"Tranquilli, è tutto sotto controllo. Anche la follia."
Le giornate scorrono, e con loro anche i pensieri che fanno a gara tra chi riesce a urlare di più nella mia testa.
Cerco di vivere normalmente, come se nulla fosse.
Ogni tanto ci riesco: mi dimentico di tutto, perfino del fatto che ho una malattia da trattare come un ospite non invitato che ha deciso di piazzarsi in soggiorno.
Altre volte invece no, crolla il sipario e rimango lì, con la mente che corre, riflette, si arrabbia, si confonde… e si incazza.
Sì, si incazza parecchio.
Mi guardo intorno e vedo che la politica, quella vera, è finita sotto la suola delle scarpe di chi recita la parte del finto equilibrato, cercando di non pestare calli a nessuno, ma finendo per pestare la dignità di tutti.
Un equilibrio finto come la panna spray: gonfia ma senza sostanza.
Viviamo in un Paese dove l’essere umano è diventato una variabile scomoda.
È più importante “mantenere i consensi” che mantenere le promesse.
È più facile parlare di bandiere che di persone.
Più comodo occuparsi di propaganda che occuparsi dei malati, dei poveri, dei lavoratori, dei figli e dei padri che non ce la fanno più.
E mentre questi equilibristi del nulla giocano al circo delle dichiarazioni da salotto, fuori c’è la vita vera.
Quella fatta di corpi che tremano, di anime che lottano, di gente che spera di arrivare alla fine del mese, ma anche alla fine della settimana senza perdere la testa.
E in mezzo ci sono loro: i bugiardi professionisti, i tuttologi del “secondo me”, quelli che parlano senza sapere, che manipolano senza vergogna, che dichiarano tutto il contrario di tutto.
A volte mi chiedo se il virus più pericoloso non sia proprio la disinformazione con la camicia stirata e il sorriso da talk show.
E poi ci sono io.
Che mentre affronto un tumore, mi ritrovo a combattere anche con le tossine del mondo esterno.
E mi dico: Giovanni, ma sei ancora sano di mente?
Ti preoccupi della giustizia, dell’ambiente, della verità, della gente… ma chi te lo fa fare?
Eppure no, non riesco a smettere.
Non riesco a disattivare questa mia coscienza, questa mia dannata voglia di cambiamento.
È come se, anche dentro un corpo malato, il mio spirito restasse sano e incazzato.
È come se la malattia del mondo mi facesse più male di quella del mio corpo.
E allora sì, oggi sono un po’ filosofo, un po’ rivoluzionario, un po’ malato… e un po’ Giovanni.
Il Giovanni che non smetterà mai di sperare, di lottare e di dire le cose come stanno, anche quando tremano le gambe e il cuore va più piano.
Perché alla fine, la vera salute è restare umani.
Anche quando attorno tutto sembra impazzire.
Anche quando il dolore bussa e ti dice: "tocca a te".
E se un giorno qualcuno mi chiederà cosa ho fatto nella mia vita, risponderò così:
“Ho combattuto. Anche quando era più facile stare zitto. Anche quando ero stanco. Anche quando avevo paura. Ma non ho mai chiuso gli occhi davanti all’ingiustizia. Mai.”
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