venerdì 21 marzo 2025

L'arte della libertà e le catene invisibili.

📝 L’altro ieri, passeggiando per il centro di Taranto, mi sono imbattuto in un artista di strada intento a creare una meravigliosa scultura di sabbia. Mi sono fermato ad ammirare il suo lavoro, ma anche a riflettere su ciò che ci accomuna e su ciò che invece ci differenzia.
Lo guardavo e vedevo un uomo libero, un uomo che ha scelto di vivere secondo le proprie regole, al di fuori delle costrizioni di un lavoro stabile, di una routine imposta, di obblighi sociali soffocanti. Lui crea, esprime se stesso senza filtri, con le sue mani e con il tempo che decide di dedicare alla sua arte. La sua ricchezza è nella passione, nella caparbietà e nel coraggio di esistere senza compromessi.
Io, al contrario, sono stato per anni dentro un sistema fatto di doveri, di responsabilità lavorative e sociali, di battaglie sindacali e politiche. Ho scelto di dedicarmi agli altri, di lottare per un’idea di società più giusta, di spendermi per il bene comune. Ma in questo mio impegno c’è anche una gabbia: le regole, le strutture, il dover mediare sempre tra sogni e realtà.
E allora mi chiedo: chi è davvero libero? Chi segue la propria vocazione senza preoccuparsi di altro o chi lotta per cambiare le cose ma si trova sempre dentro un sistema che lo vincola? Non ho una risposta certa. Forse la verità sta nel mezzo. Forse la vera libertà è riuscire a trovare un equilibrio tra l’essere e il fare, tra l’arte e l’impegno, tra il sogno e la realtà.
O forse, semplicemente, è il modo in cui scegliamo di vivere che dà senso a tutto.

#Riflessioni #ArteDiStrada #Libertà #riflessioni

sabato 15 marzo 2025

Lettera al popolo americano.

Cari cittadini degli Stati Uniti d’America,

vi scrivo con il cuore pesante, da questa sponda dell’Atlantico, perché quello che accade oggi nel vostro Paese riguarda tutti noi.
La democrazia, che per secoli avete difeso e propagandato come modello di libertà, è sotto attacco. E non si tratta di un attacco esterno, ma di un’erosione interna, orchestrata da chi, invece di servire il popolo, vuole piegarlo ai propri interessi.

Donald Trump non è solo un uomo, è il sintomo di un virus che ha infettato le istituzioni: la manipolazione della verità, l’uso della giustizia come arma politica, la costruzione di una realtà parallela in cui i fatti non contano più. Il suo ritorno sulla scena politica non è solo una sfida elettorale, è una minaccia esistenziale alla democrazia americana.

Elon Musk, con la sua presa sempre più evidente sulle piattaforme di comunicazione, non è un semplice imprenditore visionario, ma un uomo che sta trasformando il discorso pubblico in una distopia governata dall’algoritmo, dove la propaganda e la disinformazione trovano terreno fertile. Libertà di espressione non significa dare spazio agli estremisti, ai complottisti e agli autocrati, ma oggi il dibattito è contaminato da chi vuole confondere, disorientare e minare la fiducia nelle istituzioni democratiche.

E poi ci sono gli oligarchi, miliardari senza volto che finanziano il caos, distruggendo la libertà di informazione, l’istruzione, i diritti fondamentali. 
Hanno costruito un sistema che serve solo loro, svuotando il sogno americano fino a ridurlo a una caricatura: una nazione in cui il denaro conta più del voto, in cui le leggi servono a proteggere i privilegiati, in cui il popolo è lasciato a combattere guerre culturali mentre chi ha davvero il potere accumula ricchezze e influenza senza limiti.

Ma voi, popolo americano, avete ancora il potere di fermarli. La democrazia è fragile, ma resiste se viene difesa. 
Non lasciate che la vostra Costituzione diventi carta straccia. Non permettete che il vostro Paese si trasformi in un’ombra di sé stesso, un’America che somiglia più alle autocrazie che avete combattuto per generazioni.

La storia vi guarda. Il mondo vi guarda. Siate all’altezza della vostra eredità. Difendete la verità. Difendete la libertà. Difendete la vostra democrazia.

Con speranza e determinazione,
Giovanni Pugliese
Italia

Chi sono i Maranza? Moda o cultura del degrado?

Negli ultimi anni, il termine Maranza è diventato sempre più comune nelle cronache e nei discorsi giovanili. Ma chi sono veramente i Maranza? Si tratta solo di una moda passeggera o di un fenomeno più profondo che riflette un disagio sociale?

