venerdì 12 aprile 2024

Democrazia o prove di totalitarismo?

📍 La destra al governo prima ha querelato giornalisti, scrittori, vignettisti, poi ha occupato i Tg e penalizzato giornalisti scomodi, adesso ha cambiato la par condicio per favorire il governo e oggi propone addirittura il carcere per i giornalisti.
La libertà di stampa e l'indipendenza dei media sono pilastri fondamentali di una società libera e democratica. 
Quando il governo cerca di soffocare le voci critiche e di controllare la narrazione mediatica, siamo di fronte a una minaccia seria alla democrazia stessa.
La storia ci ha insegnato che la libertà non è mai garantita e che dobbiamo costantemente lottare per preservarla. 
Il fatto che questi atteggiamenti autoritari siano stati accettati o sottovalutati dalla massa è preoccupante e ci ricorda l'importanza dell'educazione civica e della consapevolezza politica.
Citare Vittorio Foa è assolutamente pertinente.
-“Se aveste vinto voi io sarei in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”
Le parole di un uomo che ha lottato per la libertà e per i valori democratici sono sempre rilevanti, specialmente in momenti come questi. 
La differenza tra una democrazia e una dittatura è proprio nella capacità di accettare il dissenso e la critica senza perseguitarli.
È fondamentale che ognuno di noi faccia la propria parte nel difendere e promuovere la democrazia, sia attraverso la partecipazione politica attiva che attraverso il sostegno ai media liberi e indipendenti. 
La nostra voce conta e dobbiamo usarla per difendere i valori che crediamo siano fondamentali per una società giusta e libera.

giovedì 11 aprile 2024

Salvare l'Acquedotto del Triglio: un patrimonio storico da preservare

Nel cuore della provincia di Taranto, sorge un gioiello dell'ingegneria romana: l'Acquedotto del Triglio. Questo antico sistema idrico, che un tempo riforniva d'acqua la città di Taranto, rappresenta non solo una testimonianza storica, ma anche un simbolo di inestimabile bellezza che merita di essere salvaguardato per le generazioni future.

L'Acquedotto del Triglio, costruito durante l'epoca romana, è un esempio straordinario di ingegneria idraulica che ha resistito al trascorrere dei secoli, testimoniando la maestria e la precisione degli antichi romani nell'approvvigionamento idrico delle loro città. Le sue arcate imponenti, che si ergono con grazia e maestosità nel paesaggio circostante, sono un richiamo alla grandezza e alla perizia degli ingegneri di un'epoca passata.

Tuttavia, nonostante la sua importanza storica e il suo valore estetico, l'Acquedotto del Triglio è oggi minacciato dall'incuria e dal degrado. Le sue pietre, consumate dal tempo e dall'abbandono, sono soggette a deterioramento, mentre l'interesse per il suo restauro e la sua conservazione sembra essere limitato.

È giunto il momento che la comunità locale, insieme alle autorità competenti e agli enti preposti alla tutela del patrimonio storico, si impegnino con determinazione per salvare l'Acquedotto del Triglio. Questo non deve essere solo un obiettivo, ma una priorità assoluta.

La salvaguardia dell'Acquedotto del Triglio non è solo una questione di conservazione del passato, ma anche di promozione del turismo culturale e di valorizzazione dell'identità locale. Ripristinare e preservare questo monumento storico potrebbe avere un impatto positivo sull'economia locale, attrarre visitatori da tutto il mondo e offrire un'opportunità unica per apprezzare e comprendere la grandezza della civiltà romana.

Inoltre, il restauro dell'Acquedotto del Triglio potrebbe essere un'occasione per coinvolgere la comunità locale, offrendo opportunità di lavoro e formazione nel settore della conservazione del patrimonio storico e dell'archeologia. Questo non solo darebbe un nuovo impulso all'economia locale, ma anche un senso di orgoglio e appartenenza alla popolazione locale, che potrebbe vedere nel restauro dell'acquedotto un segno tangibile del rispetto per la propria storia e cultura.

Perché aspettare che l'Acquedotto del Triglio cada in rovina irreparabile prima di agire? È ora di unire le forze per garantire che questo tesoro storico e artistico non venga dimenticato, ma piuttosto preservato e valorizzato per le generazioni future. La nostra responsabilità è quella di proteggere e tramandare il patrimonio culturale che ci è stato consegnato, affinché possa continuare a ispirare e arricchire le vite di coloro che verranno dopo di noi.

lunedì 1 aprile 2024

Una serata di cultura e partecipazione: Presentazione del libro di Fulvio Colucci all'Arci di Statte

Nell'atmosfera vivace e densa di cultura dell'Arci di Statte, si è svolta una serata indimenticabile all'insegna della conoscenza e della partecipazione comunitaria. Il protagonista dell'evento, il rinomato giornalista Fulvio Colucci, ha presentato il suo libro, accompagnato dalla figura storica di Ciccio Cavallo, memoria viva del rione Tamburi di Taranto. Organizzato con maestria e determinazione dai coraggiosi giovani del "Comitato Gambe di Mazinga", l'incontro ha suscitato un interesse travolgente, trasformando l'Arci-tenda in un crogiolo di idee, proposte e emozioni.
La serata, nonostante il passare degli anni dal lancio del libro, ha mantenuto intatta la sua forza narrativa, offrendo spunti di riflessione e coinvolgimento per i presenti. La presenza massiccia di giovani ha dato un tocco di vitalità e speranza alla comunità stattese, dimostrando che la cultura e l'interesse per la storia industriale locale non sono patrimonio esclusivo delle generazioni più anziane, ma coinvolgono attivamente anche le nuove leve.
"ILVA football club", libro di Fulvio Colucci, con la sua vicenda che ha inciso profondamente sulla figura del cronista stesso, ha offerto agli spettatori un'occasione preziosa per comprendere meglio il contesto storico e sociale del territorio, oltre che per apprezzare il talento e la sensibilità dell'autore nel raccontare storie che restano impresse nella memoria collettiva.
L'entusiasmo palpabile nell'aria durante la serata ha trasmesso un messaggio chiaro: la cultura è un ponte che unisce le diverse generazioni, un faro di speranza per il futuro di Statte e delle comunità circostanti. L'impegno e la determinazione dei giovani del "Comitato Gambe di Mazinga" hanno dimostrato che, con passione e dedizione, è possibile promuovere eventi culturali di grande impatto e coinvolgimento, arricchendo il tessuto sociale e culturale del territorio stesso.
La presentazione del libro di Fulvio Colucci all'Arci di Statte è stata molto più di un semplice evento culturale; è stata un'esperienza che ha rafforzato il legame tra le persone, stimolando la riflessione e alimentando la speranza in un futuro migliore per tutti.

lunedì 25 marzo 2024

Il fenomeno Hikikomori: Esplorando le cause e le implicazioni dietro il ritiro sociale estremo

Il termine "Hikikomori" ha radici giapponesi e si riferisce a un fenomeno sociale in cui gli individui si ritirano completamente dalla società, isolandosi in casa per lunghi periodi di tempo, spesso senza alcun contatto sociale significativo. Questo comportamento estremo va oltre la semplice solitudine o l'introversia e si manifesta come una forma di isolamento totale e volontario. Esaminiamo più da vicino chi sono gli Hikikomori e le complesse ragioni dietro questo fenomeno sempre più diffuso.

Chi sono gli Hikikomori?

Gli Hikikomori sono principalmente giovani adulti, ma il fenomeno può coinvolgere individui di tutte le età e fasce sociali. Si stima che ci siano centinaia di migliaia di Hikikomori solo in Giappone, ma il problema non è limitato a questo paese; segni di ritiro sociale estremo sono stati osservati in varie parti del mondo. Questi individui spesso si chiudono nelle loro stanze, interagendo solo minimamente con la famiglia o evitandola del tutto, evitando anche qualsiasi forma di interazione sociale esterna, inclusi studi o lavoro.

Cause del fenomeno Hikikomori

Le cause del fenomeno Hikikomori sono complesse e spesso interconnesse:

1. Pressione sociale e culturale: In molte società, specialmente in Giappone, c'è una forte pressione per il successo accademico e lavorativo, e chi non riesce a soddisfare queste aspettative può sentirsi emarginato e inadeguato. Questa pressione può portare alcuni individui a ritirarsi completamente.

2. Problemi psicologici: Molti Hikikomori soffrono di disturbi psicologici come depressione, ansia sociale o fobia sociale. Il ritiro può essere un meccanismo di coping per affrontare queste difficoltà emotive.

3. Frustrazione e disillusione: Alcuni individui si ritirano a causa di una profonda frustrazione nei confronti della società o delle loro aspettative personali non soddisfatte. Questa sensazione di impotenza può portare al ritiro sociale come forma di protesta passiva.

4. Famiglia e relazioni disfunzionali: Ambiente familiare instabile, traumi infantili o relazioni conflittuali possono contribuire al desiderio di isolamento e ritiro dalla società.

5. Avanzamento tecnologico: L'avvento della tecnologia e dei social media può offrire agli Hikikomori un'alternativa seducente alla vita reale, permettendo loro di evitare l'interazione faccia a faccia mentre si immergono in mondi virtuali.

Implicazioni sociali ed economiche

Il fenomeno Hikikomori non solo ha gravi implicazioni per la salute mentale e il benessere degli individui coinvolti, ma anche per la società nel suo insieme. Il costo economico del mantenimento di un Hikikomori può essere significativo per le famiglie e per lo stato, mentre la perdita di potenziale umano rappresenta una sfida per la crescita economica e lo sviluppo sociale.

In conclusione, il fenomeno Hikikomori è un problema complesso che richiede una risposta multifattoriale. È necessario affrontare non solo le cause individuali del ritiro sociale, ma anche le strutture sociali e culturali che possono contribuire al fenomeno. Il sostegno psicologico, sociale ed economico è essenziale per aiutare gli Hikikomori a reintegrarsi nella società e a costruire una vita significativa e soddisfacente.

La nascita della telematica amatoriale in Italia e il luminoso percorso di PeaceLink

Negli annali della storia digitale italiana, la nascita della telematica amatoriale rappresenta un capitolo affascinante e vitale, un momento in cui le menti curiose e pionieristiche si sono unite per plasmare il futuro della comunicazione nel Bel Paese. 
Tra le molteplici storie di innovazione e creatività, emerge la luminosa saga di PeaceLink, un'organizzazione che ha segnato profondamente il panorama telematico italiano con la sua missione di pace, dialogo e impegno sociale.

I primi passi nella telematica amatoriale italiana
Negli anni '80, mentre il mondo si affacciava all'era digitale, in Italia si diffondevano timidamente le prime forme di comunicazione telematica. 
Le BBS (Bulletin Board System), precursori delle moderne piattaforme online, rappresentavano il crocevia virtuale dove gli appassionati di tecnologia potevano incontrarsi, scambiare messaggi e condividere conoscenze.
In questo contesto nasceva PeaceLink nel 1989, fondata da un gruppo di attivisti e visionari italiani con l'obiettivo di utilizzare la telematica per promuovere la pace, la non violenza e i diritti umani. 
PeaceLink si distingueva per la sua missione idealistica e il suo impegno per la costruzione di un mondo più giusto e solidale attraverso la comunicazione digitale.

