venerdì 6 settembre 2024

I partiti personali

I partiti personali, fondati sull'ego smisurato dei loro leader, più che rappresentare un’ideologia o un insieme di valori collettivi, incarnano le ambizioni, le visioni e spesso le ossessioni di un singolo individuo. E questo, a mio avviso, è uno dei più grandi mali che affligge la politica contemporanea.

Quando un partito diventa la proiezione dell'ego di una persona, si perde il senso della democrazia interna, della partecipazione collettiva, e si entra in una logica che potremmo definire "monarchica". Il leader diventa il centro di tutto: le idee, le decisioni, le strategie non sono più il frutto di un dibattito o di una riflessione comune, ma derivano dalla volontà del capo. Questo crea un clima di sudditanza, dove chi osa mettere in discussione la linea imposta rischia di essere marginalizzato o espulso.

In Italia, abbiamo avuto esempi lampanti di questo fenomeno. Silvio Berlusconi con Forza Italia e poi con il Popolo della Libertà, ha fondato partiti che riflettevano in modo quasi totale la sua visione e la sua figura pubblica. Successivamente, abbiamo visto emergere altre figure, come Matteo Renzi con Italia Viva, che ha portato avanti un progetto politico fortemente personalizzato, spesso a scapito della coesione all'interno del partito stesso. Questi leader sono riusciti a imporsi grazie al loro carisma, alla loro capacità di comunicare, ma anche a un certo grado di narcisismo politico che ha messo in secondo piano l'interesse collettivo.
Anche l'attuale partito di maggioranza di governo è improntato esclusivamente sul suo leader e creatore.

Il problema dei partiti personali è che, quando il leader cade o perde consenso, l'intero progetto politico rischia di scomparire o di implodere. Questo perché non esiste una struttura solida, basata su principi e valori condivisi, che possa sostenere il partito in assenza del suo fondatore. La politica, che dovrebbe essere l'arte della mediazione, del confronto e del compromesso, diventa invece il terreno di gioco di un solo individuo, che decide chi includere e chi escludere, chi premiare e chi punire.

L'ego smisurato di alcuni leader ha portato a una frammentazione del panorama politico, con la nascita di movimenti e partiti che, invece di unire, dividono ulteriormente la società. Ogni leader cerca di costruirsi il proprio feudo, dove il dissenso non è tollerato e la fedeltà al capo diventa la virtù principale. Questo crea un impoverimento del dibattito politico, dove le idee diverse non sono viste come una risorsa, ma come una minaccia.

La politica dovrebbe essere, invece, un progetto collettivo, un processo in cui le idee e le proposte emergono dal confronto e dal dialogo. I partiti dovrebbero essere strumenti al servizio dei cittadini, non delle ambizioni personali di pochi. È fondamentale tornare a una politica fatta di partecipazione, di ascolto e di condivisione, dove il leader è una guida, ma non un despota, dove l'ego lascia spazio al bene comune.

I partiti personali, fondati sull'ego smisurato di alcuni, rappresentano un rischio enorme per la democrazia e per la qualità della politica. Solo recuperando una dimensione collettiva e partecipativa, possiamo sperare di costruire un futuro politico più giusto, inclusivo e democratico.

giovedì 5 settembre 2024

Il tempo


 Il tempo è il dono più prezioso che possiamo ricevere, perché non ha prezzo, non si accumula e non si può restituire. A differenza di qualsiasi oggetto, il tempo è qualcosa che va oltre il tangibile, si inserisce nei nostri cuori, si intreccia ai nostri ricordi e definisce le relazioni che coltiviamo. Quando qualcuno ci dona il proprio tempo, ci sta regalando una parte della propria vita, qualcosa che non recupererà mai. Non c'è gesto più generoso.

Pensaci: nel caos della vita moderna, dove tutti corriamo dietro a obiettivi, successi e impegni, il tempo sembra essere l’unica cosa che scivola via senza che ce ne accorgiamo. Eppure, è proprio in quei momenti condivisi con chi amiamo, nelle chiacchierate senza fretta, nelle risate inaspettate o nei silenzi condivisi, che troviamo la vera essenza del tempo. Ogni minuto passato con chi amiamo è un seme piantato nel giardino della nostra memoria, che fiorisce ogni volta che ci soffermiamo a ricordare.
Quando qualcuno sceglie di passare del tempo con noi, ci sta dicendo che, in quel momento, non c'è nulla di più importante. È un atto di fiducia, di vicinanza, di amore. E noi, spesso, lo diamo per scontato. Viviamo come se il tempo fosse infinito, come se ogni giornata fosse solo una tappa intermedia verso un domani migliore. Ma il tempo migliore è ora, qui, in questo momento.
La vera grandezza del tempo è che, pur nella sua finitezza, ci regala l'immortalità: attraverso i momenti vissuti con gli altri, attraverso le tracce che lasciamo nei cuori delle persone, possiamo vivere per sempre. E allora, il dono più grande che possiamo fare a qualcuno non è un oggetto costoso o un gesto plateale, ma quel bene tanto raro quanto prezioso: il nostro tempo.