▪️Origine e significato del termine "Maranza"

Il termine nasce nel nord Italia, in particolare nelle periferie di Milano e Torino, ma si è diffuso rapidamente in tutta la penisola, fino ad arrivare anche nelle scuole e nelle piazze di città più piccole. L’etimologia non è certa, ma sembra derivare da un’espressione milanese utilizzata per descrivere ragazzi di periferia con atteggiamenti spacconi, vestiti con abbigliamento appariscente e spesso coinvolti in episodi di microcriminalità.

I Maranza sono generalmente giovani tra i 13 e i 20 anni, spesso di origine mista o appartenenti a classi sociali più basse, che si aggregano in gruppi caratterizzati da un forte senso di appartenenza. Il loro stile è influenzato dalle sottoculture trap e hip-hop, con abbigliamento vistoso, tute Adidas, Nike o Lacoste, sneakers costose e cappellini da baseball calati sugli occhi. Il loro linguaggio è un mix tra slang giovanile, termini di origine straniera e riferimenti al mondo della strada.

▪️I Maranza: ribellione o disagio?

Definire i Maranza solo come una moda sarebbe riduttivo. Il fenomeno è strettamente legato a un disagio giovanile più profondo, che trova espressione in comportamenti provocatori, atteggiamenti di sfida verso l’autorità e, in alcuni casi, atti di vandalismo o piccola criminalità.

Molti giovani Maranza provengono da contesti difficili: famiglie fragili, scuole con alti tassi di dispersione scolastica, quartieri privi di opportunità di crescita. La loro ribellione spesso non ha uno scopo politico o sociale, ma è piuttosto un’espressione di frustrazione e di ricerca di riconoscimento all’interno di un gruppo. I social media hanno amplificato il fenomeno, rendendo virali video in cui questi giovani si esibiscono in atteggiamenti provocatori, risse, gare di motorini o balli di gruppo in strada.

▪️Una moda pericolosa?

Il problema dei Maranza non è tanto l’abbigliamento o lo stile di vita, quanto il messaggio che veicolano. 
Per molti ragazzi più giovani, i Maranza rappresentano un modello di successo alternativo a quello tradizionale, basato sullo studio e sul lavoro. 
Il rischio è che questa subcultura diventi un trampolino verso forme di devianza più serie, come lo spaccio di droga, la violenza di gruppo o l’adesione a vere e proprie gang.

Molti adulti vedono in loro semplicemente un fastidio, una manifestazione di maleducazione e inciviltà. Ma ignorare il fenomeno o reprimerlo senza comprenderne le cause profonde significa lasciare che si radicalizzi e diventi ancora più difficile da gestire.

▪️Come rispondere al fenomeno?

Affrontare il fenomeno dei Maranza non significa solo aumentare la sorveglianza o reprimere i comportamenti devianti, ma piuttosto offrire ai giovani alternative reali. Investire in spazi di aggregazione sani, potenziare il ruolo delle scuole, dei centri sportivi e delle associazioni giovanili può aiutare a dare ai ragazzi un senso di appartenenza diverso da quello offerto dalla subcultura Maranza.

Inoltre, è fondamentale capire che dietro la maschera dello spavaldo spesso si nasconde un ragazzo che cerca attenzione, rispetto e un posto nel mondo. 
Parlare con loro, coinvolgerli in attività costruttive e mostrare modelli positivi può essere più efficace di qualsiasi repressione.

I Maranza sono il sintomo di un problema più grande: la mancanza di punti di riferimento e di opportunità per molti giovani. 
Ridurre il fenomeno a una semplice moda giovanile sarebbe ingenuo, così come demonizzarlo senza affrontarne le cause. 
La vera domanda non è se i Maranza siano un problema, ma cosa dice di noi, come società, il fatto che sempre più giovani scelgano di identificarsi in questa subcultura.

ATTENZIONE: TRUMP ATTACCA LA DEMOCRAZIA, LA GIUSTIZIA E LA LIBERTÀ DI STAMPA!

Donald Trump continua la sua pericolosa escalation contro i pilastri fondamentali di ogni Stato democratico: la libertà di stampa, l'indipendenza della magistratura e lo Stato di diritto.

🔴 Attacca i media, accusandoli di scrivere troppe notizie negative su di lui e arrivando a dire che dovrebbero essere "illegali". Un attacco diretto alla libertà di stampa, principio cardine della democrazia.

⚖️ Attacca i giudici e i procuratori, definendoli "corrotti", "feccia", "squilibrati" e sostenendo che dovrebbero finire in galera. Un attacco senza precedenti all'indipendenza della magistratura, con toni da regime autoritario.