La missione di PeaceLink: dialogo e partecipazione civica
PeaceLink si propose fin dall'inizio come un ponte virtuale per il dialogo interculturale e la partecipazione civica. Attraverso la sua rete di BBS e i servizi online, PeaceLink offriva agli utenti uno spazio sicuro e inclusivo dove discutere di temi come la pace, la giustizia sociale, l'ambiente e la cooperazione internazionale.
La piattaforma PeaceLink diventò presto un punto di riferimento per attivisti, intellettuali e cittadini impegnati, offrendo una voce agli emarginati e promuovendo la consapevolezza su questioni spesso trascurate dai media tradizionali.

L'eredità di PeaceLink
Nonostante il declino delle reti telematiche tradizionali con l'avvento di Internet e delle piattaforme sociali centralizzate, l'eredità di PeaceLink vive ancora oggi nei cuori e nelle menti di coloro che fanno parte di questa straordinaria avventura. 
La missione di pace e dialogo di PeaceLink continua a ispirare le generazioni successive di attivisti e tecnologi, dimostrando il potere trasformativo della telematica nel promuovere il cambiamento sociale e la solidarietà umana.
In un'epoca segnata da divisioni e conflitti, la storia di PeaceLink ci ricorda che la tecnologia può essere un'arma potente per la costruzione della pace e la promozione dei valori universali di giustizia, uguaglianza e rispetto reciproco. 
Che il leggendario percorso di PeaceLink possa continuare a risplendere come una stella guida nel firmamento della telematica italiana, illuminando il cammino verso un futuro di pace e prosperità per tutti.

martedì 19 marzo 2024

Riflessione

⏳️  Ci sono giorni nella vita in cui sembra che tutto si fermi, giorni in cui il peso delle responsabilità e delle sfide si fa sentire in modo particolarmente intenso. 
Sono quei giorni in cui ci si ferma e si riflette sul cammino fin qui percorso, sulle scelte fatte e su quelle che ci attendono.
È inevitabile, a volte, sentirsi travolti dalle difficoltà e dall'incertezza del futuro. Sono giorni in cui il silenzio sembra più assordante del solito, in cui le parole mancano e le emozioni si fanno più intense. 
È come se il mondo intorno rallentasse, mentre noi cerchiamo di dare un senso a tutto ciò che accade.
È in quei giorni che ci rendiamo conto della nostra umanità, della fragilità che ci contraddistingue e della forza che possediamo per affrontare le sfide che ci aspettano.
Non siamo stupidi, siamo solo esseri umani in cerca di significato e di equilibrio in un mondo in continuo movimento. E proprio in quei giorni così, possiamo imparare a riconoscere la bellezza nella vulnerabilità, nella consapevolezza che anche i momenti più difficili possono portare con sé preziose lezioni di vita.

lunedì 18 marzo 2024

Elezioni comunali e social.

📢🗳️ È tempo di elezioni comunali, e come sempre, i social media si riempiono di nuovi gruppi e pagine politiche! 
Ma perché succede questo fenomeno? 🤔 

Ecco alcuni motivi:
1️⃣ Visibilità e Attenzione: Le elezioni sono un momento cruciale per la politica locale, quindi i partiti e i candidati cercano di massimizzare la loro visibilità e raggiungere il maggior numero possibile di elettori. 
I social offrono un'opportunità senza precedenti per raggiungere un vasto pubblico con relativa facilità.

2️⃣ Coinvolgimento e Partecipazione: I gruppi e le pagine sui social sono luoghi ideali per coinvolgere i cittadini, consentendo loro di partecipare attivamente alla discussione politica, porre domande ai candidati e condividere le proprie opinioni. 
Questo senso di partecipazione può essere molto attraente per coloro che vogliono fare la differenza nella propria comunità.

3️⃣ Campagne di Sensibilizzazione: I gruppi e le pagine sui social possono essere utilizzati per informare gli elettori su questioni importanti, posizioni dei candidati e programmi elettorali. Questo può aiutare a educare gli elettori e influenzare le loro decisioni di voto.

4️⃣ Networking Politico: I social facilitano il networking tra attivisti politici, volontari e sostenitori. I nuovi gruppi e pagine possono diventare centri di coordinamento per le attività di campagna, e la mobilitazione dell'elettorato.

5️⃣ Controllo dell'opinione pubblica: I gruppi e le pagine sui social media consentono ai partiti politici di monitorare l'opinione pubblica, raccogliere feedback e reagire rapidamente alle tendenze emergenti. 
Questo può essere fondamentale per adattare le strategie di campagna elettorale e migliorare le probabilità di successo elettorale.

In sostanza, i nuovi gruppi e pagine sui social  durante le elezioni comunali sono il risultato di un mix di strategie di comunicazione, coinvolgimento politico e ricerca di visibilità. Sono uno strumento potente per i partiti e i candidati che cercano di raggiungere e coinvolgere gli elettori nella loro comunità.

domenica 14 gennaio 2024

Il ritorno di Trump: possibili impatti globali e la ridefinizione degli assetti mondiali

La prospettiva di un ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti solleva interrogativi cruciali riguardo ai possibili scenari mondiali che potrebbero svilupparsi. Una tale transizione di potere inevitabilmente spingerà il mondo a riconsiderare i suoi equilibri e ad adattarsi a nuove dinamiche.

Da un lato, sostenitori di Trump potrebbero vedere questa possibilità come un'opportunità di ripristinare politiche nazionali e consolidare l'approccio "America First". Ciò potrebbe portare a rinegoziazioni di accordi commerciali e un maggiore orientamento verso politiche interne, ma anche suscitare preoccupazioni per il protezionismo e la diminuzione della cooperazione internazionale.

D'altro canto, l'ascesa di Trump ha precedentemente generato incertezze nelle relazioni internazionali. Il suo approccio diretto e imprevedibile potrebbe portare a una riscrittura delle alleanze globali, con paesi che cercano nuove collaborazioni strategiche in risposta ai cambiamenti nella politica estera statunitense.

Gli equilibri mondiali potrebbero essere stravolti, soprattutto considerando il ruolo chiave degli Stati Uniti nella politica internazionale. Le tensioni commerciali e diplomatiche potrebbero intensificarsi, influenzando la stabilità economica e politica in molte regioni del mondo.

È cruciale sottolineare che le prospettive sull'impatto di un secondo mandato di Trump sono profondamente divergenti. Mentre alcuni vedono la sua leadership come un baluardo per la sovranità nazionale e la stabilità economica, altri temono un aumento delle divisioni globali e una minaccia per la cooperazione multilaterale.

Per concludere: il possibile ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti è destinato a suscitare reazioni contrastanti a livello mondiale. Il mondo si troverà di fronte alla sfida di adattarsi a nuove dinamiche, e solo il tempo potrà rivelare se questi cambiamenti saranno percepiti come benefici o dannosi per la comunità internazionale.

Il potere trasformante dell'amore e della carità

In un mondo spesso dominato da discordie e conflitti, la luce dell'umanità brilla nell'amore e nella carità. L'antica saggezza afferma che non c'è speranza nell'uomo se non nell'amore che soffoca l'odio e nella carità che annienta cupidigie, rancori e ingiustizie.

Guardando alla società contemporanea, la potenza di queste virtù etiche risplende come un faro di speranza. La ricchezza e il potere, pur essendo ambizioni comuni, si rivelano freddi e inerti senza la calda luce dell'amore. I potenti del mondo dovrebbero ricordare che la vera felicità non affonda le sue radici nella ricchezza o nel controllo, ma nell'atto di donare.

L'amore, nel suo più puro e nobile significato, diventa l'antidoto all'odio, il catalizzatore di relazioni umane più profonde e autentiche. Quando abbracciamo la compassione, essa diventa il filo conduttore che unisce le nostre vite, cancellando le barriere create da egoismo e pregiudizi.

La carità, un atto di generosità e condivisione, è il veicolo che sgretola le catene dell'avidità e dell'ingiustizia. Mentre il mondo può sembrare guidato da una corsa incessante verso il successo personale, è importante riconoscere il potere trasformativo della carità nel creare una società più equa e solidale.

I potenti, spesso avvolti nell'illusione del controllo, dovrebbero riflettere sulla lezione intrinseca alla semplicità di donare. La vera grandezza si trova nell'atto di donare senza aspettarsi nulla in cambio, nel riconoscere che la vera ricchezza è nel cuore generoso, non nel portafoglio colmo di monete.

E mentre la vita giunge al suo termine, la morte diventa un rimorso per chi non ha aperto il proprio cuore alla compassione. La vita offre innumerevoli occasioni per seminare l'amore e la carità, ma spesso siamo ciechi di fronte a queste opportunità, perse nel vortice della frenesia quotidiana.

L'essenza della speranza risiede nell'umanità che abbraccia l'amore e la carità. Che ognuno di noi possa essere ispirato a coltivare questi doni preziosi, affinché il nostro cammino sulla terra possa essere illuminato dalla luce radiante di un cuore aperto e compassionevole.

sabato 13 gennaio 2024

Riflessioni sulla gestione delle manifestazioni e le disparità di trattamento

In un contesto politico complesso e polarizzato, le recenti disparità di trattamento tra manifestanti hanno sollevato interrogativi sulla gestione delle espressioni ideologiche. Mentre il paese affronta sfide cruciali come lavoro, salari e ospedali, emerge un dibattito sulla diversità di approcci verso chi celebra l'antifascismo e chi partecipa a commemorazioni legate al passato fascista.

Da un lato, vediamo la prontezza con cui le autorità rispondono a chi urla "Viva l'Italia antifascista" alla Scala, richiedendo documenti identificativi immediati. Dall'altro, centinaia di partecipanti a commemorazioni fasciste sembrano sfuggire a una simile attenzione.

Queste discrepanze sollevano interrogativi sulla coerenza e sulla necessità di una gestione equa delle manifestazioni. Il contesto politico potrebbe giocare un ruolo nella percezione delle minacce, ma è fondamentale riflettere su come garantire la sicurezza senza compromettere la libertà di espressione.

Misteri apparenti emergono nel confronto tra le reazioni della DIGOS, evidenziando la complessità delle dinamiche sociali e politiche. Mentre alcuni vedono nelle disparità un riflesso della "nuova destra", altri potrebbero chiedersi se la sicurezza sia effettivamente bilanciata in modo equo.

In definitiva, la riflessione su come gestire le manifestazioni e trattare le diverse espressioni ideologiche diventa essenziale per costruire una società coesa e inclusiva. La discussione su questi temi può contribuire a un dialogo più ampio sulla democrazia, la sicurezza e la convivenza pacifica. Indipendentemente dalle divergenze, rimane univoca l'affermazione "Viva l'Italia antifascista", sottolineando la necessità di preservare i valori democratici.

