un tendone colorato, dove ogni nota è un passo verso un futuro migliore.

Restate sintonizzati, la storia continua...

lunedì 17 giugno 2024

L'arte di creare e rappresentare: espressione di un uomo attraverso il fare e l'essere

L'arte di creare e rappresentare è molto più che produrre opere fisiche; è un viaggio profondo che riflette l'anima e l'esperienza dell'uomo. Creare è un atto che unisce il fare e l'essere, due aspetti fondamentali dell'esistenza umana. Esploriamo insieme cosa significa per un uomo immergersi in questo processo.

Il fare: l'aspetto tangibile della creazione

Quando si parla di "fare", si fa riferimento all'atto concreto del creare. Che si tratti di pittura, scultura, scrittura, musica, o qualsiasi altra forma di espressione artistica, l'uomo utilizza le sue mani, i suoi strumenti e la sua tecnica per dare vita a qualcosa di nuovo. Questo processo tangibile è caratterizzato da diverse fasi:

1. L'idea: tutto inizia con un'idea. Può essere un'immagine fugace, un pensiero, un'emozione che l'artista desidera catturare e condividere. Questa fase è spesso ispirata da esperienze personali, osservazioni del mondo circostante o riflessioni interiori.

2. La pianificazione: prima di mettere mano agli strumenti, l'artista pianifica il suo lavoro. Questo può includere schizzi preliminari, stesura di bozze, scelta dei materiali e dei colori, o composizione di note musicali. La pianificazione è il momento in cui l'idea prende forma e si delinea la strada da seguire.

3. L'esecuzione: è la fase più visibile del processo creativo. Qui, l'artista mette in pratica le sue abilità, lavorando pazientemente per trasformare l'idea in realtà. 
Questo momento richiede concentrazione, dedizione e spesso anche una dose di coraggio per affrontare gli inevitabili ostacoli e incertezze.

4. La revisione: dopo aver completato un'opera, l'artista la osserva criticamente, apportando eventuali modifiche e miglioramenti. Questa fase può essere dolorosa, poiché implica riconoscere e correggere errori, ma è essenziale per raggiungere un risultato soddisfacente.

L'essere: l'identità e l'anima nell'arte

Oltre all'aspetto pratico del fare, l'arte di creare è intrinsecamente legata all'essere dell'uomo. Creare è un modo di esprimere la propria identità, di comunicare ciò che si è al mondo. Questo coinvolge diversi aspetti:

1. L'espressione personale: ogni opera d'arte è unica perché riflette l'individualità dell'artista. Attraverso la creazione, l'uomo esprime le sue emozioni, i suoi pensieri, i suoi valori e la sua visione del mondo. È un modo per dire "questo sono io" in un linguaggio universale che trascende le parole.

2. La liberazione: per molti, creare è una forma di liberazione emotiva. È un processo terapeutico che permette di affrontare e superare traumi, paure e ansie. Attraverso l'arte, si possono esplorare e rielaborare esperienze difficili, trovando pace e guarigione.

3. La connessione: l'arte permette di stabilire un legame profondo con gli altri. Le opere d'arte possono toccare le corde dell'anima degli spettatori, creando empatia e comprensione. Questo senso di connessione è essenziale per l'essere umano, che trova nell'arte un modo per sentirsi meno solo.

4. La crescita personale: il processo creativo è anche un percorso di auto-scoperta e crescita personale. Ogni sfida superata, ogni nuova tecnica appresa, ogni opera completata contribuisce a far evolvere l'artista non solo come professionista, ma anche come individuo.

L'armonia e la riflessione nell'arte di Mimino Miccoli

In questo contesto, ho l'onore ed il privilegio di avere come amico l'artista stattese dei mammocci, Mimino Miccoli. Con la sua arte e i suoi ideali, Mimino porta armonia e allo stesso tempo riflessione. Le sue opere, spesso ispirate dalla quotidianità e dall'infanzia, sono capaci di evocare una profonda serenità interiore. Attraverso i suoi mammocci, egli riesce a comunicare un messaggio di pace e innocenza, invitando lo spettatore a riflettere sulle bellezze semplici della vita e sulla purezza delle emozioni umane.