💣 Minaccia lo Stato di diritto, rifiutando qualsiasi forma di controllo e cercando di screditare ogni istituzione che lo indaga. Questo è il modus operandi dei leader populisti che vogliono distruggere la democrazia dall'interno.

‼️ Questo non è un semplice attacco personale, è un attacco alla democrazia stessa. Un ex presidente che alimenta odio contro media, giudici e magistrati sta preparando il terreno per una deriva pericolosa. Chiunque ami la libertà e i diritti non può restare in silenzio.

📢 Gli americani devono difendere la propria democrazia prima che sia troppo tardi!

Democrazia e pace: un binomio in crisi.

Viviamo in un'epoca in cui la democrazia sembra aver perso il suo fascino. Per decenni, è stata considerata il faro della civiltà, la forma di governo che garantisce diritti, libertà e giustizia. Oggi, però, assistiamo a un progressivo indebolimento della democrazia in molte parti del mondo. Governi autoritari consolidano il loro potere, il populismo cresce, la sfiducia nelle istituzioni aumenta e, soprattutto, le guerre e i conflitti sembrano non finire mai.

Ma chi sono i veri nemici della democrazia? Spesso si tende a puntare il dito contro i dittatori, i regimi oppressivi, le grandi potenze che manipolano gli equilibri internazionali. Eppure, il nemico più insidioso non è esterno: siamo noi stessi. Quando dimentichiamo il valore della libertà, quando diamo per scontati i diritti che abbiamo conquistato, quando smettiamo di difendere la democrazia con la partecipazione e il pensiero critico, allora siamo noi a renderci complici del suo declino.

Senza pace, non c’è libertà.

La democrazia non può esistere senza la pace. È un concetto semplice, quasi ovvio, eppure lo dimentichiamo troppo spesso. Nessuno può sentirsi libero se vive sotto un regime di oppressione, se è invaso, se è sottomesso alla volontà altrui. La storia ce lo insegna: la libertà non si costruisce sulle macerie della guerra, né sulla paura o sull’instabilità. Eppure, continuiamo a vedere conflitti che dilaniano intere regioni del mondo, spesso in nome di interessi economici e geopolitici.

Le guerre non sono mai portatrici di democrazia, nonostante il pretesto con cui vengono giustificate. Dall’Iraq all’Ucraina, dalla Palestina allo Yemen, la storia recente ci mostra che il risultato della guerra è sempre lo stesso: morte, distruzione, disperazione. La pace non è solo l’assenza di guerra, ma un equilibrio che garantisce ai popoli di autodeterminarsi, di costruire società libere, di progredire senza paura.

La democrazia non è un dono, ma una responsabilità.

Troppo spesso ci dimentichiamo della fortuna che abbiamo. Chi vive in una democrazia consolidata non si rende conto di quanto fragile sia questo sistema. Pensiamo che sia un diritto acquisito per sempre, mentre invece è un meccanismo che ha bisogno di essere costantemente alimentato. Se smettiamo di partecipare, di informarci, di lottare per i nostri diritti e per quelli degli altri, lasciamo spazio a chi vuole sostituire la democrazia con qualcosa di più autoritario, più controllabile, più "facile".

L'apatia politica, il disinteresse per le istituzioni, la rassegnazione di fronte alle ingiustizie: sono questi i veri nemici della libertà. Ecco perché è fondamentale tenere viva la cultura democratica, educare le nuove generazioni alla partecipazione, alla solidarietà, alla difesa dei diritti umani. Non possiamo pretendere di vivere in libertà se ci chiudiamo in un individualismo sterile, se ci accontentiamo di una democrazia svuotata di significato.

Pace e democrazia: una lotta collettiva.

Vogliamo la libertà, ma spesso dimentichiamo che essa ha un prezzo: l’impegno quotidiano per mantenerla. Senza pace, la democrazia diventa un’illusione; senza democrazia, la pace è solo una tregua imposta dall’alto. Il mondo di oggi ci pone davanti a sfide enormi: cambiamenti climatici, disuguaglianze crescenti, nuovi nazionalismi, derive autoritarie. La risposta non può essere il disimpegno, ma l’azione collettiva.

Difendere la pace e la democrazia significa essere vigili, informati, attivi. Significa non accettare passivamente le narrazioni di chi giustifica guerre e repressioni in nome della sicurezza o dello sviluppo economico. Significa non smettere mai di credere che un mondo più giusto è possibile, ma solo se siamo pronti a lottare per costruirlo.

Oggi la democrazia non è di moda, è vero. Ma proprio per questo dobbiamo renderla di nuovo desiderabile, necessaria, imprescindibile. Non lasciamo che la libertà diventi un ricordo sbiadito. Perché solo in un mondo pacifico possiamo essere davvero liberi.

lunedì 10 marzo 2025

Educazione militarizzazione.