L'Infinito dialogo dell'amicizia: Oltre il silenzio e l'assenza

L'amicizia è un legame intriso di un dialogo eterno, persistente anche quando gli sguardi non si incrociano, quando i passi non si incontrano, e le parole non si pronunciano. Ogni riunione con un amico non fa che cancellare il silenzio, rimuovere l'assenza, e ricostituire un dialogo che apparentemente potrebbe sembrare perduto, ma che in realtà non è mai stato interrotto.

Il tempo, soprattutto quello interiore, non conosce scalfitture, non si slabbra, né si incrina, nonostante le intermittenze misurate dalla clessidra della vita. Il linguaggio del silenzio, in questi momenti, ritorna a manifestarsi come il linguaggio della parola. Un linguaggio che si esprime nei volti, si riflette negli occhi e si materializza negli sguardi.

Le riunioni con gli amici diventano, dunque, dei rituali magici in cui il tempo si piega alla forza dell'amicizia. Le risate condivise diventano il collante che tiene insieme i frammenti temporali, cancellando ogni traccia di distanza o separazione. E in quei momenti, il linguaggio del silenzio si traduce in abbracci, sorrisi, e sguardi che narrano storie senza bisogno di parole.

Il significato profondo di un'amicizia risiede nella capacità di superare le barriere del tempo e dello spazio. È un dialogo che persiste al di là delle convenzioni temporali e delle distanze fisiche. Gli amici diventano custodi di un linguaggio universale, fatto di comprensione reciproca e connessione profonda.

L'amicizia si rivela come un'esperienza senza tempo, un dialogo che continua a vibrare anche nei silenzi, un linguaggio che trova espressione nei volti che si illuminano al ritorno di un amico. In questo costante rinnovarsi del dialogo, l'amicizia si afferma come un tesoro eterno, capace di resistere alle prove del tempo e di rivelare la sua vera essenza ogni volta che gli amici si ritrovano.

Educazione e responsabilità sociale: Il ruolo chiave del fare rispettare le regole

Viviamo in un mondo in cui l'educazione non dovrebbe limitarsi al semplice rispettare delle regole, ma dovrebbe estendersi anche al prezioso compito di incoraggiare gli altri a comportarsi correttamente. Questo principio, spesso trascurato nella società contemporanea, riveste un'importanza fondamentale nel tessuto della buona convivenza.

L'autorevolezza della buona educazione non si limita solo a essere esemplari cittadini, ma si esprime anche nel nostro impegno a fare rispettare le regole stabilite. Questo secondo aspetto, purtroppo, è spesso trascurato e sottovalutato, come dimostrano le frasi comuni come 'Ma di cosa ti impicci?', 'Lascia perdere' o 'Vivi e lascia vivere'.

Questo atteggiamento di non reagire attivamente agli abusi, grandi o piccoli che siano, ha creato una sorta di abitudine a tollerare comportamenti scorretti. È giunto il momento di sfidare questa mentalità e riconoscere che la buona educazione non è solo una questione di comportarsi bene personalmente, ma anche di promuovere un ambiente in cui gli altri siano ispirati a fare lo stesso.

L'educazione e il rispetto delle regole sono fondamentali per una società sana e funzionante. Le regole, quando rispettate e applicate da tutti, fungono da collante sociale, creando un terreno comune in cui ciascun individuo può prosperare. Fare rispettare queste regole non è solo un dovere civico, ma anche un atto di altruismo che contribuisce a coltivare una cultura della responsabilità reciproca.

In un contesto in cui l'indifferenza e la reticenza sono all'ordine del giorno, dobbiamo riscoprire il valore dell'azione e della partecipazione attiva. Se vogliamo un mondo in cui la buona educazione sia la norma e non l'eccezione, dobbiamo abbracciare il compito di non solo comportarci bene, ma anche di incoraggiare gli altri a seguire il nostro esempio.

Soltanto un impegno collettivo nel fare rispettare le regole può sgretolare l'abitudine all'indifferenza e ai piccoli abusi che minano la nostra società. La buona educazione, quindi, non è solo una questione personale, ma un contributo attivo alla costruzione di un ambiente in cui tutti possano prosperare e vivere in armonia.

venerdì 12 gennaio 2024

Viaggio nostalgico tra gli anni '80 e '90: La dolce malinconia dei ricordi

Negli occhi di chi ha vissuto la propria gioventù tra gli anni '80 e '90, si riflette una dolce malinconia, un insieme di ricordi che tessono il filo della nostalgia. Quei tempi sembrano lontani, ma il loro richiamo è potente, portandoci indietro in un'epoca di semplicità e spensieratezza.

Gli anni '80 e '90 sono stati un'epoca d'oro, caratterizzata da musica iconica, moda eccentrica e una cultura pop che ha plasmato una generazione. Le cassette musicali e i walkman erano i compagni di viaggio, mentre le immagini sfocate delle VHS riempivano i salotti delle famiglie.

Le strade erano animate da skateboard e pattini a rotelle, i videogiochi arcade facevano battere i cuori nei centri commerciali e le prime console di gioco davano vita a avventure virtuali indimenticabili. La cultura hip-hop stava nascendo, e la breakdance animava le strade delle città.

La moda era una miscela di colori sgargianti, jeans strappati e giacche di pelle. Non c'era nulla di più iconico di un paio di sneakers Air Jordan o una tuta da ginnastica con strisce laterali.

La TV ci offriva un rifugio, con sitcom indimenticabili e cartoni animati che ancor oggi risvegliano un sorriso. I telefilm ci facevano sognare mondi fantastici, mentre i film diventavano classici intramontabili che oggi sono ancora citati con affetto.

Ma è nella semplicità di quei giorni che risiede la vera magia. Le amicizie sincere, i pomeriggi passati a giocare senza preoccupazioni, le lunghe chiacchierate telefoniche, e le lettere scritte a mano. Le fotografie stampate raccontano storie che nessun album digitale potrà mai catturare completamente.

Oggi, mentre guardiamo indietro con occhi intrisi di nostalgia, possiamo sorridere e apprezzare il calore di quei ricordi. La vita potrà essere frenetica e digitale, ma c'è qualcosa di unico e irripetibile nell'atmosfera degli anni '80 e '90. Una dolce malinconia che ci accompagna, rendendo quegli anni un tesoro prezioso nel cassetto dei nostri ricordi.

giovedì 11 gennaio 2024

De André. 25 anni dalla sua scomparsa

Fabrizio De André è stato un cantautore italiano, nato il 18 febbraio 1940 a Genova e scomparso il 11 gennaio 1999. La sua carriera musicale è stata segnata dalla profondità delle sue canzoni, spesso influenzate dalla poesia e dalla letteratura.

De André iniziò la sua carriera negli anni '60, distinguendosi per la capacità di mescolare parole e melodie in maniera unica. Il suo album del 1971, "Non al denaro non all'amore né al cielo", è considerato un capolavoro, con brani come "Bocca di rosa" e "La canzone di Marinella".

La sua musica spaziava tra il folk, il blues e il cantautorato, affrontando temi come l'ingiustizia sociale, l'amore e la vita quotidiana. Tra gli album più celebri figurano "Fabrizio De André volume 1 e 2", "Storia di un impiegato" e "Creuza de ma".

Oltre alla sua carriera musicale, De André si distinse per la sua personalità schiva e la sua attitudine critica nei confronti della società. Nella sua carriera, spesso mise in luce il lato oscuro dell'esistenza umana attraverso le sue canzoni, rendendolo una figura iconica della canzone d'autore italiana.

Storie inedite sono sempre interessanti, ma è importante sottolineare che la vita di Fabrizio De André è stata oggetto di attenta analisi. Tuttavia, alcune anecdote potrebbero non essere ampiamente conosciute. Ad esempio, si racconta che durante la registrazione di "La canzone di Marinella", il suo chitarrista, Luigi Tenco, si fosse presentato in studio con una rosa in bocca, ispirando così il titolo della canzone.

La nascita del Servizio Sanitario Nazionale italiano: Una rivoluzione per la salute pubblica

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano, istituito nel 1978, rappresenta un capitolo cruciale nella storia della sanità italiana. Prima di questa riforma, l'accesso alle cure mediche dipendeva spesso dalla situazione economica dei cittadini, creando disuguaglianze nell'assistenza sanitaria.

La spinta per la creazione del SSN emerse da diverse sfide sociali ed economiche del dopoguerra. Nel secondo dopoguerra, l'Italia stava attraversando un periodo di trasformazione economica e sociale, con una crescente consapevolezza dell'importanza della salute pubblica.

Uno degli obiettivi principali del SSN era garantire l'uguaglianza nell'accesso alle cure mediche per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro posizione sociale o dal reddito. La riforma intendeva superare il sistema precedente, basato su assicurazioni private e servizi sanitari locali, che spesso escludeva fasce di popolazione vulnerabili.

Il 23 dicembre 1978, con l'approvazione della legge istitutiva del SSN, l'Italia inaugurò un nuovo capitolo nella sua storia sanitaria. La legge stabiliva che la salute fosse un diritto fondamentale di ogni individuo e che lo Stato aveva il compito di garantire l'accesso alle cure mediche a tutti i cittadini.

Il SSN implementò un sistema di finanziamento basato su tasse e contributi obbligatori, assicurando un'ampia copertura sanitaria per l'intera popolazione. Le regioni italiane ebbero un ruolo chiave nell'organizzazione e nell'erogazione dei servizi, contribuendo a personalizzare l'assistenza in base alle esigenze locali.

Questa riforma ha portato a notevoli miglioramenti nella salute pubblica. L'aspettativa di vita è aumentata, le malattie infettive sono state meglio controllate e la copertura sanitaria è diventata più accessibile. Nonostante le sfide e le critiche, il SSN rappresenta un pilastro della società italiana, incarnando il principio che la salute è un diritto di tutti.

In conclusione, il Servizio Sanitario Nazionale italiano è nato da una consapevolezza crescente dell'importanza della salute pubblica e dalla volontà di superare le disuguaglianze nell'accesso alle cure mediche. La sua istituzione nel 1978 ha segnato un passo significativo verso un sistema sanitario più equo e inclusivo, un patrimonio che continua a sostenere la salute e il benessere della nazione.

mercoledì 10 gennaio 2024

Il ponte e la vita

La vita è come un ponte sospeso nel mistero, avvolto dalla nebbia dell'incertezza. Attraversarlo implica affrontare le sfide senza conoscere appieno la destinazione finale. Nonostante le insidie lungo il cammino, è la determinazione a mantenere saldo il passo che rende questo viaggio così avvincente. L'importante è persistere, afferrare coraggio e continuare a camminare, consapevoli che le difficoltà fanno parte del percorso, rendendoci più forti mentre avanziamo verso l'ignoto.

martedì 26 dicembre 2023

Il Tempo: Un Viaggio attraverso ricordi e rimpianti

Nel tessuto sottile della vita, il tempo si dipana come un fiume incessante, portando con sé il carico dei ricordi e dei rimpianti. Le ore sfuggono veloci, mentre i ricordi li rincorrono, inseguendo una corsa senza fine.

