giovedì 28 agosto 2025

📝 Diario di bordo n°35 – Agosto 2025

📝 Diario di bordo n°35 – Agosto 2025
“Il Morto che parla (in attesa di giustizia)”

Dopo una mattinata allegra e spensierata a base di chemio (il miglior energizzante sul mercato, altro che caffè!) eccomi proiettato verso la seconda parte della mia giornata: l’incontro ravvicinato del terzo tipo con la Commissione Invalidi.
A farmi da scudiero, mio figlio, che tra pazienza e forza mi trascina come un valoroso cavaliere trascina il suo vecchio destriero zoppo. Destinazione: ex ospedale di Massafra.

Entriamo. Lo scenario è da film horror a basso budget: corridoi deserti, luci fioche, nessuna indicazione. Neanche un cartello “Ufficio invalidi” per fingere un minimo di efficienza. Ci aggiriamo in questo labirinto burocratico con l’aria di due turisti dispersi in una giungla urbana. Dopo una ventina di minuti, ecco un incontro mistico: un operatore del 118 che, con fare sospetto, ci indica una porta. Sembrava quasi dirci: “Se volete entrare, entrate… ma non dite che non vi avevo avvisato”.

Arriviamo davanti alla stanza incriminata e lì, miracolosamente, incontro Angelo, un mio vecchio collega venuto solo per salutarmi. Un raggio di umanità in mezzo al gelo istituzionale. Un abbraccio, due parole sincere… e già questo mi fa bene al cuore.

Ma il sogno dura poco. Entro nel padiglione e… BAM! Una trentina di persone stipate come sardine in scatola, tutte in silenziosa attesa del proprio turno. Nessun sistema elettronico di prenotazione, nessun totem. Solo un tavolino di legno con un mucchietto di foglietti numerati. Tecnologia avanzatissima, roba da far invidia alla NASA.

Pesco il mio bigliettino: 47.
E mi viene subito in mente la smorfia napoletana: “’O muort’ che parla”. E in effetti, guardandomi allo specchio dopo la chemio, la definizione è perfetta.

Il tempo passa lento, lentissimo. Mi guardo intorno e vedo solo occhi stanchi, visi segnati, corpi che tremano. Nessuno qui è venuto per sport. Siamo tutti lì a implorare un briciolo di dignità, e invece sembriamo numeri estratti in una tombola macabra.

Dopo un’ora e mezza tocca a me. “Numero 47, avanti!”
Entro in una stanza glaciale. Davanti a me un tavolo lungo quanto quello dell’ONU, con sei commissari schierati, stile plotone di esecuzione. Ognuno ha in mano i miei referti come fossero armi caricate a sospetto. Il fuoco di domande parte subito: incroci di sguardi, facce corrucciate, appunti presi in fretta. Mi sento un imputato davanti alla Corte Marziale.

Non scendo nei dettagli, per rispetto di me stesso e anche loro. Dirò solo questo: se qualcuno sta facendo cicli di chemio, forse un motivo c’è. Forse basterebbe crederci, e non metterci sotto torchio come se stessimo cercando di fregare il sistema.

Alla fine, la “prova di maturità” (così l’ha ribattezzata mio figlio) è conclusa. Esco con un misto di sollievo e amarezza. Sì, mi hanno dato la 104. Ora aspetto il punteggio di invalidità. Ma la vera invalidità, oggi, è quella di un sistema che ci tratta da numeri e non da persone.

Rientro a casa stanco, svuotato, e penso:
Non serve tanto per ridare dignità ai malati. Basterebbe un sorriso, una parola gentile, una stanza calda di umanità. E invece, oggi, ho solo la sensazione di essere stato davvero quel “morto che parla” estratto a sorte.
Mi sono sentito un numero in una coda infinita, sotto esame come a scuola, ma con addosso un corpo che chiede solo rispetto.
E così, con il mio “diploma” di invalido sotto braccio, torno a casa con una certezza: anche se il sistema ti tratta da pratica, noi restiamo esseri umani.

Nessun commento:

Posta un commento

🗞 Cronache da un futuro passato – N°8, Ottobre 2025

🗞 Cronache da un futuro passato – N°8, Ottobre 2025 "Il gelo delle parole e il fuoco della coscienza." Resterà impres...