L’istruzione è sempre stata un campo di battaglia per il controllo delle menti delle future generazioni. In molte nazioni, la scuola ha il compito di formare cittadini consapevoli, critici e capaci di contribuire alla società con pensiero indipendente. Tuttavia, negli ultimi anni, assistiamo a un’inquietante tendenza: la militarizzazione dell’istruzione per creare automi devoti alla patria e pronti a obbedire senza discutere. Un fenomeno che sta assumendo connotati sempre più espliciti in regimi autoritari e in governi a trazione sovranista.

In Russia, il governo di Vladimir Putin ha trasformato le scuole in un centro di formazione ideologica e patriottica. Dal 1° settembre 2023, tutte le scuole del Paese iniziano la settimana con l’alzabandiera e l’inno nazionale. Inoltre, i programmi scolastici sono stati modificati per includere corsi di “educazione patriottica” che esaltano la grandezza della Russia e la necessità di difenderla da nemici interni ed esterni. Ai giovani viene inculcato il senso di appartenenza e di lealtà allo Stato, con un chiaro riferimento all’addestramento militare.

Non si tratta solo di un’educazione nazionalista: la Russia ha introdotto corsi di addestramento paramilitare per i ragazzi delle scuole superiori, riproponendo in chiave moderna il modello sovietico del passato. I giovani imparano a maneggiare armi e vengono preparati psicologicamente alla possibilità di entrare nelle forze armate. Questo sistema di indottrinamento mira a creare soldati fedeli alla madrepatria, eliminando il pensiero critico e favorendo l’accettazione passiva delle decisioni del governo.

La Russia non è l’unico Paese a perseguire questa strada. Governi nazionalisti e sovranisti stanno cercando di riprodurre questo modello, con modalità più o meno esplicite.

In Ungheria, Viktor Orbán ha promosso una riforma scolastica che prevede l’insegnamento obbligatorio di storia e cultura nazionale in chiave revisionista. La narrativa dominante celebra il passato glorioso del Paese e minimizza episodi critici, come la collaborazione con il nazismo o le politiche repressive del passato.

Negli Stati Uniti, alcuni stati governati dai repubblicani hanno introdotto corsi obbligatori di educazione civica patriottica, dove il passato americano viene dipinto in chiave eroica e senza critiche, eliminando discussioni su razzismo sistemico o colonialismo. L’educazione militare è particolarmente incentivata nei college e nelle scuole superiori, con programmi come la JROTC (Junior Reserve Officers’ Training Corps) che mirano a formare giovani pronti per l’arruolamento.

In Brasile, sotto la presidenza di Jair Bolsonaro, si è cercato di reintrodurre nelle scuole una forte componente di addestramento militare e di culto della patria, con l'obiettivo di contrastare il “pericolo comunista”. Anche se il governo di Lula ha ridimensionato queste iniziative, il fenomeno non è del tutto scomparso.

Anche in Italia, alcune forze politiche di destra spingono per un ritorno dell’educazione “rigorosa”, con una maggiore attenzione alla disciplina e ai valori tradizionali. L’introduzione di divise scolastiche, il rafforzamento dell’educazione civica con un’enfasi patriottica e la promozione di stage nelle forze armate per i giovani sono segnali di una possibile deriva in questa direzione.

Nel 2023, il governo Meloni ha proposto iniziative come la “mini naja”, ovvero brevi periodi di formazione militare per i giovani, con l’obiettivo dichiarato di promuovere il senso del dovere e della patria. Seppur presentate come misure educative e formative, queste iniziative rischiano di aprire la strada a un modello di scuola che non educa alla libertà di pensiero, ma alla sottomissione a un ordine precostituito.

La scuola dovrebbe essere un luogo di crescita, di confronto e di apertura al mondo. Quando diventa uno strumento di indottrinamento, perde il suo ruolo essenziale e si trasforma in un’arma nelle mani del potere. Il pericolo di una generazione educata all’obbedienza cieca e alla militarizzazione è sotto gli occhi di tutti.

L’indottrinamento patriottico non è sinonimo di amore per il proprio Paese: è piuttosto un meccanismo per spegnere il pensiero critico e formare cittadini che accettano senza discutere le scelte dei governanti. La storia ci insegna che questo tipo di educazione ha portato a derive pericolose, dai regimi fascisti e nazisti del Novecento fino ai modelli autoritari contemporanei.