I ricordi, frammenti di esperienze passate, danzano nelle sinuose strade della memoria. Alcuni brillano come gemme preziose, altri si perdono nell'oscurità dei recessi dimenticati. Sono fili intrecciati nel tessuto del tempo, creando una trama unica e personale che definisce chi siamo.

Tuttavia, accanto ai ricordi si ergono i rimpianti, sentieri tortuosi che sfuggono alla nostra volontà di dimenticare. Sono i "se" e i "ma" che solcano la mente, la consapevolezza di scelte passate che avremmo potuto prendere diversamente. Eppure, questi sentieri, sebbene irti di dolore, sono parte integrante dell'essere umano, spingendoci a riflettere, crescere e migliorare.

Il tempo, con la sua marcia inesorabile, non conosce tregua. È un fluire costante che non si può fermare. Ciò che possiamo fare è abbracciare il momento presente, trovare conforto nei ricordi positivi e imparare dai rimpianti. È in questo equilibrio tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere che troviamo la chiave per vivere appieno il presente.

L'arte della saggezza sta nel comprendere che il tempo è un bene prezioso, una risorsa da impiegare con saggezza. Vivere nel passato o perdere energie nel rimpianto non fa che privarci dell'opportunità di godere del qui e ora.

In definitiva, il tempo è il nostro compagno di viaggio, un maestro che ci insegna la transitorietà della vita e la bellezza dell'istante presente. Attraverso i ricordi e i rimpianti, impariamo, cresciamo e continuiamo il nostro cammino nel flusso eterno del tempo.

sabato 4 novembre 2023

Trovata in rete

Guarda guarda cosa ho trovato in rete. Storia datata, ma questa cosa spero di farla leggere a mio figlio perchè desidero che lui capisca cosa è stata la telematica primordiale in Italia.

“Quando apri i giornali […]
ti viene una gran rabbia.
A quel punto
o tiri un oggetto contro il muro
o ti metti a scrivere.
Io mi metto a scrivere”
Andrea Camilleri 

“Vi terrò informati sulla vicenda;
per quanto mi sarà possibile,
e fino a quando sarò in grado di farlo...
credetemi, da come si stanno mettendo le cose,
temo che presto giungerà anche la mia ora...”
Messaggio spedito da una BBS
durante le retate di Polizia e Finanza, 1994

“Le streghe hanno smesso di esistere
quando noi abbiamo smesso di bruciarle”
Voltaire

1. Introduzione. La fiducia radicale
Non avrei mai creduto che un giorno Time – il primo settimanale al mondo – mi nominasse “Uomo dell’anno”.
Ovviamente, i redattori di Time non sanno neanche che io esisto come individuo, mentre mi conoscono perfettamente come “categoria di persone”.
Gli utenti che contribuiscono alla crescita collettiva della Rete sono l’uomo dell’anno per il 2007. “You”, dice la copertina del settimanale, e raffigura un computer pronto per l’upload di un video, esattamente quel gesto demonizzato in Italia per molte settimane da pensosi editorialisti, educatori angosciati, politici in vena di repressione.
Uomo dell’anno non sarà mai il ministro dell’Istruzione Fioroni, un democristiano grigio che interpreta morale, religione e difesa del fanciullo come  palle al piede dell’umanità.
Fioroni farebbe un’ottima figura negli anni bui della repressione fascista, o in quelli del fondamentalismo democristiano che amava sorvegliare, punire e guardare alle novità con pretesca diffidenza.
I Fioroni stanno male in questo millennio che offre quotidianamente novità tecnologiche che permettono comunicazioni rapide, veloci, multipolari. E ci stanno malissimo i regimi a cui lui si ispira, come la Cina, per i quali non bastano più le retate contro le tipografie, le incursioni della polizia politica, le schedature dei sovversivi.
Oggi occorrono filtri basati su algoritmi, scansioni di keyword ribelli, euristiche sofisticate, e tutto questo non basterà perché l’attivismo in rete non ha confini.
Il buon Fioroni, e non è il solo, ritiene che il proprietario di un sito sia anche responsabile civilmente e penalmente dei suoi contenuti, ed in base a questo semplice assunto Fioroni dovrebbe finire in tribunale per diffusione di materiale pedo-pornografico.
Sì, perché per alcuni giorni, nel novembre del 2006,  il blog di questo triste cattolico timorato di Dio e del sesso ha diffuso i link a qualunque forma di perversione concepibile dalla mente umana, e questo perché il suo blog, come tutti i blog, era aperto ai contributi degli utenti, senza filtro, e gli utenti hanno contribuito spesso nel bene, questa volta nel male.
Ma nessun poliziotto ha bussato a casa del ministro. Non così è avvenuto per i responsabili di Google Italia, due cittadini Usa conviti di lavorare in un paese dell’Europa moderna e non in una landa di talebani informaticamente analfabeti.
Non così è avvenuto per le centinaia di attivisti, amatori, appassionati di telematica e delle sue immense potenzialità di comunicazione libertaria. Ogni novità, ogni passo in avanti è stato “festeggiato” con retate, processi, persino pedinamenti ed informative dei servizi segreti.
Leggeremo di frigoriferi ispezionati, tappetini del mouse sigillati dalla Magistratura della Repubblica italiana, servizi segreti mobilitati contro i temibili modem a 1200 baud, pacifisti condannati a tre mesi di galera per un vecchio Word senza licenza.
Fotogrammi della fantascienza italiana che si ripropone con cadenza periodica e che contraddice i tromboni della politica che blaterano di “innovazione e ricerca”, per poi ostacolare in ogni modo chi di questo vive ogni giorno.
***
“Neutralità della rete” è un argomento che sta infiammando il dibattito negli Usa ed è qualcosa che riguarda da vicino il nostro futuro. Avete mai sentito un tg parlarne, un politico accennarvi?
La neutralità della rete indica il non intervento dei provider di connettività (Telecom, Fastweb, etc.) rispetto all’uso che gli utenti fanno della banda acquistata.
Una rete non neutrale può essere orientata dalle aziende rispetto alle proprie finalità commerciali, ma anche dai governi rispetto ai propri obiettivi.
Una rete orientata può affossare lo sviluppo del Voip, il telefono a basso costo che terrorizza i gestori dei cellulari. Può bloccare la Iptv orizzontale e prodotta dal basso che manderebbe in pensione Rai e Mediaset. Una rete orientata è parzialmente controllabile da regimi dittariali e ministri democristiani.
Si tratta di una campagna cruciale, su cui si stanno impegnando gli attivisti in tutto il mondo proprio mentre il Parlamento italiano discuteva un grottesco progetto di legge sul “permesso dei genitori” per caricare filmati su Internet.
Del resto, negli Usa circola un’espressione importante, radical trust , che indica un atteggiamento fondamentale per lo sviluppo di una rete che raggiunga tutte le proprie potenzialità.
La sfiducia radicale è invece quel morbo che abbiamo ereditato dalla società contadina e che ci fa guardare con diffidenza e letale prudenza alle novità.
Ho vissuto sulla mia pelle le limitazioni, gli ostacoli, le ondate di scettiscimo che hanno accompagnato la crescita della telematica.
Le osservazioni tese a sminuire, i giochetti finalizzati a trovare a tutti i costi “il lato negativo” delle nuove tecnologie e persino le sterili contrapposizioni tra la “virtualità” delle reti e la “viva materialità” del mondo reale, dell’incontro in carne ed ossa, della compresenza, come se non usassimo da decenni il telefono e come se mandare una mail impedisse di incontrarsi un’ora dopo.
Alienante era la parola di moda, perché il cittadino medio inscatolato nel traffico dell’ora di punta, ucciso da lavori ripetivi, impieghi fantozziani, mansioni massacranti, inebetito dai grandi fratelli e dai telequiz improvvisamente diventava un alienato nell’uso dell’unico strumento interattivo che si trovava, quasi per caso, di fronte.
***
Tanti pregiudizi sono svaniti, ed oggi appaiono ridicoli ricordi. Eppure la rete ha il difetto di non fermarsi mai, cresce alla velocità della luce specie da quando l’open source e la filosofia della condivisione hanno dimostrato che se colleghiamo un milione di persone, ed ognuna senza sforzo mette su un mattoncino, si costruisce la grande muraglia in men che non si dica.
Potremmo fare di tutto: l’enciclopedia più grande del mondo, un film collaborativo, l'editoria su richiesta, un giornale che ogni mattina arriva nelle case, la televisione che ancora non c’è.
Ed, invece, siamo ancora qui a scrivere di quel triste ministro cattolico che vuole imitare la censura cinese.
2. California University
Se la California è un mito, Berkeley è la sua Università. Il luogo centrale della contestazione studentesca statunitense, dei primi esperimenti di informatica libera, ma anche un punto di riferimento per la cultura mondiale.
Gli scienziati di Berkeley hanno inventato il ciclotrone, scoperto l'antiprotone, hanno avuto un ruolo importante nello sviluppo del laser, hanno spiegato i processi sottostanti la fotosintesi, hanno isolato il virus della poliomielite.
Nei laboratori di informatica nacque BSD (Berkeley Software Distribution), una delle varianti originarie di Unix, alla base di una delle due famiglie principali di sistemi operativi liberi attualmente più diffusi, da cui oggi deriva Apple Darwin, il cuore unix di Mac OS X.
Una stella polare per i sostenitori del software libero di tutto il pianeta. Era il 1977, e la prima versione fu rilasciata come codice sorgente su un nastro. In Italia non si sapeva pressoché nulla di questes cose. Nel 1983, il sistema includeva già il supporto TCP, lo stesso protocollo che oggi rende possibile Internet. Negli stessi anni, la Sip investiva “intelligenze” e risorse sul “Videotel”, una specie di Televideo su rete proprietaria, garantendo che quello sarebbe stato il futuro e non le stravaganti reti che progettava l’America.
Berkeley è nota anche per l’attivismo studentesco. Il Free Speech Movement (Movimento per la Libertà di Parola) - una protesta che iniziò quando l'università cercò di espellere gli elementi più politicizzati dal campus - è del 1964. Nello stesso anno, le rivolte di People's Park (Parco del Popolo) inauguravano la protesta studentesca che sarebbe dilagata in tutto il mondo negli anni successivi, inventando la controcultura hippie.
Oggi Berkeley è la prima università ad utilizzare Google Video in maniera istituzionale. Le lezioni sono riprese e diffuse sulla piattaforma che permette a chiunque di caricare filmati, condividerli col mondo, includerli nei propri siti.
L’università della California è completamente integrata con la comunità che la circonda e da sempre è attenta alla diffusione della conoscenza a livello extra universitario: ha spesso avviato iniziative per l’intera comunità e non solo per gli studenti iscritti.
In questo quadro si inserisce l’iniziativa, annunciata il 26 settembre 2006, di rendere disponibili su Google Video contenuti didattici di anatomia, biologia, ingegneria, storia, letteratura, scienza e tecnologia. Più di 250 ore di lezione fruibili da chiunque, in qualsiasi parte del mondo, ma soprattutto gratuitamente.
Già nell’aprile del 2006 l’università californiana aveva iniziato questo processo di “knowledge sharing” grazie ad un Free Podcast dei corsi su iTunes, la piattaforma di Apple conosciuta per la possibilità di acquistare gratuitamente Mp3 ma che ha potenzialità molto più vaste.
Fra tutte le lezioni a disposizione è da segnalare “Search Engine Tecnology and Business”, che dura 40 minuti ed è tenuta – in jeans e maglietta - da Sergey Brin, co-fondatore di Google. [1]
Fine della gita californiana e ritorno a casa. Telecom è un elefante perennemente in crisi, tra Tronchetti Provera, crisi finanziarie, debiti, giochetti con società ad incastro, stolide passioni pallonare, manager “trendy” amanti della bella vita, incursioni alla ricerca di protezioni politiche e sforzi volti al mantenimento di ferrei monopoli privati.
Dopo Olivetti, non esiste alcuna società informatica italiana degna di questo nome. E come se non bastasse, c’è pure voglia di mettere freni a ciò che arriva da oltre Oceano. Il modello del ministro dell’Istruzione è la Cina delle censure.
La storia della telematica italiana è stata punteggiata da retate, indagini, sequestri, procedimenti penali contro chiunque fosse un po’ più avanti degli altri, colpa non prevista dal codice penale ma evidentemente vigente di fatto in un paese dove la diffidenza contadinesca nei confronti del nuovo contagia politici, magistrati, giornalisti, parte consistente di una classe dirigente arretrata e limitante.
Il panorama della telematica di base, degli esperimenti spontanei, del volontariato informatico che spesso crea progressi essenziali era vivo e ricco nel passato. Oggi appare stremato ed impaurito, perché troppe volte innovazioni importanti sono state “premiate” con una sgradevole visita a domicilio della Polizia postale.
Le principali innovazioni arrivano oggi dalla California, dalla Cina, ma anche dall’India, dal Sudafrica, dal Brasile, dalla Svizzera. La classe politica in genere le ignora, per poi proporre modelli come quello pechinese di controllo e repressione.
 
