sabato 10 maggio 2025

1979 – L’anno che cambiò il ritmo della storia.

C’è un anno che pulsa ancora nei ricordi di chi l’ha vissuto. Un anno che ha lasciato il segno tra rivoluzioni, speranze, paure e canzoni indimenticabili: il 1979.

È stato l’anno in cui il mondo sembrava sul crinale tra due epoche. In Italia, il sangue di Guido Rossa macchiava la coscienza del paese e diventava simbolo di coraggio e giustizia nel cuore buio degli anni di piombo. Il terrorismo mordeva ancora, ma si faceva strada anche una nuova consapevolezza collettiva. La gente scendeva in piazza, si organizzava, cercava risposte. La politica era discussione quotidiana, nei bar, nei circoli, nelle case. Era l’anno in cui la sinistra e il sindacato si interrogavano sul presente e sul futuro di un’Italia in transizione.

Nel mondo, Margaret Thatcher saliva al potere nel Regno Unito, segnando l’inizio di un’era politica che avrebbe cambiato l’Europa. In Iran esplodeva la rivoluzione islamica, e in Afghanistan cominciava l’invasione sovietica. L’equilibrio mondiale tremava.

Eppure, tra i notiziari e le lotte, a fare da colonna sonora c’era lei: la musica.

Il 1979 fu un’esplosione di note che ancora oggi fanno vibrare l’anima. Nelle radio si alternavano voci internazionali come Gloria Gaynor con “I Will Survive” – un inno alla resistenza personale e collettiva – e i Buggles con “Video Killed the Radio Star”, che anticipavano il futuro dell’immagine. I Queen incantavano con “Don’t Stop Me Now”, mentre Michael Jackson cominciava a diventare leggenda.

In Italia, la musica era poesia sociale. “Nuntereggae più” di Rino Gaetano sparava ironia come proiettili, “Anna e Marco” di Lucio Dalla raccontava la malinconia e i sogni di provincia, “Buona Domenica” di Venditti parlava di gioventù, libertà e amicizie senza tempo. Canzoni che non invecchiano mai.

Il 1979 era jeans a zampa, capelli lunghi, motorini rombanti, lotte studentesche, balli sfrenati sotto luci colorate, vinili graffiati dal tempo e dal cuore. Era un’Italia giovane, agitata, viva. Un’Italia che cercava se stessa.

Oggi, mentre la memoria si fa spesso veloce e superficiale, è importante rispolverare quell’anno. Perché il 1979 ci ha insegnato che anche nel buio si può ballare. Che anche nella confusione si può credere. E che ogni generazione ha bisogno delle sue canzoni per non dimenticare chi è.

“Gli anni ’60: la colonna sonora della nostra staffetta generazionale”.

C’è un momento in cui la musica smette di essere solo melodia… e diventa identità. Gli anni ’60 sono stati quel momento.

Erano gli anni del sogno, della ribellione, dei primi baci dietro l’edicola e delle radioline a transistor sotto il cuscino. Anni in cui i Baby Boomers cominciavano a prendere per mano la società, preparando inconsapevolmente il testimone da passare a quella che poi sarà chiamata Generazione X.
Una staffetta fatta di dischi, idee, rivoluzioni culturali, ma soprattutto di canzoni.

▫️“Stand by Me” – Ben E. King (1961)
Una preghiera laica di resistenza e amore. Ogni volta che la sentiamo, qualcosa dentro si raddrizza. “When the night has come…” e il mondo intorno svanisce. Restano solo i legami veri, quelli che resistono.

▫️“Be My Baby” – The Ronettes (1963)
Il battito del cuore in 4/4. Una richiesta d’amore eterna, una voce femminile potente e sognante. È l’America della spensieratezza ma anche delle prime consapevolezze. La dolcezza che ti prende per mano mentre scopri il mondo.