La vera sfida, oggi, è difendere un’istruzione libera e democratica, che insegni ai giovani a pensare, a dubitare e a costruire un futuro migliore senza diventare strumenti nelle mani del potere. Se le scuole si trasformano in caserme, il futuro sarà fatto di soldati, non di cittadini.

domenica 2 marzo 2025

Il trumpismo rappresenta una frattura profonda nei valori tradizionali della democrazia liberale

 Il trumpismo stà rappresentando una frattura profonda nei valori tradizionali della democrazia liberale, trasformandoli in qualcosa di più fluido, populista e, in molti casi, autoritario. Il fenomeno non riguarda solo gli Stati Uniti, ma ha contagiato molte altre democrazie occidentali, Italia compresa.

▪️Cosa ha sciolto il trumpismo?

La democrazia liberale si fonda su principi come lo stato di diritto, il rispetto delle istituzioni, la separazione dei poteri e il pluralismo. Il trumpismo, invece, ha promosso una visione diversa:

Disprezzo per le istituzioni democratiche → Trump ha costantemente attaccato i media, il sistema giudiziario e il Congresso, diffondendo la narrativa della "deep state" e della frode elettorale inesistente.

Nazionalismo e demagogia → Il concetto di "America First" ha favorito un isolazionismo miope e un disprezzo per la cooperazione internazionale.

Rifiuto del concetto di verità → Le fake news, le "alternative facts" e il negazionismo di ogni tipo hanno minato il concetto stesso di dibattito basato su fatti.

Populismo senza regole → Ha promosso un leaderismo carismatico che supera i limiti istituzionali, alimentando la cultura della guerra perenne contro nemici interni ed esterni.

▪️L’effetto a livello globale

Il trumpismo non è un'eccezione americana. Movimenti simili hanno attecchito in Europa e in America Latina, con leader che si ispirano al suo modello, da Bolsonaro in Brasile a Meloni e Salvini in Italia, fino ai governi ultraconservatori in Polonia e Ungheria.

Anche in Italia, la destra sta adottando questa retorica, puntando su un nazionalismo nostalgico, attacchi alla magistratura e una narrazione "contro le élite". Il tutto mentre le sinistre fanno fatica a ricostruire un'identità chiara e un'alternativa convincente.

▪️È possibile tornare alla democrazia liberale?

Non sarà facile. Il trumpismo ha sdoganato atteggiamenti autoritari che resteranno anche dopo di lui. Tuttavia, la storia insegna che le società possono rigenerarsi:

Servono movimenti di resistenza civile e culturale.

La sinistra deve tornare a parlare alle persone, senza paura di contrastare apertamente il populismo.

È necessaria un’informazione libera e autorevole che combatta la disinformazione.

Il rischio è che, se non si costruisce un’alternativa forte, la democrazia liberale continuerà a sciogliersi, lasciando spazio a un'era di leaderismo populista e democrazia illiberale.

Nazional-populismo

 Il nazional-populismo sta facendo danni enormi, perché si nutre di paura, semplificazioni estreme e una retorica che divide le persone anziché unirle. Il problema è che non offre soluzioni reali ai problemi complessi del mondo moderno, ma solo capri espiatori e slogan vuoti.

Guardiamo all’Europa: governi nazional-populisti stanno smantellando diritti, minando la libertà di stampa e creando un clima di costante tensione sociale. In Italia, la retorica sovranista ha portato a politiche inefficaci su economia e immigrazione, mentre in paesi come Ungheria e Polonia il populismo ha eroso lo stato di diritto. Negli USA, il trumpismo continua a influenzare il dibattito politico con teorie complottiste e attacchi alle istituzioni democratiche.

Il problema è che il nazional-populismo si basa sulla promessa di restituire un passato idealizzato che in realtà non è mai esistito. Invece di affrontare le disuguaglianze, combatte presunti “nemici interni” e costruisce muri (fisici e ideologici) anziché ponti. Il paradosso è che chi si dice “patriota” finisce per isolare il proprio paese e danneggiare proprio chi dice di voler proteggere: lavoratori, piccole imprese e cittadini comuni.

Per contrastarlo servono cultura, partecipazione e un’alternativa politica chiara e credibile. Dobbiamo parlare con la gente, dimostrare che il cambiamento vero passa per la solidarietà e non per l’odio. Purtroppo, la sinistra spesso ha lasciato troppo spazio ai populisti, non sapendo più comunicare con i ceti popolari. Bisogna tornare a fare politica tra le persone, nei quartieri, nelle fabbriche, nelle scuole.

📘 Diario di bordo – N°10 | Luglio 2025

📘 Diario di bordo – N°10 | Luglio 2025 “Incontri ravvicinati con la dottoressa (umana), camici volanti e supercazzole terapeuti...