3. Concorso in diffamazione aggravata
Il 24 novembre del 2006 sarà ricordato come una data storica per la Rete. Due responsabili della divisione italiana di Google finiscono sotto inchiesta con l’accusa di “concorso in diffamazione aggravata”, lo stesso tipo di reato riservato al direttore di una testata per omesso controllo. Il motivo è il video pubblicato su Google in cui un ragazzo down di Torino viene picchiato da coetanei.
Nonostante la pronta rimozione del video stesso da parte di Google, avvenuta a pochi giorni dalla pubblicazione, la onlus “Vivi Down” ha sporto denuncia per diffamazione e il PM Cajani di Milano ha persino disposto la perquisizione dell'azienda.
Gli accertamenti in quella sede sarebbero dovuti alle necessità di individuare il domicilio dei manager Google, due cittadini statunitensi, nonché di approfondire le modalità con cui i video vengono pubblicati dagli utenti (informazioni reperibili nella pagina web dedicata alle domande frequenti).
A dare corpo all'azione potrebbe essere intervenuta una recente e celebre sentenza del Tribunale di Aosta che equipara la responsabilità dei gestori di siti a quelle di un direttore responsabile, applicando per analogia la legge sulla stampa alla rete. La legge risale a molti decenni fa, e la rete funziona in maniera del tutto diversa rispetto alla carta stampata, come vedremo.
Anziché discutere di un nuovo sistema di regole adatto ai tempi ed alle situazioni, si preferisce adattare maldestramente l’esistente. Le conseguenze sono e saranno disastrose.
Secondo Guido Camera, avvocato di “Vivi Down”, “è un passo avanti importante, perché può contribuire a mettere chiarezza nel mondo di Internet. La decisione della Procura di Milano è corretta in fatto e in diritto”. [2]
In realtà, di fronte alle novità tecnologiche magistratura e forze di Polizia hanno avuto sempre un atteggiamento punitivo e sospettoso. Sequestro ciò che non capisco bene. Fino a pochi anni fa venivano messi i sigilli alle BBS, bacheche elettroniche collegate tra loro con chiamate interurbane che anticipavano e creavano l’ossatura di Internet. Cosa cercavano gli uomini della polizia postale che sequestravano floppy disk di plastica, stampanti ad aghi, tappetini del mouse, apparecchi da Scuola Radio Elettra? Non si sa bene ancora oggi.
Probabilmente, i vecchi pionieristici SysOp (i gestori delle BBS, tutti volontari ed a spese proprie) ebbero una sola imperdonabile colpa: arrivarono da soli e prima degli altri.
Da allora le azioni repressive furono molteplici: i server di Peacelink, che ospita notizie su pace e ambiente, furono sequestrati con azione degne dell’Interpol, l’FBI fece un blitz a Londra contro Indymedia, la campagna antipedofili scatenò una caccia alle streghe.
 Poi il mostro divenne il P2P (peer to peer), i nuovi letali nemici erano gli mp3 ed il download pirata della musica, quindi è stata la volta di Sky e dei suoi diritti Tv sulla serie A che ha portato ai processi contro “criminali” colpevoli di inserire semplici link a canali cinesi.
Una storia lunga e qualche volta tragica, che col passare degli anni appare sempre più grottesca.
4. La triste storia del Videotel
Un’orrenda scatoletta di plastica, costosissima e poco utile. Una mostruosità nata vecchia. Il Videotel della SIP, con procedure complesse (era necessario noleggiare un apposito apparecchio con monitor monocromatico a terminale da 9 pollici) e costose (canone di abbonamento più costi di consumo telefonico), fu un sonoro fallimento, nonostante che gli equivalenti Prestel (Inghilterra) e Minitel (Francia) fossero stati all’epoca un successo.
La storia del Videotel è paradigamatica ed interessante, istruttiva ed utile. Ricorda quanto è avvenuto di recente con il digitale terrestre: lo Stato promuove una tecnologia già morta per favorire alcuni interessi ed ignora sistemi molto più avanzati e diffusi nel mondo.
La trasmissione dei dati avveniva a 1220 baud in ricezione ed a 75 baud in trasmissione, quindi un formato fuori standard per i modem.
Ebbe pochissimi abbonati e sparì prima ancora dell’avvento di Internet. Tuttavia ci fu un picco di diffusione quando in Italia alcuni hacker scoprirono l'algoritmo di generazione delle password, riuscendo così ad addebitare al proprietario della password l'intero costo dei servizi utilizzati. Inoltre molti utenti riuscivano a collegarsi alla rete tramite "l'adattatore telematico" per Commodore 64.
Lo scontro tra i sostenitori del Videotel (quasi sempre istituzionali) e quelli delle BBS, volontari ed appassionati della società civile fu subito nettissimo.
Oggi appare quasi patetica la posizione del monopolista delle comunicazioni, la svista epocale che fece bruciare alla telematica italiana almeno un decennio, ma allora non era così.
Uno dei protagonisti di quello scontro racconta:
“Il 28 ottobre 1991 nasceva ufficialmente la rete telematica PeaceLink: sono passati esattamente dieci anni. Frugando nell’archivio ho trovato uno ‘storico’ articolo del Corriere del Giorno con cui si annunciava: ‘Singolare iniziativa denominata PeaceLink’”.
Ventidue scuole di Taranto e provincia ricevevano una ‘password’ per inserirsi nella rete telematica appena creata.
 
“Non tutti percepirono l'assoluta novità dell’evento, anzi nessuna delle scuole che ricevette la password si collegò alla rete. Infatti dieci anni fa le scuole erano collegate al Videotel in quanto la vecchia SIP puntava tutto su tale sistema telematico che già allora apparteneva all'archeologia tecnologica; tanto per fare un esempio non si poteva neppure memorizzare su dischetto l'informazione che appariva su uno schermo minuscolo (il Videotel visualizzava solo linee di 40 caratteri).
 
Eppure il Videotel veniva offerto con un canone e dei costi notevoli. Per creare poche decine di pagine informative su Videotel occorreva spendere più di venti milioni. E per collegarsi on line c'erano tariffe paragonabili a quelle dei telefonini oggi. Di Internet allora non si conosceva neppure il nome.
 
PeaceLink invece ‘viaggiava’ in rete offrendo gratuitamente servizi tecnologicamente più evoluti rispetto alla SIP. Chi dava informazioni e chi le leggeva non doveva pagare pedaggio, la comunicazione era libera. Tuttavia le scuole usavano il Videotel e il Ministero della Pubblica Istruzione lo proponeva come modello per il futuro. Tre anni dopo il Videotel morì di stenti. Tutto ciò non ha bisogno di commenti. PeaceLink si trovava a quel punto in netto vantaggio tecnologico e ciò veniva visto con stupore e con sospetto da chi aveva compiti di controllo e di intelligence.
 
