domenica 8 giugno 2025

Cronache di un ricovero in clinica – Quattordicesima puntata: La valigia sul letto... quella di un lungo viaggio.


Ore 11:00
🎼 La valigia sul letto… è quella di un lungo viaggio, cantava Julio Iglesias con quel tono da conquistatore che non si spiega.
E invece la mia valigia, piazzata sul letto con nonchalance e un po’ di polvere accumulata in questi giorni, è quella del ritorno. Non un lungo viaggio, no… ma una traversata epica tra flebo, carrelli rumorosi e minestroni d’ordinanza, che, credetemi, manco Ulisse con la sua Odissea.

Telefono a casa:

> “Sto per uscire, venitemi a prendere!”
E mentre dall’altra parte sento un:
“Chiudi bene la valigia e non ti dimenticare la cartella clinica!” nella mia mente inizia a scorrere il film di questi gloriosi e grotteschi giorni trascorsi in clinica.
Altro che Netflix! Qui è roba da David di Donatello.

Rivedo come in un flashback cinematografico quel primo giorno d’ingresso:
dopo aver compilato modulistica degna di una dichiarazione dei redditi, arriva lui…
il “Caronte del corridoio”,
un signore gentile ma eternamente attaccato al telefonino, probabilmente per un dibattito filosofico esistenziale con un parente che – a giudicare dal tono – non rivedrà tanto presto per le feste comandate.

Con un gesto tra il messianico e il distratto, mi fa cenno di seguirlo.
Io, con la mia valigetta alla “Fantozzi in trasferta”, lo seguo silenzioso in un labirinto di corridoi che manco il Minotauro avrebbe avuto il coraggio di esplorare.
E dove mi parcheggia?
In uno stanzone neutro, grigio, dove trovo un'altra degente, seduta anche lei con l’aria da “chi me l’ha fatto fare”.

Passano cinque minuti e, con una grazia da mimo stanco, l’omino mi indica un altro corridoio, più buio e minaccioso, e mi dice con sguardo vago:

> “Vai lì in fondo… la tua stanza.”
Come se mi stesse indicando il portale per Narnia.

Entro e voilà: il sancta sanctorum della mia degenza.
La stanza mitica. Quella da cui è partita questa saga ospedaliera, quella dove sono nate le mie cronache, tra un misurino di pressione e una fesa di tacchino rinsecchita.
Nemmeno il tempo di posare la valigia e guardarmi attorno, che arriva un infermiere che sembrava il protagonista di un film di guerra:

> “Spogliati tutto, camice e via. Sala operatoria. In barella.”

Io, senza nemmeno sapere se avessi sbagliato porta o reparto, mi ritrovo in mutande (più spirituali che fisiche) a dover decidere quale dei tre letti occupare, come in un reality show sanitario:
Letto n.1: quello accanto alla finestra (freddo e pieno di spifferi),
Letto n.2: quello centrale (quindi il più esposto a ogni rumore),
Letto n.3: quello vicino al bagno (con ovvie conseguenze olfattive).

Dopo un rapido bim bum bam (giuro), punto sul letto a sinistra.
Scelta disgraziata.
Ma di questa scellerata decisione vi parlerò nella prossima puntata.

Spoiler: c’entrano un telecomando assente, un comodino bloccato e… un coinquilino notturno che russa come una motosega impazzita.

Restate sintonizzati: la saga continua, e non risparmierà nessuno! 😎🛏️💉

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