Mentre a Taranto si combatte fino all’ultimo voto, io mi batto per una causa altrettanto nobile: riuscire a dormire. Ma niente, neanche questa battaglia sembra andare in porto.
La mia posizione nel letto – rigorosamente a pancia in su, stile mummia egizia – ha ormai impresso le lenzuola in modo così dettagliato che i periti del Sacro Sudario di Torino stanno pensando a un gemellaggio con il mio lenzuolo.
E siccome la sorte ha un senso dell’umorismo tutto suo, oggi ha deciso di farmi il regalo più bello: l’esplosione dell’estate in giugno. Quell’afa appiccicosa che ti fa rimpiangere perfino il riscaldamento globale.
A rendere il tutto più suggestivo ci pensa l’ambiente. Mi trovo ricoverato in clinica nel cuore del rione Tamburi – il quartiere noto per la sua proverbiale quiete monastica. Una vera oasi di silenzio e raccoglimento. Se per silenzio intendiamo il sottofondo sonoro di tre autoradio diverse che si sfidano a colpi di neomelodici a tutto volume.
Alle 23, come da tradizione, qualcuno ha deciso di festeggiare un compleanno con una batteria di fuochi d'artificio che manco a Capodanno a Napoli. E ora, che si avvicina la mezzanotte, mi preparo spiritualmente ai fuochi di chiusura. Sarà San Qualcosa? Un fidanzamento? Un addio al celibato? Nessuno lo sa. Ai Tamburi non si festeggia per un motivo. Si festeggia e basta.
E sì, ci tengo a dirlo: sono nato proprio qui, ai Tamburi. Sarà per questo che, nonostante tutto, ci rido su. Ma se domattina mi vedete con le occhiaie di un panda insonne, sappiate che non è stanchezza. È folklore del Califfato del quartiere Tamburi.
Nessun commento:
Posta un commento