[…]  Potevamo inserirci già nel 1991 in un circuito nazionale e mondiale prima ancora che fosse disponibile in Italia la rete Internet, cosa che avvenne poi tra il 1994 e il 1995.” .
5. “Da allora niente fu più come prima”
Crackdown è una intraducibile parola inglese che racchiude in un unico vocabolo il significato di crollo, attacco, disfatta, distruzione, smantellamento, colpo di grazia.
“Italian Crackdown” [4] è appunto il titolo del libro di Carlo Gubitosa, uno degli animatori di Peacelink, che racconta la storia di una serie interminabile di sequestri, censure, perquisizioni, intimidazioni e violazioni dei diritti costituzionali, avvenuta nel più totale disinteresse dei media e della politica, che nel maggio 1994 ha messo in ginocchio le reti autogestite e autofinanziate.
Uno dei protagonisti ci racconta il Crackdown italiano:
“Quando nei primi anni '90 Internet era ancora uno strumento di nicchia, riservato esclusivamente alle comunità scientifiche, in Italia era capillarmente diffusa la cosiddetta telematica amatoriale, gestita da giovani volontari, amanti della sperimentazione informatica e della comunicazione. Questi pionieri della comunicazione elettronica aprivano, senza fini di lucro, Bulletin Board System (BBS), nodi telematici, collegati più o meno permanentemente ad una linea telefonica.
Mediante un modem ed un semplice programma di comunicazione, un qualsiasi privato poteva collegarsi ad una delle tante BBS esistenti, e, una volta registratosi, prelevare i files di pubblico dominio che il SysOp, l'operatore del sistema, metteva a disposizione sul proprio nodo.
La maggior parte delle BBS aderivano ad una o più Reti Telematiche, circuiti virtuali, descritti da nodelist, che consentivano, su ciascuna rete, un prezioso scambio di messaggi tra gli utenti finali. Diventava così possibile che un messaggio, scritto da un utente, su un qualsiasi nodo, venisse distribuito in una notte sull'intero territorio nazionale, grazie al sofisticato meccanismo automatico di chiamate notturne via modem, che permetteva lo scambio dati tra i nodi di una stessa rete, secondo un preciso modello gerarchico (nodi nazionali, regionali e locali).
I messaggi, organizzati per aree tematiche (conferenze echomail), erano fondamentalmente di due tipi: orientati al tecnico (software , sistemi operativi, modem, etc) o a discussioni più o meno impegnate ( chat, cinema, musica, politica, etc).
Agli occhi di un moderno cyber-utente potrebbe apparire qualcosa di antico e rudimentale, ma era il germe, l'essenza di una comunicazione semplice e diretta, fatta da persone che scrivevano per il piacere di esserci, di comunicare, di conoscersi per quello che erano e non per quello che apparivano. Sicché queste reti telematiche si trasformavano con enorme facilità in vere e proprie reti umane.
Di reti telematiche ve n'erano tante in Italia. La più importante, FidoNet, diffusa su scala mondiale ed il cui modello era clonato in varie nazioni, possedeva il grande merito di aver portato la telematica amatoriale in Italia, ma il grosso difetto di essersi spesso chiusa a riccio verso realtà che non aderissero ad una certa omologazione comportamentale, rispettosa di burocrazie e gerarchie a volte soffocanti.
Paradossalmente fu proprio FidoNet, famosa per le sue rigide regole interne contro la pirateria informatica, la maggiore vittima del primo spaventoso CrackDown italiano.
 
Accadde infatti che l'11 maggio 1994 venissero emessi 173 mandati di perquisizione con avviso di garanzia e disposizione di sequestro di beni relativi, per un'operazione giudiziaria contro la pirateria e la frode informatica.
L'incriminazione era quella di associazione per delinquere finalizzata alla diffusione di programmi per computer illegalmente copiati ed utilizzo fraudolento di chiavi d'accesso per entrare in elaboratori di pubblica utilità, in merito ai reati di duplicazione illegale di software a fini di lucro e criminalità informatica (Leggi n. 518 del 29 dicembre 1992 e n. 547 del 23 dicembre 1993).
Un solerte procuratore della repubblica di Pesaro, tal Gaetano Savoldelli Pedrocchi, aveva condotto un'inchiesta, che individuava, come indiziati, due duplicatori nonché commercianti abusivi di software. Il caso volle che questi pirati fossero anche utenti di BBS, motivo per il quale ai due era stata sequestrata la lista delle banche dati a cui erano soliti collegarsi: da tale lista, sulla base di collegamenti "apparsi illegali" e seguendo probabilmente le ramificazioni di qualche nodelist, il procuratore decise di ordinare alla Guardia di Finanza un gran numero di decreti di perquisizione, da eseguire su tutto il territorio nazionale: era partito il primo Italian Crackdown, che, a causa del coinvolgimento di molte BBS Fido, fu denominato Fidobust.
Lo stesso 11 maggio, la Guardia di Finanza di Torino, su istanza della locale Procura della Repubblica (P.M. Cesare Parodi), ordinò alcune perquisizioni, questa volta molto più precise e mirate, conclusesi con la segnalazione all'Autorità Giudiziaria di 14 responsabili di BBS pirata, alcune delle quali praticavano effettivamente un indecente mercimonio di software duplicato abusivamente.
Il danno materiale e morale, soprattutto a causa dell'indagine partita da Pesaro, fu incolmabile: i sequestri furono effettuati ovunque e con modalità differenti, a seconda del livello di impreparazione tecnica di chi aveva il compito di svolgere l'operazione. Il più delle volte furono sigillate tutte le apparecchiature elettroniche, dal computer fino alla stampante; molti SysOp furono privati delle macchine che utilizzavano anche per lavorare o studiare e qualche zelante esecutore arrivò in alcuni casi a sigillare i tappetini del mouse. Infine il panico fu totale per quelle famiglie nelle quali molti giovani SysOp ancora vivevano, adolescenti la cui unica colpa era stata quella di coltivare con passione il proprio hobby telematico.
La sensazione generale fu quella di un tentativo di gestire con la violenza della forza quel sistema di comunicazione che sfuggiva alla possibilità di un ferreo controllo: quando un SysOp raccontò che a casa sua i finanzieri si erano presentati per l'ispezione con un depliant della BSA (Business Software Alliance), una associazione nata da un accordo tra potenti multinazionali dell'informatica e della telecomunicazione, si capì subito chi fossero i reali mandanti di questa grossolana operazione, che solo col tempo dimostrò la sua totale imprecisione ed ingiustificata aggressività.
Il paradosso di tutta la vicenda fu che l'ondata di sequestri fece del tutto saltare un'inchiesta parallela, condotta dalla Criminalpol in collaborazione con persone della stessa FidoNet, consentendo a molte vere BBS pirata, nei giorni successivi al blitz, di cancellare con rapidità ogni possibile traccia della propria attività clandestina.
Il giocattolo si era purtroppo rotto: alcuni SysOp chiusero i propri sistemi, per paura di ulteriori ingiuste indagini, altri ridussero al minimo il proprio impegno. Quel periodo fu veramente angosciante: chi, come il sottoscritto, gestiva una BBS (Dark Globe), seguiva lo scandire dei giorni nella speranza di non ritrovarsi in casa, per il solo fatto di appartenere a qualche rete telematica, un manipolo di incompetenti, pronti a sequestrare tutto il possibile.
 
Personalmente decisi di rimanere, e lo feci con la forte convinzione che la comunicazione non poteva essere uccisa da un giudice inesperto; quel giudice non aveva alcun diritto di entrare nel mio privato, alla ricerca di presunti illeciti, brutalizzando in modo tanto rozzo e selvaggio i fortissimi legami di amicizia che avevo costruito col tempo, insieme a molte persone del mondo telematico.
Quel legame era la prova concreta di quanto fosse vero che con la telematica era possibile superare la barriera comunicativa del chiudersi in sé e di esso devo ancor oggi ringraziare la rete PNet, che aveva alimentato in me la forte passione per la telematica amatoriale.
Ricordo che, nei primissimi giorni successivi all'ondata di sequestri, si collegò al mio sistema, fatto del tutto inusuale, Alfonso Martone, responsabile PNet. Mi chiamò frettolosamente in chat e con una domanda un po' ermetica mi scrisse: "Tutto a posto?". "Si perché?" - risposi - e lui di seguito "guarda che nell'area messaggi CyberPunk la tua BBS è comparsa in un elenco di quelle chiuse a seguito dell'ispezione della guardia di Finanza!" Feci un salto dalla sedia. Gli confermai che non avevo subito alcun sequestro e cercai di spulciare subito i messaggi della CyberPunk per capire cosa fosse stato scritto. […]
6. Voce a chi non ha voce
E' giusto a tal proposito ricordare la struggente storia di Massimiliano Fiorenzi, SysOp di Sidanet Information, malato di AIDS, il quale aveva deciso di utilizzare tutte le sue forze per allestire un nodo che avesse fatto da archivio informativo per tutte le notizie e gli articoli che fosse riuscito a raccogliere, relativi a quella terribile malattia. Fino ai suoi ultimi giorni di vita, Massimiliano proseguì la preziosa attività di archiviazione e catalogazione di materiale sull'AIDS: il nome di Fiorenzi rimase per sempre nella nodelist PNet, in sua memoria.
Erano questi i primi vagiti di una telematica che voleva crescere: qualcuno aveva intuito le enormi potenzialità offerte dallo strumento telematico e provava a calarlo in nuovi contesti, fino ad allora scarsamente esplorati.
Nello stesso periodo, parliamo di fine '92, era stato portato avanti un altro esperimento per certi versi più organico e meno anarchico: la rete PeaceLink. Sul modello dell'area messaggi peacelink, distribuita da FidoNet fin fal '91, Giovanni Pugliese, Marino Marinelli ed Alessandro Marescotti decisero di fondare una rete eco-pacifista, a cui avrebbero potuto aderire tutti coloro che si fossero riconosciuti nei valori del volontariato, della solidarietà e della pace.
Il tentativo era quello di creare un ponte telematico che raccogliesse le voci del frammentario mondo dell'associazionismo pacifista italiano. Un altro obiettivo era quello di fare da cassa di risonanza per le denunce dei cittadini, che non trovavano spazio nei luoghi dell'informazione omologata dei media tradizionali: lo slogan che rappresentava questo intento era quello di "dare voce a chi non ha voce".
Fu proprio Taras Communication di Giovanni Pugliese, nodo centrale della rete PeaceLink, che ormai contava circa 60 BBS sparse sull'intero territorio nazionale, l'oggetto del più ignobile sequestro che la storia della telematica italiana ricordi.
Già nel mese di Maggio, a seguito del Crackdown, Giovanni Pugliese aveva ricevuto una serie di ingiurie e minacce telefoniche assolutamente inspiegabili.
Il 3 Giugno 1994, come ben racconta Carlo Gubitosa, il capitano Antonio Cazzato, della Guardia di Finanza di Taranto, inviava alla Procura della Repubblica di zona una richiesta di perquisizione della banca centrale della rete telematica PeaceLink.
 