Mimino è un esempio vivente di come il fare e l'essere si fondano nell'arte. Ogni sua creazione è frutto di una meticolosa attenzione ai dettagli e di una straordinaria abilità tecnica, ma è anche intrisa di una sensibilità unica e di una profonda comprensione dell'animo umano. Le sue opere sono una testimonianza del potere dell'arte di creare connessioni, di suscitare emozioni e di stimolare riflessioni profonde.

Creare e rappresentare è una delle espressioni più nobili e profonde dell'umanità. Attraverso il fare e l'essere, l'uomo riesce a dare un senso alla propria esistenza, a comunicare con gli altri e a lasciare un'impronta nel mondo. L'arte di creare e rappresentare è un dono e una responsabilità, un percorso che arricchisce sia chi lo intraprende sia chi ha il privilegio di apprezzarne i frutti. E nell'opera di artisti come Mimino Miccoli, possiamo vedere chiaramente come l'arte possa portare armonia e riflessione, unendo tecnica e anima in un dialogo eterno.

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domenica 16 giugno 2024

Il tempo

Il tempo è uno di quei misteri che affascinano e inquietano allo stesso tempo. Scorre inesorabile, indifferente alle nostre preoccupazioni, alle nostre gioie e ai nostri dolori. Non possiamo fermarlo, non possiamo rallentarlo né accelerarlo. È come un fiume che scorre incessantemente verso il mare, portando con sé frammenti della nostra vita.

Quando guardiamo indietro, spesso ci sembra che il tempo sia volato. I momenti importanti, le decisioni cruciali, le piccole gioie quotidiane, tutto si mescola in un turbinio di ricordi. Eppure, quando viviamo quei momenti, spesso non ci rendiamo conto della loro importanza. Siamo presi dalla frenesia del presente, dalle preoccupazioni immediate, e il tempo ci scivola tra le dita come sabbia.

Il tempo che passa porta con sé cambiamenti inevitabili. Noi stessi cambiamo, maturiamo, invecchiamo. Ci sono le rughe sul viso, i capelli che diventano grigi, il corpo che non risponde più come una volta. Ma ci sono anche i cambiamenti interiori: le esperienze che ci plasmano, le lezioni che impariamo, le persone che incontriamo e che lasciano un segno su di noi.

C'è una certa bellezza nella consapevolezza del tempo che passa. Ci ricorda la nostra mortalità, la finitezza della nostra esistenza. E proprio per questo, ci spinge a vivere con più intensità, a dare valore ai momenti, a non rimandare a domani ciò che possiamo fare oggi. Il tempo è un maestro severo, ma imparare a viverlo pienamente è forse la lezione più preziosa che possiamo trarre dalla vita.

Penso a quante volte ci siamo trovati a rimpiangere di non aver fatto qualcosa, di non aver detto a una persona quanto teniamo a lei, di non aver colto un'opportunità. Questi rimpianti sono come cicatrici lasciate dal tempo. Ma invece di lasciarci paralizzare da essi, possiamo usarli come spinta per vivere il presente con più consapevolezza.

Il tempo che passa è un compagno silenzioso e ineluttabile. Possiamo vederlo come un nemico, lamentandoci per la sua inarrestabile corsa, o possiamo abbracciarlo come un alleato, usando ogni momento per costruire qualcosa di significativo. In fondo, è nelle nostre mani decidere come vivere il tempo che ci è dato. E forse, proprio in questa consapevolezza, possiamo trovare la nostra pace e il nostro scopo.

🪶 Il Grido del Silenzio

Non sempre i silenzi sono solo vuoti da riempire. A volte, gridano più forte di qualsiasi parola. È nei momenti di silenzio che ...