L’istruzione è sempre stata un campo di battaglia per il controllo delle menti delle future generazioni. In molte nazioni, la scuola ha il compito di formare cittadini consapevoli, critici e capaci di contribuire alla società con pensiero indipendente. Tuttavia, negli ultimi anni, assistiamo a un’inquietante tendenza: la militarizzazione dell’istruzione per creare automi devoti alla patria e pronti a obbedire senza discutere. Un fenomeno che sta assumendo connotati sempre più espliciti in regimi autoritari e in governi a trazione sovranista.
In Russia, il governo di Vladimir Putin ha trasformato le scuole in un centro di formazione ideologica e patriottica. Dal 1° settembre 2023, tutte le scuole del Paese iniziano la settimana con l’alzabandiera e l’inno nazionale. Inoltre, i programmi scolastici sono stati modificati per includere corsi di “educazione patriottica” che esaltano la grandezza della Russia e la necessità di difenderla da nemici interni ed esterni. Ai giovani viene inculcato il senso di appartenenza e di lealtà allo Stato, con un chiaro riferimento all’addestramento militare.
Non si tratta solo di un’educazione nazionalista: la Russia ha introdotto corsi di addestramento paramilitare per i ragazzi delle scuole superiori, riproponendo in chiave moderna il modello sovietico del passato. I giovani imparano a maneggiare armi e vengono preparati psicologicamente alla possibilità di entrare nelle forze armate. Questo sistema di indottrinamento mira a creare soldati fedeli alla madrepatria, eliminando il pensiero critico e favorendo l’accettazione passiva delle decisioni del governo.
La Russia non è l’unico Paese a perseguire questa strada. Governi nazionalisti e sovranisti stanno cercando di riprodurre questo modello, con modalità più o meno esplicite.
In Ungheria, Viktor Orbán ha promosso una riforma scolastica che prevede l’insegnamento obbligatorio di storia e cultura nazionale in chiave revisionista. La narrativa dominante celebra il passato glorioso del Paese e minimizza episodi critici, come la collaborazione con il nazismo o le politiche repressive del passato.
Negli Stati Uniti, alcuni stati governati dai repubblicani hanno introdotto corsi obbligatori di educazione civica patriottica, dove il passato americano viene dipinto in chiave eroica e senza critiche, eliminando discussioni su razzismo sistemico o colonialismo. L’educazione militare è particolarmente incentivata nei college e nelle scuole superiori, con programmi come la JROTC (Junior Reserve Officers’ Training Corps) che mirano a formare giovani pronti per l’arruolamento.
In Brasile, sotto la presidenza di Jair Bolsonaro, si è cercato di reintrodurre nelle scuole una forte componente di addestramento militare e di culto della patria, con l'obiettivo di contrastare il “pericolo comunista”. Anche se il governo di Lula ha ridimensionato queste iniziative, il fenomeno non è del tutto scomparso.
Anche in Italia, alcune forze politiche di destra spingono per un ritorno dell’educazione “rigorosa”, con una maggiore attenzione alla disciplina e ai valori tradizionali. L’introduzione di divise scolastiche, il rafforzamento dell’educazione civica con un’enfasi patriottica e la promozione di stage nelle forze armate per i giovani sono segnali di una possibile deriva in questa direzione.
Nel 2023, il governo Meloni ha proposto iniziative come la “mini naja”, ovvero brevi periodi di formazione militare per i giovani, con l’obiettivo dichiarato di promuovere il senso del dovere e della patria. Seppur presentate come misure educative e formative, queste iniziative rischiano di aprire la strada a un modello di scuola che non educa alla libertà di pensiero, ma alla sottomissione a un ordine precostituito.
La scuola dovrebbe essere un luogo di crescita, di confronto e di apertura al mondo. Quando diventa uno strumento di indottrinamento, perde il suo ruolo essenziale e si trasforma in un’arma nelle mani del potere. Il pericolo di una generazione educata all’obbedienza cieca e alla militarizzazione è sotto gli occhi di tutti.
L’indottrinamento patriottico non è sinonimo di amore per il proprio Paese: è piuttosto un meccanismo per spegnere il pensiero critico e formare cittadini che accettano senza discutere le scelte dei governanti. La storia ci insegna che questo tipo di educazione ha portato a derive pericolose, dai regimi fascisti e nazisti del Novecento fino ai modelli autoritari contemporanei.
La vera sfida, oggi, è difendere un’istruzione libera e democratica, che insegni ai giovani a pensare, a dubitare e a costruire un futuro migliore senza diventare strumenti nelle mani del potere. Se le scuole si trasformano in caserme, il futuro sarà fatto di soldati, non di cittadini.
Nessun commento:
Posta un commento