La documentazione della Guardia di Finanza di Taranto, una sconcertante raccolta di ridicoli sospetti, basati sulla genericità ed imprecisione delle affermazioni di una "fonte affidabile" e l'assoluta mancanza di riscontri oggettivi, fu sufficiente a far scattare la perquisizione ai sensi dell'art.247 del C.P.P.: dell'inchiesta divenne titolare il Dott. Benedetto Masellis, pubblico ministero della Procura della Repubblica, presso la Pretura Circondariale.
Il decreto di perquisizione fu immediato: la Procura, acquista alle 15.30 la richiesta, lo emise dopo solo un'ora ed il capitano Cazzato fece partire le auto dei suoi uomini per Statte. Alle ore 17, presso lo stabile di Giovanni Pugliese, iniziò una capillare perquisizione gestita da un gruppo di finanzieri in divisa ed armati. Una rapidità impressionante, che portò al sequestro di tutte le apparecchiature del nodo centrale di PeaceLink.
A Pugliese venne contestata un'inverosimile attività illecita di riproduzione e vendita, tramite costosi abbonamenti, di programmi per computer. Il 4 Giugno, pur non essendo stato rinvenuto dai finanzieri nulla che potesse far pensare ad un lucroso traffico di software duplicato, nel verbale di sequestro venne riportato che si intuiva "un utilizzo commerciale della banca dati Taras Communication".
Ricordo che, il giorno successivo al sequestro, ebbi modo di parlare a voce con Enrico Franceschetti, SysOp responsabile del nodo campano Henry 8th di PeaceLink, a cui afferiva la mia BBS. Enrico era un SysOp pacato e poco incline a facili dietrologismi, per di più avvocato civilista di professione: eppure in quella situazione convenimmo sul fatto che quel sequestro nascondesse finalità squisitamente politiche, pur non comprendendone la reale natura.
La chiusura del nodo centrale di Taras provocò il blocco di tutta la rete PeaceLink. Ma se l'intento era quello di chiudere la bocca alla rete, l'effetto fu nullo. Il 13 giugno Banana's BBS, un nodo di Parma, gestito da Graziano Silvani, si offrì di sostituire Taras, ed in pochissimo tempo la rete cominciò nuovamente a funzionare.
Alla notizia del sequestro fioccarono numerose interrogazioni parlamentari e pervennero numerosi messaggi di solidarietà da parte di esponenti politici (tra cui va ricordato quello dell'europarlamentare Alex Langer) e della società civile, diretti a Pugliese ed alla rete PeaceLink, per la meritoria attività di informazione pacifista fino ad allora svolta.
Il 29 ottobre del '94, valendosi della preziosa collaborazione di Valerio Russo, che manteneva aperta una finestra sul mondo politico, Giovanni Pugliese organizzò a Roma, presso il salone ARCI, in via dei Mille, il primo convegno PeaceLink, presenti tra gli altri tutti i più importanti SysOp impegnati nell'ambito telematica sociale. Ho un bellissimo ricordo di quella giornata, nella quale Giovanni Pugliese, durante il proprio intervento, raccontò ad una platea di oltre 200 persone la sua paradossale vicenda.
In quell’occasione ed in successivi incontri, ebbi modo di conoscere da vicino Giovanni, e la sensazione fu quella di una persona di grande umanità, che, con PeaceLink, aveva creduto profondamente e col giusto senso pratico in quegli ideali di pacifismo e convivenza civile che erano i principi costitutivi del suo network.
Al convegno Di Blasi presentò una bozza di legge sulla tutela delle BBS, elaborata insieme a Pugliese, Marescotti ed Auer, nella quale si chiedeva tra l'altro la possibilità di registrare le BBS presso un albo; la necessità, in caso di sequestro, di investigazioni preventive a mezzo telematico; il divieto di sigillare gli strumenti informatici oggetto di una indagine, se indispensabili per attività lavorative; la necessità di far condurre indagini telematiche a personale qualificato; la concessione dell'accesso a conferenze echomail solo ad utenti identificabili, in modo che i SysOp non fossero responsabili del contenuto dei messaggi in transito sul proprio nodo; la tutela dell'anonimato; la possibilità dell'uso di messaggi crittografati tra utenti; la diffusione libera di versioni obsolete di software, protette da copyright ma non più reperibili nei normali punti di vendita. Molte di queste proposte anticipavano quelle che sarebbero state le tendenze legislative ed interpretative delle leggi, nell'ambito del diritto in rete.
7. Inquinatori di pubblica opinione
Nella stessa giornata, intervenne al convegno Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa, il quale rivelò agli astanti che nella sala erano presenti agenti dei servizi di sicurezza: “Facciamo un applauso - esortò scherzoso - a questi fedeli servitori dello stato”.
Qualcosa di nuovo stava effettivamente accadendo. Il 3 agosto 1994 "La Repubblica" aveva già riferito, in un articolo, della relazione semestrale sui servizi segreti, nella quale si affermava che "nelle reti informatiche mondiali transitano informazioni e disinformazioni capaci di inquinare l'opinione pubblica, di creare sfiducia e paura".
Nei mesi successivi al sequestro l'inesauribile Pugliese riallestì il suo sistema, attivando oltretutto un gateway con Internet, che consentì di esportare le aree tematiche di PeaceLink sotto forma di mailing list: era il primo passo di una lontana ma progressiva transizione verso la rete delle reti.
A quei tempi molti SysOp speravamo che la telematica delle BBS potesse resistere all'ondata Internet o che un giusto bilanciamento tra tecnologia Internet e tecnologia FidoNet evitasse di stravolgere più di tanto la telematica amatoriale. Ma quel primo piccolo passo verso Internet era un doloroso quanto lungimirante avvicinamento al futuro ed alla sopravvivenza tecnologica di PeaceLink: in fondo ciò che più contava non era lo strumento o la forma, ma il contenuto veicolato.
Il 6 ottobre di quell’anno accadde qualcosa che mise in preallarme i SysOp più attenti: la BBS Rozzano di Davide Valenti, appartenente al circuito EuroNet, riceveva una visita degli agenti della Digos e, nonostante il sistema fosse zeppo di software Copyright duplicato (ma per scopi nel seguito dichiarati, dal pretore milanese di competenza, "senza fini di lucro"), gli agenti si mostrarono fortemente interessati non a quel software, ma alle aree messaggi contenenti corrispondenza criptata in PGP, sulla base di una indagine per presunto traffico di codici d'accesso. Per la prima volta, in assenza di una precisa legge sulla privacy, si indagava nell'ambito della crittografia e della corrispondenza privata.
Il 28 febbraio dell'anno successivo, siamo ormai nel '95, squadre dei Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale Anticrimine, posero sotto sequestro, nell'ambito di un'ispezione più ampia, il personal computer su cui girava BITs Against The Empire BBS, nodo telematico delle reti CyberNet e FidoNet.
Ciò avveniva su mandato di perquisizione emesso dalla Procura della Repubblica di Rovereto, che ipotizzava il reato di “associazione con finalità di eversione dell'ordine democratico” (art. 270 bis CP).
Il nodo conteneva una vasta documentazione relativa all'uso sociale delle nuove tecnologie, al circuito dei CSA (Centri Sociali Autogestiti italiani), alle autoproduzioni, nonché a centinaia di riviste elettroniche pubblicamente disponibili sulle reti telematiche di tutto il mondo: in 10 giorni, dietro istanza di dissequestro, tutto il materiale fu restituito ed il nodo poté riaprire.
Nel frattempo, a fine giugno, rete PeaceLink si trasformò da associazione di fatto ad associazione registrata, in modo da consentire una più facile tutela dei propri diritti.
Il 19 Settembre '95, Banana's BBS, nodo di Silvani che aveva meritoriamente sostituito Taras nel periodo del Crackdown, fu visitata da agenti della Digos: questi lo invitarono a dichiarare il proprio sistema presso la prefettura e lasciarono intendere che l'intera rete PeaceLink era soggetta ad un attento monitoraggio.
Del resto da un po' circolavano con insistenza voci relative a schedature puntuali dei SysOp "più in vista", appartenenti alle reti PeaceLink, CyberNet e PNet, sulla base di un filone di indagini parallelo che intendeva monitorare da un lato l'estremismo di stampo neo-nazista, dall'altro, nel caso delle reti sopra citate, i comportamenti dell'estremismo radicale di sinistra.
Era ormai chiaro, come ebbe a scrivere nel seguito Alessandro Marescotti, che da tempo "agenti dell'antiterrorismo e dei servizi segreti tallonavano PeaceLink ed i loro attivisti, temendo che fosse un pericoloso centro di attività pacifista". Questo tallonamento sembrava essersi perfino tradotto nel tentativo di introdurre informatori all'interno della rete, nella speranza che si potessero ricavare interessanti informazioni riservate, funzionali a quei filoni di indagine.
Non v'era ormai dubbio che il sequestro di Taras ed i controlli della rete erano stati un malcelato tentativo di zittire uno strumento di libertà, nell'incapacità di comprenderne fino in fondo la natura e nel sospetto che fosse il volano di attività di pericoloso antagonismo sociale.
8. Vandali di Stato
Il 19 dicembre 1995, il Centro Sociale Leoncavallo di Milano denunciò un atto di "polizia giudiziaria" che, con un raid avvenuto alle 6.30 di mattina, da parte di "un ingente contingente di polizia e carabinieri mascherati", provocò la totale devastazione del centro stesso, in esecuzione di due procedimenti giudiziari: "il primo riguardava il sequestro delle strutture per l'allestimento di concerti all'interno del centro ed il secondo perquisizioni ed arresti cautelari per sostanze stupefacenti.".
Oltre alle consuete operazioni di perquisizione e sequestro delle strutture, furono compiute "gravi e violente azioni" nei confronti di militanti del Leoncavallo e delle strutture non soggette a sequestro. Durante queste azioni vandaliche, particolare ferocia venne esercitata all'interno della sede del collettivo ECN (European Counter Network ), che si occupava di comunicazione telematica e della gestione della BBS del Leoncavallo, e che, in quel periodo, stava lavorando per connettere ad Internet i centri sociali. Una decina di computer, rimessi a nuovo o acquistati negli ultimi due anni, "furono distrutti, i video sfondati e imbrattati di vernice, gli chassis delle macchine presi a calci o coperti di orina, le tastiere bloccate dal silicone".
A metà dicembre del '95 il computer che gestiva a Taranto il nodo centrale di PeaceLink subì un disastroso crash, che bloccò la rete per alcuni giorni. L'attività riprese per un paio di settimane finché Giovanni Pugliese non ebbe modo di contattarmi, per chiedere se fossi stato disponibile a spostare a Napoli il nodo centrale della rete.
In quelle settimane Giovanni aveva impegnato tutte le sue energie in una campagna di ricerca di aiuti su Internet, nel tentativo di salvare la vita al piccolo Gian Marco, bambino affetto da una rara e devastante forma di leucodistrofia (avrei avuto occasione di provare un brivido sulla schiena, nel vedere Gian Marco dal vivo in occasione del secondo convegno PeaceLink, tenutosi a Statte a fine Ottobre del successivo anno).
 
