lunedì 17 febbraio 2025

BDS: Da Taranto a Sanremo, il misterioso caso della maglietta del maestro Fabio Barnaba .

Sanremo 2025, il Festival più governativo della storia, dove anche un colpo di tosse fuori posto potrebbe essere interpretato come un messaggio politico. E così, nel bel mezzo di questa kermesse equilibrata fino all’ossessione, scoppia il caso "BDS". No, non è una nuova boy band, né il titolo di una canzone inedita di Gigi D’Alessio. È semplicemente la scritta comparsa sulla maglietta del maestro Fabio Barnaba, orgoglioso tarantino che, tra una nota e l’altra, ha voluto portare un po’ di spirito pugliese sul palco dell’Ariston.

Dal dialetto al delirio mediatico.

“BDS” in tarantino sta per “Butt d’ sang”, ovvero “sangue e sudore”, il simbolo della fatica e della passione che ogni musicista mette nel proprio mestiere. Un motto che racconta sacrificio, impegno e probabilmente anche qualche notte insonne passata a strimpellare la chitarra con un bicchiere di Primitivo accanto.

Ma apriti cielo! Qualcuno, senza neanche farsi una googlata veloce, ha deciso che no, quella scritta non poteva essere un semplice omaggio alla cultura tarantina. Doveva per forza essere un riferimento alla campagna internazionale per il boicottaggio di Israele (Boycott, Divestment, Sanctions – BDS). E così, mentre il maestro Barnaba si godeva la serata con la leggerezza di chi sa di non aver fatto nulla di strano, fuori dall’Ariston esplodeva la polemica.

Il festival dell’equilibrismo (e del politicamente corretto ad oltranza).

Non sia mai che in un Sanremo blindato come la cassaforte di Paperon de’ Paperoni passi qualcosa che possa anche solo lontanamente turbare la serenità nazionale. E quindi giù di indignazione, articoli, tweet al veleno e chissà, magari qualche interrogazione parlamentare per capire se per caso Fabio Barnaba sia un agente segreto al servizio di non si sa bene chi.

Peccato che in tutto questo trambusto nessuno abbia pensato di fare la cosa più semplice: chiedere al diretto interessato. E così, dopo aver sentito accuse di ogni genere, è stato lo stesso Barnaba a svelare l’arcano:

 “Ho voluto portare anche un po’ di Taranto sul palco visto che c’erano Bari e Lecce!”

Fine della storia? Ma neanche per sogno. Perché ormai la macchina del fango era partita e non bastava certo una spiegazione logica a fermarla.

Taranto, orgoglio e dialetto: abbasso l’ignoranza!

Questa vicenda è l’ennesima dimostrazione che il dialetto, anziché essere valorizzato come patrimonio culturale, rischia di diventare vittima di malintesi tragicomici. Ma la verità è che Fabio Barnaba, con la sua maglietta, ha fatto un piccolo miracolo: ha portato Taranto sul palco più importante della musica italiana, ricordando a tutti che la Puglia non è solo pizzica e focaccia barese, ma anche sangue, sudore e passione.

E allora, caro Festival di Sanremo, lasciamo da parte le paranoie e impariamo a goderci un po’ di sana cultura popolare. Perché la musica, quella vera, non ha bisogno di filtri né di interpretazioni forzate.

E se proprio dobbiamo indignarci per qualcosa, facciamolo per le canzoni brutte!

🖋 GP

Nessun commento:

Posta un commento

Il trumpismo rappresenta una frattura profonda nei valori tradizionali della democrazia liberale

 Il trumpismo stà rappresentando una frattura profonda nei valori tradizionali della democrazia liberale, trasformandoli in qual...