venerdì 6 giugno 2025

Cronache di un ricovero in clinica – Seconda puntata: “Notte brava ai Tamburi”

È ufficiale: se esiste una forma alternativa di movida, più creativa e anarchica della notte romana degli anni ’60, questa si svolge nel cuore pulsante del rione Tamburi. Altro che Ibiza.

Ore 23,45: luci basse, campanello d’allarme del vicino che ha premuto il tasto "Aiuto" per sbaglio (o forse per noia). Ore 00: il letto cigola come se ci fosse un’orchestra di grilli sotto al materasso. Ore 1: l’infermiera entra in punta di piedi… con gli zoccoli da guerra.
Ma il clou, cari lettori affezionati delle mie Cronache di un ricovero in clinica, arriva alle 4 del mattino.

Immaginate: la finestra con un piccolo spiraglio aperta per cercare un alito di vento, un’illusione di frescura, e all’improvviso… un coro da stadio. Non sto scherzando. Un manipolo di ragazzini dodicenni intonava con la passione di una curva sud in trasferta l’inno della loro squadra del cuore.

“Chi non salta bianconero è!”, gridavano con l’entusiasmo di chi ignora il significato profondo della parola "decibel".

Io, a quel punto, mi sono voltato verso il mio coinquilino di stanza — che chiameremo "Gemito Notturno", per la sua abitudine di lamentarsi a cadenza regolare ogni 8 minuti — e gli ho sussurrato:

> “Senti anche tu il derby?”
Lui ha risposto con un mugugno che, nella mia mente stanca, ho interpretato come:
“Stanno vincendo ai rigori.”

Il tempo di metabolizzare il mini-concerto che sono arrivate le infermieri ninja. Perché sì, di giorno sono dolci e professionali, ma di notte si trasformano in creature mistiche capaci di aprire porte senza toccarle, camminare senza lasciare impronte… salvo poi sbadigliare in stereo davanti al distributore del caffè.

Alle 6:30, il rito si compie. L’infermiera del turno del mattino entra con l’aria di chi ha dormito bene — e questo, già di per sé, è un affronto —, apre la finestra (finalmente!), e con il tono squillante dei presentatori di televendite annuncia:

> “Signor Giovanni, buongiorno! È ora delle terapie.”

Ecco. È in quel momento preciso che ho capito che la nottata era finita. Che la sopravvivenza non dipende solo dalle terapie o dagli esami del sangue, ma anche da un buon senso dell’umorismo… e da tappi per le orecchie certificati.

Alla prossima puntata, cari lettori. Sempre qui, dal mio letto con vista... sulla movida più surreale d’Italia.

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