C’è un anno che pulsa ancora nei ricordi di chi l’ha vissuto. Un anno che ha lasciato il segno tra rivoluzioni, speranze, paure e canzoni indimenticabili: il 1979.
È stato l’anno in cui il mondo sembrava sul crinale tra due epoche. In Italia, il sangue di Guido Rossa macchiava la coscienza del paese e diventava simbolo di coraggio e giustizia nel cuore buio degli anni di piombo. Il terrorismo mordeva ancora, ma si faceva strada anche una nuova consapevolezza collettiva. La gente scendeva in piazza, si organizzava, cercava risposte. La politica era discussione quotidiana, nei bar, nei circoli, nelle case. Era l’anno in cui la sinistra e il sindacato si interrogavano sul presente e sul futuro di un’Italia in transizione.
Nel mondo, Margaret Thatcher saliva al potere nel Regno Unito, segnando l’inizio di un’era politica che avrebbe cambiato l’Europa. In Iran esplodeva la rivoluzione islamica, e in Afghanistan cominciava l’invasione sovietica. L’equilibrio mondiale tremava.
Eppure, tra i notiziari e le lotte, a fare da colonna sonora c’era lei: la musica.
Il 1979 fu un’esplosione di note che ancora oggi fanno vibrare l’anima. Nelle radio si alternavano voci internazionali come Gloria Gaynor con “I Will Survive” – un inno alla resistenza personale e collettiva – e i Buggles con “Video Killed the Radio Star”, che anticipavano il futuro dell’immagine. I Queen incantavano con “Don’t Stop Me Now”, mentre Michael Jackson cominciava a diventare leggenda.
In Italia, la musica era poesia sociale. “Nuntereggae più” di Rino Gaetano sparava ironia come proiettili, “Anna e Marco” di Lucio Dalla raccontava la malinconia e i sogni di provincia, “Buona Domenica” di Venditti parlava di gioventù, libertà e amicizie senza tempo. Canzoni che non invecchiano mai.
Il 1979 era jeans a zampa, capelli lunghi, motorini rombanti, lotte studentesche, balli sfrenati sotto luci colorate, vinili graffiati dal tempo e dal cuore. Era un’Italia giovane, agitata, viva. Un’Italia che cercava se stessa.
Oggi, mentre la memoria si fa spesso veloce e superficiale, è importante rispolverare quell’anno. Perché il 1979 ci ha insegnato che anche nel buio si può ballare. Che anche nella confusione si può credere. E che ogni generazione ha bisogno delle sue canzoni per non dimenticare chi è.