martedì 12 agosto 2025

📝 Diario di bordo n°26 – Agosto 2025

📝 Diario di bordo n°26 – Agosto 2025
"Gli zerbini dei potenti e l’aria che scotta"

Il sole di agosto non perdona. Ma nemmeno io.
Oggi non possiamo restare accomodanti con i “potenti” e compiacenti verso i politicanti impettiti come se avessero la chiave del destino di Taranto. 
Questa mattina Taranto vive un tempo sospeso, come se qualcuno avesse premuto il tasto “pausa” sulla dignità di un’intera comunità. 
Ci parlano di “sviluppo” e “progresso”, ma ci chiedono in cambio di respirare ancora per anni l’aria di un passato che ci ha già presentato un conto altissimo in termini di salute e futuro.
Il futuro pensano di deciderlo altrove, in stanze dove il sudore non è quello del lavoro e il dolore quello della malattia, ma semplicemente è quello delle poltrone di pelle.

Sveglia alle 8. Alle 10 mi aspetta un altro round di chemio.
Protezione gastrica, caffè e, per non sfidare troppo lo stomaco, due grissini torinesi buttati giù con mezzo litro d’acqua. La notte? Inutile parlarne. I pensieri hanno corso una maratona e io ero l’unico spettatore obbligato.

Arrivo in clinica. L’aria è già calda, ma non sarà certo il termometro a fermarmi.
Sabrina, l’infermiera, mi indirizza nella solita stanza. Due letti. Stavolta, però, il mio compagno di viaggio non c’è. Tocca a me, da solo, passare quelle due ore di siero e silenzi.

Accendo il telefono e mi sintonizzo sulla diretta Facebook: conferenza di Giustizia per Taranto e PeaceLink.
Sandro Marescotti, con la sua calma feroce, snocciola verità come proiettili. Non sbaglia un colpo. Lo conosco da una vita e so che di lui ci si può fidare senza riserve. Sta lottando come un leone. Anche per me.
Gli occhi mi si riempiono. Non di debolezza, ma di riconoscenza.

Tre ore dopo, ho terminato la chemio. 
Mi alzo. Barcollo. Questo giro mi ha preso a schiaffi.
Mio figlio mi afferra per un braccio, scendiamo le scale. Fuori, la città è una fornace.
Si torna a casa.

In macchina penso a chi lotta. C’è chi lo fa in piazza, chi da un letto d’ospedale, chi in fabbrica, cercando di difendere il suo posto di lavoro, pur sapendo che quel “mostro” lo sta avvelenando. Ma lotta lo stesso.
A Taranto, la lotta non è una scelta. È un riflesso, come respirare.
E fino a quando ci sarà anche un solo tarantino disposto a resistere, il “mostro” non dormirà mai sonni tranquilli.

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