giovedì 31 luglio 2025

📝 Diario di bordo n°18 – Luglio 2025

📝 Diario di bordo n°18 – Luglio 2025
"Chemioterapia e altre passeggiate di salute"

Ebbene sì, amici miei, anche questa è andata. La seconda seduta è archiviata, incartata e spedita nel reparto dei "non ci volevi andare, ma ci sei andato comunque".
Testa che gira come una trottola natalizia, gambe come marmellata calda e quella sensazione di stanchezza che ti fa sembrare anche la panchina più scomoda del mondo un letto a cinque stelle. Ma niente paura: sono ancora in piedi.

E mentre facevo la mia terapia, a pochi passi da me c’era un ragazzo – dieci anni meno di me, stessa battaglia, stesso nemico. Lavora in una ditta dell’ex ILVA.
Un altro figlio di questa città che paga, sulla propria pelle, il prezzo del silenzio di chi avrebbe dovuto proteggerci.
Abbiamo parlato. Di malattia, certo. Ma anche di vita. Perché la chemio fa male, ma la verità detta ad alta voce è come un analgesico per l’anima.
E ho capito che nessun rimborso, nessun indennizzo, nessuna parola detta in ritardo può restituire quello che ci è stato tolto.

Ma oggi non me ne sono tornato direttamente a casa. No.
Ho chiesto a mia moglie e a mio figlio di portarmi in centro. Avevo bisogno di vedere la mia città, Taranto, negli occhi.
Avevo bisogno di sentire il suo respiro, le sue grida, i suoi silenzi.
In queste ore la città sta scegliendo il proprio destino. I suoi figli si ribellano, gridano, lottano.
E la politica? Beh… quella locale, come al solito, nicchia, svicola, attende.
Ma Taranto mia… tu meriti molto di più. Meriti coraggio, verità, dignità.
E meriti di guarire anche tu, come noi malati, da quel tumore industriale che ti divora da decenni.

Taranto è come una madre ferita che continua a cucinare per i suoi figli anche se ha il cuore a pezzi.
È come un campo di papaveri rossi cresciuti sopra un terreno avvelenato.
È come un sorriso stanco che non vuole spegnersi.
Taranto è poesia che sanguina, è l’ultima pagina di un libro scritto con lacrime e acciaio.
E oggi più che mai, è anche lei una malata che lotta per guarire.

Mi sono seduto su una panchina. Ho bisogno di scrivervi, di buttare giù queste sensazioni.
E proprio mentre scrivo, si avvicina una signora.
“Signore, posso leggerti la mano?”
La guardo perplesso.
Poi sorrido e le rispondo:
“Signora mia, ho già la mia oncologa che mi legge i referti… e sa predirmi il futuro molto meglio di una mano aperta, e quel futuro per me è stato momentaneamente già scritto.”

Sorrido ancora. Sorrido a lei, a voi, a me stesso.
Perché in fondo la forza è questa: non perdere mai il senso dell’ironia, neanche nei giorni più tosti.

E adesso, permettetemi di chiudere come si deve.

A te, Taranto.
Guarda avanti, anche se tremi.
Cammina, anche se zoppichi.
Ama, anche se ti hanno tradita.
Respira, anche se l’aria pesa.
Guarisci, Taranto mia. Guarisci anche tu.
Perché se io, con tutti i miei acciacchi, posso affrontare questo mostro a testa alta…
allora anche tu puoi.
Perché tu non sei acciaio: sei carne, cuore e fuoco che non si spegne.
E stavolta, vinceremo noi.

Alla prossima battaglia. E ricordate: si cade, ma ci si rialza. Sempre.

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