▫️“I Want to Hold Your Hand” – The Beatles (1963)
Un’esplosione di gioia adolescenziale. I Beatles erano un terremoto. I ragazzi con lo sguardo verso il futuro, si lasciavamo travolgere. Tenersi per mano, allora, era già una rivoluzione.

▫️“(I Can't Get No) Satisfaction” – The Rolling Stones (1965)
La voce del disagio, del “non ci sto”, dell’inquietudine di chi sente che la realtà non basta più. Quel riff di chitarra è diventato il loro grido. Per molti, è iniziata lì la lunga strada verso l’impegno.

▫️“Hey Jude” – The Beatles (1968)
Un abbraccio in musica, un invito a non lasciarsi andare. “Take a sad song and make it better”... la frase che ancora oggi dovremmo insegnare ai giovani. È qui che la staffetta generazionale diventa eredità morale.

Gli anni ’60 non sono stati solo un’epoca: sono un ponte.
Tra chi sognava un mondo nuovo e chi oggi ne cerca ancora il senso.
Una generazione non è mai davvero finita, se la sua musica continua a parlare.

Le generazioni e i loro tempi: un viaggio tra esperienze, sogni e realtà.

Ogni generazione ha il suo tempo, i suoi sogni, le sue lotte e i suoi strumenti. E comprenderle non è solo un esercizio culturale: è un atto di rispetto, una chiave per dialogare meglio e costruire insieme un futuro condiviso.

▪️I Baby Boomers (1946-1964) sono i figli della ricostruzione e della speranza. Hanno conosciuto l’Italia che usciva dalla guerra, le lotte sindacali, le conquiste dei diritti, il boom economico. Molti hanno lavorato duro, spesso mettendo al centro la famiglia e la sicurezza del posto fisso. Sono la generazione che ha "costruito" e a cui oggi spesso chiediamo di "lasciare spazio".

▪️La Generazione X (1965-1980) è cresciuta in un mondo che cambiava pelle: la fine delle ideologie forti, l’inizio del precariato, le prime crisi industriali. Sono i genitori dei Millennials, i pontefici tra analogico e digitale. A loro si deve spesso il passaggio dalla fabbrica al computer, dalla militanza al disincanto.

▪️I Millennials o Generazione Y (1981-1996) sono quelli che hanno visto nascere internet e poi i social. Molti hanno studiato, fatto esperienze all’estero, ma si sono scontrati con un mondo del lavoro sempre più instabile. Portano in sé una tensione continua tra aspettative e realtà. Cercano senso, più che status. Sono spesso vittime del “ritardo sociale” (casa, figli, stabilità), non per scelta, ma per necessità.

▪️La Generazione Z (1997-2012) è nata digitale, cresciuta con smartphone in mano e identità fluide. È la generazione delle cause globali: clima, diritti, identità. Ma anche quella più fragile sul piano emotivo. Comunica in modi nuovi, rapidi, visivi. A volte ci appaiono distanti, ma forse sono solo molto più veloci di noi.

▪️Gli Alpha (2013-2024), i cosiddetti screenagers, sono i bambini di oggi, immersi fin da piccoli in uno schermo. Chi li educa ha la responsabilità immensa di guidarli in un mondo iperconnesso, dove però il contatto umano rischia di perdersi. Toccherà a noi adulti seminare per loro esempi di empatia, di attenzione, di rispetto per il pianeta e per gli altri.

▪️E poi ci sarà la Generazione Beta (2025-2039). Non sappiamo ancora chi saranno, ma possiamo immaginare che saranno il frutto delle scelte che facciamo oggi. Se trasmettiamo loro il valore della comunità, del bene comune, della lentezza che serve per capire… forse costruiremo un mondo migliore.

Perché ogni generazione ha i suoi strumenti, ma i valori fondamentali – solidarietà, dignità, giustizia – vanno trasmessi.

E allora impariamo a parlarci, senza giudicarci. Baby Boomers e Zeta, X e Alpha: c'è bisogno di dialogo, di ascolto, di ponti.

Il futuro è una staffetta, non una gara.

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