Ricordi di un’epoca senza smartphone: Il gioco della bottiglia

Prima che gli smartphone entrassero nelle nostre vite, c’era un modo molto più semplice e genuino per esprimere i nostri desideri e sentimenti: il gioco della bottiglia. Ricordate quelle serate in compagnia, con il cerchio di amici che si formava spontaneamente attorno a una semplice bottiglia di vetro? Quel gioco aveva una magia tutta sua, fatta di sguardi, sorrisi timidi e cuori che battevano forte.

Era un rito di passaggio, una sorta di campo minato emotivo in cui ogni giro di bottiglia poteva trasformarsi in una dichiarazione d’amore, o in un bacio tanto desiderato quanto temuto. E certo, a volte finiva con un litigio, ma anche quello faceva parte del gioco. Era un modo per prendere coraggio, per dire ciò che si aveva dentro senza il filtro di uno schermo. Non c'erano "like", nessuna notifica, solo il coraggio di guardare negli occhi la persona che ti piaceva e sperare che la bottiglia si fermasse proprio su di lei.

Quel gioco creava legami, metteva in moto emozioni vere, e ogni giro di bottiglia era un passo verso la scoperta di noi stessi e degli altri. Si rideva, ci si imbarazzava, ma alla fine, c’era sempre un senso di complicità che univa tutti i partecipanti. Oggi, in un mondo dominato dai social network, è facile dimenticare quanto fosse importante quel contatto umano diretto, quelle parole sussurrate e quegli sguardi rubati.

Forse, dovremmo prendere esempio dal passato e ritrovare un po’ di quella semplicità. Chissà, magari anche solo per una sera, mettere giù il telefono e ritrovare il coraggio di girare una vecchia bottiglia sul pavimento, senza preoccuparci di chi vedrà o commenterà, ma solo di vivere il momento. 

E voi avete mai giocato a questo gioco?
Avete qualche ricordo in merito?

L'auto esaltazione del proprio io

L'auto esaltazione del proprio io è una delle trappole più sottili e pericolose per l'essere umano, e paradossalmente è spesso considerata una forza. Ma sotto la superficie di questa ostentata sicurezza, c'è una fragilità che diventa evidente solo con il tempo. Perché l'autoesaltazione è una debolezza? Proviamo a ragionarci insieme.

Prima di tutto, chi ha bisogno di autoesaltarsi di solito cerca una compensazione. È come se gridare al mondo le proprie qualità fosse un modo per convincere se stessi della propria validità. Ma chi ha davvero fiducia in sé, non ha bisogno di continui applausi o conferme esterne: l'autentica sicurezza è silenziosa. La necessità di autocelebrarsi rivela quindi un vuoto, una fragilità interiore che non viene colmata da risultati reali, ma solo da una percezione superficiale di successo.

L'autoesaltazione isola. Quando metti continuamente te stesso al centro di ogni discorso, di ogni situazione, allontani gli altri. Le relazioni basate sull'autocompiacimento non sono genuine, ma solo apparenti. Chi ti circonda non è attratto dalla tua personalità, ma dal potere che ostenti. E, una volta che questo potere crolla – e prima o poi crolla – ti ritrovi solo.

C’è poi un altro aspetto: l'autoesaltazione blocca la crescita personale. Quando ti convinci di essere il migliore, il più brillante o il più capace, smetti di imparare. L'umiltà, quella qualità tanto bistrattata, è in realtà ciò che permette di crescere, di ascoltare gli altri, di riconoscere i propri limiti e superarli. Chi si autoesalta non fa altro che rinchiudersi in una gabbia dorata, un'immagine di sé che non è aperta al cambiamento e che, alla fine, diventa sterile.

Inoltre, l'autoesaltazione ti mette in una posizione di difesa perenne. Se vivi con l'immagine di essere perfetto, ogni critica diventa un attacco personale. Invece di usare le critiche come strumento di crescita, chi si autoesalta le respinge con veemenza, perdendo opportunità preziose di miglioramento. È un paradosso: nel tentativo di proteggere un’immagine idealizzata di sé, si finisce per diventare più vulnerabili e meno capaci di adattarsi alle sfide della vita.

Infine, c’è una questione sociale. In un mondo che già spinge verso la competizione e l’egoismo, l’autoesaltazione crea ulteriore divisione. Le società che prosperano sono quelle basate sulla cooperazione, sulla solidarietà e sul riconoscimento delle capacità altrui. Esaltarsi a discapito degli altri, invece, alimenta l’invidia, il risentimento e, a lungo andare, disgrega i legami sociali.

Se davvero vogliamo essere forti, dobbiamo imparare a guardare oltre il nostro ego, a riconoscere il valore degli altri e a coltivare quella sana umiltà che ci permette di evolvere.

🪶 Il Grido del Silenzio

Non sempre i silenzi sono solo vuoti da riempire. A volte, gridano più forte di qualsiasi parola. È nei momenti di silenzio che ...