Quel terribile guasto del computer di Taras, insieme alle inevitabili ripercussioni di una logorante attesa per l'esito delle indagini del sequestro ed all'impegno profuso per Gianmarco, lo avevano spossato, impedendogli di portare avanti con continuità la gestione tecnica della rete.
Alla richiesta di Giovanni non potei rispondere di sì, in quanto sul mio nodo non v'erano slot temporali sufficienti per consentire ai nodi regionali di PeaceLink lo scambio della posta. Ebbi però la fortuna di contattare un altro SysOp napoletano, Davide Pagnozzi di Editel BBS, che offrì piena e generosa disponibilità purché, mi disse, "vieni a casa mia e configuri tutto tu, perché io ho iniziato da poco e non sarei in grado di portare avanti questa cosa da solo".
Con Davide fu fatto un lavoraccio incredibile, anche per recuperare tutti i nodi regionali ignari del nuovo cambio. Ma ancora una volta, il 7 gennaio del '96, PeaceLink era in vita: Davide avrebbe gestito, tramite EdiTel, la messaggistica tradizionale ed io mi sarei occupato del gateway con Internet.
Da allora in poi PeaceLink sarebbe rimasta stabilmente a Napoli, prima con la gestione centrale della posta, ancora oggi con il server Internet dedicato ad Alex Langer.
Il colpo di grazia rete PeaceLink lo subì però il 26 febbraio del '96, quando a Giovanni Pugliese fu notificato un assurdo decreto di condanna penale per i fatti del sequestro e senza alcun dibattimento, perché il reato era "perseguibile d'ufficio". Un poco competente "perito fonico", dopo ore ed ore di analisi del contenuto dell'Hard Disk del computer di Pugliese, aveva alla fine rilevato la presenza di un Word senza licenza d'uso, tra l'altro preinstallato e dunque neppure duplicabile o diffondibile per via telematica.
Era crollato il castello di menzogne su cui era stato costruito il movente del sequestro della BBS di Giovanni, eppure veniva emessa una condanna di 3 mesi di reclusione più il pagamento di una multa di 500 mila lire e delle spese processuali. Fu un insulto verso l'impegno sociale di PeaceLink: "chi osava denunciare per il bene comune, malefatte e quant'altro di negativo vi potesse essere nel nostro paese, sapeva ora bene a cosa andava incontro".
Giovanni Pugliese presentò immediatamente appello, sia perché era mancato il dibattimento, sia perché la copia ad uso personale di un programma destinato alle attività di una associazione di volontariato era cosa ben diversa dal commercio a fini di lucro.
L'ultima dura spallata alla telematica amatoriale arrivò nel maggio del '97. Questa volta si apriva un nuovo filone, che sarebbe stato, negli anni successivi, motivo di rilancio per le attività della Polizia Postale: la pornografia minorile.
Qualche avvisaglia c'era già stata il mese di aprile, quando un SysOp, che consideravo persona di una gentilezza quasi mortificante, mi contattò lasciandomi intendere che era stato sottoposto ad una indagine per pedofilia, pregandomi però di non divulgare la notizia.
Ebbene, l'8 maggio fu inesorabilmente confermato quel filone d'indagine: 18 nodi, tra cui alcuni critici per la rete FidoNet, furono chiusi. Dopo qualche mese, l'istruttoria, che aveva impegnato gli agenti della Polizia Postale dal Nord al Sud dell'ltalia, si tramutò nell'ennesima bolla di sapone. Peccato che quell'indagine ed i titoli vergognosamente scandalistici dei giornali, così come era avvenuto durante il primo Crackdown, avevano già rovinato la reputazione degli indagati, gettando su di loro il marchio dell'infamia e del sospetto.
 
In quell'occasione finalmente FidoNet si rese disponibile ad aprire un'area tematica dedicata ai problemi telematici ed al coordinamento tra operatori di diversi network. Purtroppo era un po' tardi: l'Internet di massa era alle porte e molti SysOp FidoNet, in seguito a quell’ennesimo incidente, chiusero per sempre le loro BBS.
Il seguito è la storia di una lenta agonia, che vide la telematica amatoriale consumarsi progressivamente nel tempo, o convertirsi, migrare ed il più delle volte disperdersi su Internet; questa storia ebbe il suo punto di non ritorno nel 2000, anno in cui la telematica amatoriale delle BBS poteva considerarsi pressoché scomparsa.
Oggi che la tecnologia lo permette, tutto è diventato più semplice. Per aprire una mailing list o allestire una pagina web bastano cinque minuti; eppure molti legami di quel tempo si sono dispersi nel nulla, tra il narcisismo telematico di un blogger o la incomunicabilità verbale di un newsgroup. Solo certe comunità virtuali, che in quegli anni avevano ben seminato, resistendo alle cannonate dei crackdown e maturando esperienza nella palestra delle BBS, conservano ancora il proprio spazio ed il proprio ruolo, dimostrando nei fatti una sorprendente vitalità e la giustezza di certe scelte iniziali.
Epilogo. La sentenza di assoluzione definitiva per Giovanni Pugliese arrivò solo il 21 gennaio 2000: l'Associazione PeaceLink e tutta la telematica pacifista italiana poterono celebrare l'assoluzione con formula piena, attesa per sei lunghi anni. Vicende recenti dimostrano però quanto le voci libere della telematica di volontariato diano ancora molto fastidio e quanto sia ancora forte la volontà di zittirle. [5]

9. Crociate contro le reti libere
La mattina del 27 giugno ‘98 la Polizia Postale di Bologna prelevava  un intero computer su ordine del Pubblico Ministero della Procura di Vicenza. Si trattava del server dell'associazione Isole nella Rete, corrispondente all'indirizzo pubblico www.ecn.org.
Un sequestro preventivo ipotizzante il reato di diffamazione continuata ai danni di una agenzia di viaggi, a causa di un messaggio web inserito da un collettivo di Vicenza, fedele trascrizione di un volantino stampato su carta e normalmente distribuito in pubblico.
Questo messaggio è stato originariamente inviato a una delle liste di discussione ospitata dal server di Isole Nella Rete e successivamente - in modo automatico come normalmente avviene - pubblicato sul web.
L'ordine di sequestro dell'intero server ha comportato il blocco di un servizio utilizzato da migliaia di utenti italiani, tra l'altro del tutto estranei alla vicenda che ha portato a ipotizzare il reato di diffamazione, e che si sono visti improvvisamente privati del loro mezzo di comunicazione.
L'ordine di sequestro non e' stato convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) e il server e' stato quindi finalmente restituito la mattina del 2 luglio.
Tuttavia, durante il sequestro il computer e' rimasto per diversi giorni nei locali della polizia. Sul disco fisso erano memorizzati dati su centinaia di persone e collettivi del movimento antagonista. Questi dati, formalmente tutelati dalla legge sulla privacy, potrebbero in qualche modo essere stati letti da estranei.
 
La vicenda ha avuto scarsa eco sui media italiani, ma è stata invece citata dall’Herald Tribune e dal  Washington Post:
“In Italy, meanwhile, authorities created a parallel flap when Bologna police seized the equipment of a nonprofit Internet provider they said had engaged in "prolonged defamation" of a travel agency. The provider said the reference was to a call for a boycott based on the travel agency's ownership; supporters of Kurdish rights said the business was owned by the family of the former Turkish prime minister, Tansu Ciller.” [6]
Il 2001 fu invece l’anno della crociata contro la pedofilia su Internet. Qualche anno dopo si sarebbe scoperto che “il male” si annidava tanto in rete quanto in luoghi insospettabili, come rispettabili appartamenti di famiglie perbene e tranquille parrocchie di quartiere. Ma per lunghi mesi sembrava che il più grande strumento della condivisione della conoscenza mai inventato dall’essere umano servisse solo per tendere trappole ai nostri innocenti pargoli.
Una delle perle di questa crociata casereccia è stata l’accusa rivolta al Comune di Roma: esalta la pedofilia.
Su Romacivica.net che, come tutte le reti civiche del mondo ospita sui suoi server associazioni, gruppi, soggetti di ogni tipo, erano state rinvenute pagine curate dall’associazione AVANA, che riproducevano, alcune pagine del libro “Lasciate che i bimbi… Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe”. [7]
Nel testo erano proposte tesi anche discutibili ma senza dubbio interessanti e controverse, a partire da una lettura senza pregiudizi del tema con citazioni di numerosi studi clinici (“frasi inneggianti alla pedofilia”, secondo i crociati).
Il libro si concludeva con l’ipotesi del tutto verosimile secondo cui la questione pedofilia venga strumentalmente usata per favorire la repressione e la censura in rete.
In più, il libro in oggetto era uscito per l’editore Castelvecchi a firma Luther Blisset in tutte le librerie, dunque non era reperibile solamente on line. Il contesto dunque conta più dell’oggetto, per cui alcune affermazioni poste su una pagina web apparivano un orrendo reato, nascoste tra le pagine di un libro tra gli scaffali diventano come un contributo polemico al dibattito culturale.
 Pochi giorni dopo la crociata, il comune di Roma provvedeva ad oscurare le pagine di AVANA, aprendo anche una controversia legale per individuare le responsabilità. Subito dopo ci si preoccupava di scandagliare le altre pagine alla ricerca di elementi compromettenti, elimi

martedì 31 ottobre 2023

Le radici storiche del Partito Democratico e la sua missione riformista

Il Partito Democratico, fondato nel 2007, è stato un importante tentativo di unire diverse anime della sinistra italiana in un'unica formazione politica. Questo partito aveva l'obiettivo di costruire una sinistra riformista e democratica che potesse affrontare le sfide del XXI secolo, mantenendo salde le radici e i valori che hanno ispirato la sinistra italiana per decenni. Per rafforzare il senso di appartenenza e l'importanza di continuare a lottare per questi ideali, è essenziale ricordare le radici storiche del Partito Democratico e le figure che hanno plasmato il suo percorso.

Una delle figure di riferimento fondamentali per il Partito Democratico è indubbiamente Enrico Berlinguer, storico leader del Partito Comunista Italiano. Berlinguer è ricordato per la sua capacità di costruire ponti tra diverse fazioni della sinistra e per la sua idea di un "compromesso storico," un tentativo di trovare una via di mezzo tra le forze politiche di sinistra e di destra per affrontare le sfide del suo tempo. La sua visione e il suo spirito di dialogo hanno ispirato il Partito Democratico a cercare una via simile per promuovere le riforme e il cambiamento nella società italiana.

Un'altra figura di grande importanza è Aldo Moro, il leader della Democrazia Cristiana, che perse tragicamente la vita nel tentativo di raggiungere un compromesso storico con il Partito Comunista. Il suo sacrificio rappresenta un simbolo dell'importanza di superare le divisioni politiche per il bene comune e il progresso della nazione. Il Partito Democratico guarda a Moro come a un esempio di leadership visionaria e dedizione al servizio pubblico.

Il Partito Democratico si presenta come un partito che unisce le istanze dei più grandi partiti a vocazione popolare e di ispirazione democratica del dopoguerra. Incarna l'idea di una sinistra riformista e ecologista che si impegna a difendere i diritti inalienabili delle persone in settori cruciali come il lavoro, la sanità e l'istruzione. Questi obiettivi si basano sulla tradizione di lotta per l'uguaglianza e la giustizia sociale, radicata nelle esperienze politiche di Berlinguer e Moro.

Ricordare le radici storiche del Partito Democratico è fondamentale per rafforzare il senso di appartenenza e la motivazione a perseguire una sinistra riformista. Questi ideali, basati sulla collaborazione, il dialogo e il superamento delle divisioni, sono essenziali per affrontare le sfide contemporanee. In un momento in cui l'unità della sinistra è fondamentale per il progresso del paese, il Partito Democratico può guardare al passato per trarre ispirazione e guidare il cammino verso un futuro migliore per tutti gli italiani.


🪶 Il Grido del Silenzio

Non sempre i silenzi sono solo vuoti da riempire. A volte, gridano più forte di qualsiasi parola. È nei momenti di silenzio che ...